RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Lettera a Il Fatto Quotidiano
La stampa nazionale ha celebrato la scomparsa della ricca comunista Inge Feltrinelli (1930-2018) come la regina dei libri, oltre che moglie di un terrorista, ma chi era poi nella realtà questa “nobildonna”? Anno 1977: Indro Montanelli (1909-2001), che in quanto a cultura non era certamente inferiore alla beatificata Inge, ecco cosa scrisse di lei: “Nel suo salotto hanno brindato all’attentato contro di me. Se non sempre scelgo bene i miei amici, invece scelgo benissimo i miei nemici”.
ENZO BERNASCONI
LA RISPOSTA DI MARCO TRAVAGLIO
Caro Bernasconi,
è tutta una questione di momenti. A me, come del resto a lei, piace molto polemizzare quando le circostanze lo richiedono e lo consentono. Ma con i vivi, non con i morti. L’esercizio di sputare sulle bare o sulle tombe mi ripugna, perché è il gesto più vile che si possa immaginare. E questo l’ho imparato proprio da Montanelli, che i suoi nemici (ne aveva tanti e – come scrisse nel suo diario – sapeva sceglierseli benissimo) li combatteva da vivi, concedendo poi l’onore delle armi quando diventavano dei vinti o delle salme.
Ricordo quando nel 1987 andò a visitare la mostra di quadri dipinti in carcere da Franco Bonisoli e Lauro Azzolini, i brigatisti che dieci anni prima gli avevano sparato alle gambe e strinse loro la mano. O quando, caduto il muro di Berlino nel 1989, smise di essere anticomunista, per dedicarsi a emergenze più attuali, mentre molti montanelliani della prima e anche dell’ultima ora continuarono a combattere un pericolo “rosso” che non esisteva più, ovviamente a rischio zero.
Credo che, se fosse sopravvissuto a Inge Feltrinelli, oggi Montanelli sarebbe con lei altrettanto magnanimo. Cioè riuscirebbe a vedere nella sua figura e nella sua biografia non soltanto quell’osceno brindisi alla gambizzazione del “fascista”. Ma anche tutto il resto: l’intelligenza, la brillantezza, talvolta il coraggio di una donna che lasciò l’ormai ex marito “Giangi” al suo destino di improbabile bombarolo e preferì coltivare le passioni per la fotografia e la letteratura, ampliando e impreziosendo con grandi autori il catalogo della casa editrice che aveva ereditato.
Ebbi modo di incrociarla nel 2002, quando il figlio Carlo chiese a me, a Gomez e a Barbacetto un libro sulla vera storia di Mani Pulite e poi non lo pubblicò perché rifiutammo di tagliare alcuni paragrafi sulle tangenti rosse. Allora polemizzai furiosamente. Ma ora che Inge Feltrinelli non c’è più, ricordarla soltanto come la (ex) moglie di un terrorista o come colei che brindò all’attentato a Montanelli (così han fatto i giornali di destra) o per quella censura mi pare ingiusto e vile. Nel bilancio di una vita, bisogna ricordare tutto. Gli errori, ma anche i meriti.
MANI PULITE BARBACETTO GOMEZ TRAVAGLIOINGE FELTRINELLI E BEPPE SALA
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