DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - IL DIRETTORE DEL TEMPO INDAGATO PER AVERE CHIESTO UN' INTERVISTA
Vittorio Feltri per Libero Quotidiano
Gian Marco Chiocci, direttore del Tempo di Roma, è vittima di una proditoria richiesta di rinvio a giudizio perché - dicono i soliti magistrati - avrebbe fornito indiscrezioni a Carminati, il cecato di Mafia capitale, circa le indagini a suo carico.
Non conosco i dettagli della vicenda, ma è la prima volta che un giornalista viene perseguito per aver dato delle notizie anziché averle trovate o ricevute. Già questo mi sembra paradossale. Come si fa a processare un direttore per un reato che non c' è? Da quando in qua il capo di un quotidiano invece di pubblicare informazioni ne dà a qualche balordo? Siamo di fronte a un fatto eccezionale meritevole di approfondimento.
A me risulta che Chiocci, giustamente, volendo fare il proprio mestiere non facile, avesse chiesto una intervista a Carminati.
Cosa legittima.
Ma costui gliela avrebbe rifiutata. Altra cosa legittima. Niente di più. Il direttore di un quotidiano non è in grado di aiutare un delinquente, al massimo può cercare di strappargli qualche ammissione di colpevolezza. Quindi non capisco per che motivo debba essere messo alla sbarra con una accusa tanto improbabile.
Vabbè, sorvoliamo. Però non completamente. Coinvolgere un redattore di vaglia in una vicenda giudiziaria complicata come quella romana a nostro parere è un atto grave e probabilmente arbitrario. Protestiamo. E alziamo la voce per difenderlo pur sapendo che il nostro esercizio può solo danneggiarlo.
Conosco Chiocci da oltre venti anni. Fui io ad assumerlo al Giornale su segnalazione del padre, Francobaldo, inviato fuoriclasse dalla scrittura di alto livello. Era un ragazzo o poco più e si era distinto come cronista di razza al Tempo. Lo inserii nel mio organico romano con l' intento di sperimentarne le capacità. Nel giro di pochi mesi ebbi la conferma della sua abilità come cacciatore di scoop. Non sbagliò un colpo e mi convinsi che fosse degno di entrare definitivamente nella squadra magnifica del Giornale di quei tempi memorabili, quando il foglio fondato da Montanelli era in crescita irresistibile.
Da allora in poi Gian Marco crebbe velocemente e divenne un uomo di punta della redazione. Un autentico segugio dotato di fiuto raro che gli consentì di svettare nel grigio panorama dei reporter. Trascorsero anni e anni durante i quali Chiocci consolidò la sua professionalità, imponendosi quale miglior fico del bigoncio giornalistico nazionale. Al punto che alcuni anni orsono egli è stato scelto per dirigere il Tempo, testata storica fondata nella Capitale dal mitico Angiolillo.
Questo dovrebbe bastare a garanzia della onestà dell' uomo di cui parliamo. Invece i Pm di Roma lo hanno incastrato, considerandolo un complice di Carminati, e intendono sottoporlo a procedimento giudiziario. Il che non solo ci addolora ma ci indigna.
Chiocci è una persona perbene oltre che un ottimo scrivano. Lasciatelo stare per favore. Il suo lavoro è utile a tutti, specialmente ai lettori. Dargli addosso è un' operazione vergognosa, ovviamente ingiusta.
2 -IL DIRETTORE DEL TEMPO: VOGLIONO PROCESSARMI PER AVER FATTO IL CRONISTA
Massimo Malpica per il Giornale
Quest' intervista nasce con un po' di imbarazzo. Il direttore del Tempo, Gian Marco Chiocci, per tre lustri è stato mio compagno di banco al Giornale. Abbiamo firmato innumerevoli pezzi a quattro mani, tra i quali l' inchiesta sulla casa di Montecarlo. Oggi rischia il processo. Il reato (tutto da dimostrare) ipotizzato dalla procura uscita malconcia dalla sentenza non mafiosa di Mafia capitale?
Aver favorito Massimo Carminati attraverso Salvatore Buzzi, spifferandogli che stavano per arrestare il cecato. La procura ha chiuso le indagini di questo stralcio di Mafia Capitale, ora il gip stabilirà se rinviarlo a giudizio.
Gian Marco, anzi, direttore, dopo tutto il fango che ci è piovuto addosso per l' affaire monegasco di Fini, i tuoi detrattori brindano a questa disavventura. Che hai combinato?
«Nulla. Sono malato per le notizie, ho solo fatto il cronista dimenticandomi del mio nuovo ruolo di direttore. Ho cercato di intervistare colui che qualsiasi collega avrebbe voluto incontrare per un' intervista-scoop. Grazie ai buoni uffici dell' avvocato Ippolita Naso, vecchia amica, ho incontrato il cattivo per antonomasia. Fu un soliloquio di Carminati. Mi prese il telefono e lo posò lontano perché, esordì, sapeva di avere alle calcagna carabinieri, poliziotti, finanzieri, agenti segreti, Rambo e Robocop».
E come faceva a saperlo?
«Disse che non era un coglione, che leggeva i giornali e i libri che in quel periodo parlavano di lui con dettagli che nessun romanziere poteva immaginare. Come poi è emerso al processo, Carminati ha raccontato di essersi imbattuto spesso in carabinieri sotto casa sua e in giro in città».
Tu non gli hai detto nulla?
«E che dovevo dirgli? A differenza dei colleghi che avevano notizie di prima mano - a rileggerli dopo, certi articoli sono curiosamente profetici e precisi - non sapevo niente di questa indagine, se non ciò che leggevo su altre testate. Siccome a scrivere erano colleghi sempre ben informati, bisognava essere un coglione per non arrivare a capire che qualcosa bolliva in pentola su Carminati, ma io non ci avevo mai parlato prima. Ecco perché quando mi dicono che l' ho facilitato sorrido. Se qualcuno gli ha fatto capire che c' era un' indagine in corso, quello non sono io».
Ti accusano di favoreggiamento tramite Buzzi. Com' è andata?
«Incontrai Buzzi, per caso, sotto il giornale. Tempo prima me lo aveva portato in redazione Alemanno, raccomandandomelo come persona per bene, anche se di sinistra. Mi disse che aveva una storia da raccontare, affidai la pratica alla mia bravissima Valeria Di Corrado che, come emerge dalle intercettazioni, svolse impeccabilmente il suo lavoro trovando riscontri, come le avevo chiesto, alla soffiata di Buzzi su presunte malefatte di un centro Cara.
Quando lo incontrai di nuovo, era molto interessato a una serie di articoli dell' Espresso su Carminati. Mi chiese se ne sapevo qualcosa, se ero a conoscenza di indagini. Risposi che leggevo i giornali, come lui, e che qualche domanda me la facevo».
Quindi non hai detto niente nemmeno a lui. E perché ti accusano del contrario?
«Per un' intercettazione nella quale, su pressione di Carminati, Buzzi ribadisce di aver chiesto lui informazioni sulle indagini, e che non ero io ad avergliele dette. Siamo alla spacconeria, alla mafia parlata evocata dall' avvocato Naso al processo. Frasi in libertà dove ognuno fa il gradasso.
Da vent' anni navigo in questi mari, ho subito decine di perquisizioni. Mi hanno intercettato come il peggior criminale del pianeta per trovare le fonti dei miei scoop. Sarei stato un coglione - ora lo dico io - a divulgare un' informazione che nemmeno conoscevo a persone che avrei dovuto sapere (e non sapevo) essere sotto intercettazione. Non l' ho fatto».
Il processo è finito come sappiamo. Di questo stralcio sei preoccupato?
«Mi ha sorpreso, come ho già detto sono allibito. La procura ha fatto il suo, ne ho rispetto, ma ora dovrò perdere tempo a difendermi. Ho ricevuto più attestati di stima da parte di carabinieri, poliziotti e magistrati romani che da certi colleghi che sanno benissimo come lavoro e come, su certi argomenti, bisogna lavorare. Un tempo si diceva: Male non fare e paura non avere. Un tempo, appunto».
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