DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessia Marani e Camilla Mozzetti per ‘Il Messaggero’
«La mia casa è la strada, non sono una senzatetto, sono una cittadina del mondo». Anna (il nome è di fantasia), la donna tedesca di 57 anni aggredita e violentata nel parco di Villa Borghese la notte di domenica scorsa si è tranquillizzata. Non aggredisce più i sanitari e chi cerca di aiutarla. Guarda fuori dalla finestra, nella camera dov'è ricoverata all'ospedale Santo Spirito. Non riesce, però, a stare ferma: passeggia avanti e indietro, si trascina, mentre il mediatore culturale e gli assistenti sociali provano a capire qualcosa in più della sua vita e della sua triste storia, che possa essere anche utile alle indagini condotte dalla squadra Mobile della Questura di Roma.
L'aggressore, «un giovane ventenne», come ricorda Anna, è difatti ancora ricercato. E la donna, seppur in maniera sommaria e confusionaria, ripercorre con sporadici sprazzi di lucidità quegli attimi terribili ma soprattutto la sua vita. A Roma da sei mesi, a dormire tra i cespugli della storica Villa Borghese e a chiedere l'elemosina per le strade del Centro. Ma non si sente una «disgraziata». Questa vita di giacigli improvvisati, sotto al sole e sotto la pioggia, l'ha decisa lei. Anche prima, anche quando l'Italia era lontana e viveva ancora in Germania, in una piccola cittadina della Bassa Sassonia. «Homeless sì ripete con piglio senza alzare la voce ma per scelta».
Ma c'è stato anche un periodo di normalità nella sua vita, in cui aveva un tetto e un letto nel quale dormire. La donna, infatti, pare che negli anni Novanta avesse avviato in Germania una fattoria di cavalli per poi perderla. Da allora, è diventata una senzatetto, ha girato il Paese fermandosi a Berlino anche in una nota struttura che offre riparo e rifugio ai senzatetto, soprattutto durante i rigidi inverni. «Anche se a me dice piace dormire fuori con il freddo». Non urla più Anna. Ha deciso di farsi aiutare. Una smorfia di disgusto le attraversa però la faccia quando ripensa perché gli assistenti e il mediatore culturale glielo chiedono a quello che ha dovuto subire domenica notte.
Si passa una mano tra i capelli scoloriti mentre i graffi che ha sulle guance iniziano, poco a poco, a rimarginarsi. Il suo sguardo, tuttavia, tradisce il dolore e lo choc che ancora prova, quando si perde tra le pareti della stanza, incantandosi nel vuoto e le parole si fermano in gola. «In strada sto bene dice ancora quando riprende la lucidità ma adesso ho paura». Ed è anche per questo che la donna sta valutando di accettare l'offerta che proprio gli assistenti sociali le hanno avanzato: trascorrere un po' di tempo in una casa famiglia della Capitale. «Roma è bella aggiunge Anna stavo bene lì (il riferimento è a Villa Borghese ndr) poi è arrivato quell'uomo, mi ha picchiata, mi ha violentata».
Quando racconta di come quell'individuo l'ha legata, sporge in avanti le braccia: i segni dei lacci delle scarpe sui polsi sono ancora evidenti. Si stringe poi nella felpa che indossa e che le è stata donata e sussurra: «Ho paura». È stata una giornata comunque molto difficile da sopportare quella di ieri. Di mattina i medici del Santo Spirito hanno richiesto degli esami specifici, che solo l'istituto nazionale Malattie infettive Lazzaro Spallanzani poteva compiere. Così un'autoambulanza l'ha portata dall'altra parte della città. E quando la donna ha fatto ritorno al Santo Spirito, ha passato più di un'ora con gli agenti della squadra Mobile che hanno messo a verbale, con una registrazione video, il suo racconto nella deposizione richiesta dagli inquirenti. Poi la porta della stanza di Anna si è chiusa. Non vuole vedere nessuno. Oggi la donna potrebbe lasciare l'ospedale. Per tornare a vivere in strada, però, ha deciso di darsi del tempo.
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