DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Mirella Serri per “la Stampa”
Lo storico Teopompo di Chio, vissuto nel IV secolo a. C., descrive divertito la mancanza d’inibizioni degli antichi etruschi. Se un visitatore bussava alla porta di un signore in quel momento in dolce compagnia, il servo avvertiva che il padrone stava facendo all’amore e che si sarebbe liberato al più presto. Per entrambi i sessi era poi normale girare senza veli e concedersi en plein air audaci giochi.
Oppure abbandonarsi a intrecci sadomaso come quello raffigurato sulla tomba della «flagellazione» della necropoli di Monterozzo, vicino Tarquinia, dove due uomini frustano una donna che li accarezza. Quella popolazione, insomma, non possedeva il nostro comune senso del pudore e in questa disinvolta gestione della privacy maschi e femmine si ponevano sullo stesso piano.
Lo scenario cambia radicalmente a Roma, in età repubblicana. La riservatezza era praticata, eccome. Le performances erotiche non venivano ostentate, però l’autorità di un pubblico personaggio dipendeva anche da queste. Il pater familias, ci spiega Seneca, a cui era concesso diritto di vita e di morte sui propri cari, nel sesso doveva essere attivo e mai passivo, per non smentire il proprio ruolo di dominatore.
scene del film \"La Dolce vita\"
Guai, dunque, se fosse stato reso noto che le fanciulle o gli schiavi con cui si trastullava (la bisessualità era largamente praticata) per caso avessero provato piacere. «Marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti»: Giulio Cesare diventò per questi suoi molteplici accoppiamenti l’emblema del vero romano, doppiamente vincitore sia in battaglia che tra le coltri.
scene del film \"La Dolce vita\"
Al condottiero va il merito di aver incarnato lo stereotipo, anche in senso letterale, del latin lover. Già, proprio così. Un’arte, questa della seduzione, in cui i maschi italiani, a partire dagli antichi romani, sembrano essere tra i maggiori esperti. Adesso, a spiegarci dove e come nasce il mito dell’amante latino alla maniera di Casanova o del bel tanguero Rodolfo Valentino, è Cinzia Giorgio in Storia erotica d’Italia. Gli amori, gli scandali, il sesso e la vita privata: la storia d’Italia che avreste sempre voluto leggere e nessuno ha mai osato raccontare (Newton Compton editore, pp. 330, € 9,9).
La figura del playboy made in Italy è universalmente conosciuta, afferma la studiosa di Women’s Studies, non solo perché ha origini lontane ma anche perché si è mantenuta in vita a lungo grazie alla persistente disparità tra uomo e donna, sostenuta per secoli dalla Chiesa cattolica e le cui basi furono gettate dai latini. Dopo il celebre ratto delle Sabine, racconta Tito Livio, le matrone rapite a cui fu proposto di tornare a casa si rifiutarono. Le aveva convinte Romolo dicendo che «avrebbero avuto mariti migliori di quelli che avevano lasciato i quali si sarebbero fatti perdonare del ratto con il trasporto della passione».
Livio alimenta così la leggenda che i connazionali fossero gli unici ad esser tanto appassionati e dotati. Quest’aura continua a illuminare il maschio latino (come narra Boccaccio) pure nei secoli bui, quando gli ostacoli alla conquista del gentil sesso diventano quasi insuperabili. Il «Canon Episcopi», vademecum per i vescovi per combattere la stregoneria, diffonde l’idea che nella donna sedotta e abbandonata alberghi il diavolo. Però il playboy medievale mantiene intatto il suo virile appeal. I muscoli amatori li esibisce con le cortigiane: già numerose presso i romani (divise in categorie, dalla «noctiluca», lucciola notturna, alla «bustuaria» che stazionava nei cimiteri) si dividono in «oneste» - mantenute da più benefattori - e in «prostitute di lume», che si concedono nel retrobottega dei maestri candelieri giusto il tempo di durata di una piccola candela (da cui «reggere il moccolo» ovvero il terzo incomodo in un incontro amoroso).
le scene del film "the eternal city" con mussolini
A queste si aggiungono le belles de jour della Serenissima, descritte dall’Aretino, capaci di intrattenere dotte conversazioni a busto scoperto. La notorietà di un personaggio è supportata dal metro delle sue conquiste: di Raffaello, notevole amatore scomparso a soli 37 anni, Vasari dirà che era stato portato alla tomba dal troppo «coito» e lo stesso eccesso viene evocato per Ludovico Sforza, «il Moro», che ha avuto tanti incontri ravvicinati con «una sua puta molto bella» (la sedicenne Cecilia Gallerani che Leonardo raffigurò ne La Dama con l’Ermellino).
Così, è ancora un altro esempio, la leggenda di Niccolò Paganini, gran seduttore, cresce anche per via delle dicerie sulla notevole estensione delle parti più intime. Mentre il ministro e presidente del Consiglio Francesco Crispi finisce sotto processo per le storie d’amore, Gabriele D’Annunzio, che le sue infinite liaisons non le teneva certo nascoste, scrive il Piacere (al maschile, s’intende).
mm13 gianna nannini CaladiVolpe22 07 06
Per non parlare di Benito Mussolini, gran tombeur e consumatore ogni giorno di rapporti con plurimi «orinatoi di carne» (durata massima 15 minuti). Connotato da un «pragma della banda e del capintesta bassamente erotico, un basso prurito ossia una libido di possesso, di comando, di esibizione, di cibo, di femmine, di vestiti, di denaro, di terre, di comodità e di ozi», come Carlo Emilio Gadda descrive l’abbuffata di sesso e di potere che le camicie nere ostentano come medaglie belliche.
costantino vitaliano linda santaguida lap
Vitaliano Brancati, poi, ne Il bell’Antonio smonta la fama di galletto dell’italiano meridionale e nella trasposizione cinematografica il personaggio è interpretato da Marcello Mastroianni. Il quale impersona sul grande schermo anche uno dei più celebri conquistatori, Marcello Rubini della Dolce vita. Nemmeno in tempi più recenti il latin lover ci abbandona: Gianna Nannini ne canta le brame degli occhi fissi sul «décolleté».
Attualmente il mito, complice i cambiamenti della mentalità femminile, ha perso smalto. Il falchetto rapace impersonato da Alberto Sordi ne Il seduttore è un po’ spiumato. Ma non demorde. Madonna scrive sulla sua t-shirt: «Italians do it better». E la leggenda che gli «italiani lo fanno meglio» continua.
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