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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Valerio Cappelli per www.corriere.it
Cosa resterà della Festa del cinema che si avvia alla chiusura? Il risultato è lusinghiero: il botteghino segna + 15 percento rispetto al 2015 (il dato probabilmente aumenterà); gli attori dopo il deserto delle ultime edizioni sono tornati (i Festival si fanno con le facce). Ci sono bei film e pochi soldi (3 milioni 400 mila euro). C’è un’identità raggiunta: è una Festa popolare per la città, che ha un’impronta sociale (film a Rebibbia) e festosa (Vacanze romane a Trinità dei monti). Tutto bene, dunque? No, vediamo perché.
Negli incontri col pubblico si contano undici uomini e una sola donna. Tom Hanks, Oliver Stone, Jovanotti, Renzo Arbore, Paolo Conte, Viggo Mortensen, David Mamet, David Libeskind, Don De Lillo, Gilbert & George (li conteggiamo come singola voce), e il gran finale di domenica con Roberto Benigni, reduce, assieme a Paolo Sorrentino, dalla visita col premier Renzi da Obama.
L’unica presenza femminile, nelle conversazioni che rappresentano la piacevole anomalia della rassegna romana, è quella della grande Meryl Streep, attesa oggi. E qui c’è il secondo errore: un accavallamento, un clamoroso harakiri. Non si può prevedere la giornata più importante della rassegna nello stesso luogo e nella stessa sera in cui l’Accademia di Santa Cecilia (il cui programma è noto da un anno) inaugura la stagione; ironia della sorte, la Streep parlerà di musica, ovvero del film sulla cantante stonata realmente esistita, Florence Jenkins.È la cantante di cui il cinema ha ricordato le stecche in ben due pellicole.
meryl streep con antonio monda
C’è poi quello che si può definire lo strabismo della Festa. Perché agli incontri trovi attori e registi che nella maggior parte dei casi non hanno il nuovo film di cui parlare, mentre nel calendario ufficiale troppo spesso trovi film senza nessuno che ne parli. Come è successo per due importanti film USA con protagonisti afro-americani: Moonlight (era il film d’apertura, che è la vetrina di un Festival) e The Birth of a Nation. Tornando agli incontri c’è un’altra cosa che non va:
se a Cannes, qualora si predisponesse analogo format, uno dei moderatori rivolgesse domande in inglese (è successo a Roma con Bertolucci che ha fatto anche da traduttore a Richard Pena), volerebbero le sedie. Infine il villaggio attorno alle sale: c’è un unico punto di ristoro.
Se qualcuno vuole dimagrire, la Festa è il posto giusto. Queste sono le criticità. A parte la rinuncia al concorso, che dà prestigio a un Festival, ma lì c’entra l’allontanamento indispensabile rispetto a Venezia. Sarebbe ingeneroso però non riconoscere i meriti di una rassegna che è cresciuta, la qualità dei film, la professionalità dello staff.
meryl streep sul red carpet della festa di roma
FESTA CINEMA DI ROMA 2016
FESTA CINEMA DI ROMA
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