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IL CINEMA DEI GIUSTI - ''AVE, CESARE!'' DEI FRATELLI COEN È IMPERDIBILE. FORSE DA LORO AVREMMO VOLUTO QUALCOSA DI PIÙ COMPLESSO, MA È UN FILM DI GRANDISSIMO DIVERTIMENTO CINEFILO SULLA HOLLYWOOD ANNI '50

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Marco Giusti per Dagospia

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Ave, Cesare! dei fratelli Coen

 

Rinfrescate i vostri studi sul cinema americano in Technicolor degli anni ’50 e su quel che fece e scrisse il professor Herbert Marcuse a Hollywood nello stesso periodo. Anche se questo delizioso Ave, Cesare! (Hail, Caesar!) scritto e diretto da Joel e Ethan Coen è soprattutto un gran divertimento cinefilo sulla Hollywood di allora, è bene non andarci impreparati. Ovvio che, poi, come spesso capita nel cinema dei Coen, quelli che vediamo non è che siano dei veri e propri personaggi reali, ma solo degli spunti che rimandano alla realtà.

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Così Channing Tatum che balla magistralmente quasi come Gene Kelly in un musical alla Gene Kelly è solo vagamente Gene Kelly e il raffinato regista Laurence Laurentz di Ralph Fiennes è un po’ George Cukor un po’ Vincente Minnelli, ma forse nessuno dei due. Detto questo i Coen si divertono a far prendere 6 veri schiaffi 6 a George Clooney (cazzo, ma è George Clooney!) che partono dalla manona del produttore Eddie Mannix, cioè Josh Brolin, della Capitol Pictures.

 

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Perché? Perché la star Baird Whitlock, il personaggio che interpreta Clooney, scopre, dopo un folle rapimento a opera di un gruppo di sceneggiatori molto ebrei e molto comunisti capitanati proprio da Herbert Marcuse (bomb!), che hanno ragione loro e che Hollywood è solo uno strumento del capitalismo americano.

 

Più o meno quello che dicevamo tutti noi giovani critici di ultra-sinistra quando eravamo piccoli. E non riuscivano però a spiegarci perché amavamo il cinema di Raoul Walsh, di John Ford e di Vincente Minnelli che erano proprio l’espressione più pura del capitalismo americano, e contemporaneamente leggevamo Adorno e Marcuse…

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In qualche modo i Coen ci riportano proprio a questo infernale groviglio della nostra vita, quando dovevamo far coincidere la passione ideologica del tempo con la passione per il cinema classico. Loro la risolvono facilmente con i sei schiaffoni del produttore a George Clooney (scena memorabile) e con Scarlett Johansson nei panni di Esther Williams che si sposa il grosso Jonah Hill, unico maschio affidabile di Hollywood, o con Channing Tatum che civetta coi Russi e con l’ombra di una capitano che è proprio Dolph Lundgren (si riconosce proprio a stento, il suo ruolo è stato quasi tutto tagliato).

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Noi ci stiamo ancora a pensare. La storia è piuttosto semplice. Introdotto dalla meravigliosa voce di Michael Gambon come narratore, seguiamo la faticosa giornata di un produttore, Eddie Mannix, appunto Josh Brolin, modellato sul vero E.J. Mannix, uomo di ferro della Capitol Pictures, la stessa casa di produzione “finta” di Barton Fink. Mannix è al lavoro 24 ore al giorno.

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Deve risolvere sia i problemi di lavorazione dei film sia i problemi personali delle star. Coprire gli scandali e risolvere i problemi. Se la vede con le gionaliste gemelle Thora e Thessaly Thacker, Tilda Swinton in doppio ruolo, specializzate nel gossip, deve risolvere una gravidanza di Dee Anna Moran, la ballerina acquatica interpretata da Scarlett Johansson, che ha avuto una storia con un regista svedese, interpretato da Christopher Lambert.

 

Se la vede con una piccola e rozza star dei suoi western, Hobie Doyle, interpretato da Alden Ehrenceich, una specie di Tim Holt (per Gore Vidal era la chiappa più bella di Hollywood), che cerca di inserire in una raffinata commedia di Laurence Laurentz, cioè Ralph Fiennes. In tutto questo viene rapito sul set di un peplum tipo La tunica proprio il protagonista, Baird Whitlock, cioè George Clooney.

 

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E ne viene chiesto un riscatto. I cattivi, o forse i buoni, sono un gruppo di sceneggiatori comunisti che non si sentono riconosciuti a Hollywood. Ci siamo. Eddie Mannix nel suo doppiopetto anni ’50, col baffetto alla Walt Disney, risolverà tutto, gravidanze, rapimenti, fuga di notizie, amori e problemi ideologici.

 

Forse dai Coen avremmo voluto qualcosa di più complesso, ma è un film di grandissimo divertimento. C’è pure Frances MacDormand nei panni della montatrice C.C.Calhoun, una specie di ciminiera di fumo che sembra che sia ripresa dalla celebre Margaret Booth. Riesce pure a dar fuoco alla pellicola! Aggiungo un geniale Clancy Brown come centurione romano a fianco di George Clooney in una scena che rimanda al cameo di John Wayne in La più grande storia mai raccontata di George Stevens.

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E John Bluthal come Marcuse, anche se i Coen avrebbero voluto in quel ruolo Norman Lloyd, 100 anni, il più vecchio attore di Hollywood. Per l’occasione è ritornato anche Roger Deakins, il loro storico direttore della fotografia, che filma tutto in 35 mm, come si faceva quando Hollywood era Hollywood. Certo che solo i Coen potevano immaginare George Clooney che chiama Herbie il vecchio Marcuse. Imperdibile, certo. In sala da giovedì 10 marzo.