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Marco Giusti per Dagospia
Morto un Papa se ne fa un altro. Alla fine, vedendo questo pur funzionante, un po’ acchiappone thriller politico sulla complessa elezione di un nuovo papa ai giorni d’oggi, “Conclave”, diretto con piglio ma senza grazia dal tedesco Edward Berger, il regista di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, tratto dal libro di Robert Harris (“Enigma”, “The Ghost Writer”), sceneggiato da Peter Straughan, sentiamo forte la mancanza delle commedie papaline alla Gigi Magni, ma anche, al momento del Conclave, con tutti i cardinali chiusi tra la Cappella Sistina e il cortile di qualche palazzo romano, del più divertente “Habemus Papam”. Per non parlare del grande esempio riuscito delle due serie “The Young Pope” e “The New Pope” di Paolo Sorrentino.
conclave - isabella rossellini
Capiamo che si voglia fare qui un film internazionale, che ha bisogno quindi di grandi attori come Ralph Fiennes nel ruolo di Thomas Lawrence, il cardinale decano, di Stanley Tucci come Aldo Bellini, il cardinale più liberale, o John Lithgow come il torvo cardinale Tremblay, accusato di simonia, un peccato che non sentiamo da un bel po’, e ha bisogno di attori e ruoli più multietnici, il sudamericano Benitez di Carlos Diehz, l’africano Adeyemi di Lucian Msamati, ma affidare al solo Sergio Castellitto, che fa l’ultrareazionario cardinal Tedesco, è un po’ poco in un film girato e ambientato interamente a Roma.
E qualche attore più da commedia all’italiana, penso al Silvio Orlando coprotagonista della saga di Sorrentino o a modelli favolosi come i defunti, ahimé, Renato Scarpa, Tommaso Bagno, Camillo Milli, avrebbe di certo alleggerito il polpettone drammatico politico che Berger spinge a toni ancora più cupi con musicona e effetti visivi.
Nulla da dire sul copione, perfetto, di Peter Straughan, già sceneggiatore di “La talpa” di Tomas Alfredson, qui produttore esecutivo e probabilmente primo regista chiamato a dirigere il film. E nulla da dire neppure su Ralph Fiennes, che punta con il suo personaggio di cardinale dolente alla nomination agli Oscar. Per non parlare di Isabella Rossellini come Suor Agnes, che illumina col suo volto ormai identico a quello del padre, la scena romana come la illuminano Villa Medici o la scalinata di Libera del Palazzo dei Congressi dell’Eur, che fanno da ambientazione pastiche del Conclave.
Ma se Berger fa funzionare da thriller il suo film fino all’imprevisto finale, forse un regista più aperto e più duttile avrebbe reso meno pesante il racconto. Che ha momenti pregevoli, ma che ci riporta, con le sue trovate, a un altro vecchio vatican-thriller degli anni ’60, decisamente meno riuscito, ma molto simile, il pamphlet anticomunista “L’uomo venuto dal Kremlino” diretto da Michael Anderson, tratto dal romanzo di Simon West, dove il Conclave elegge come nuovo papa il russo Kirill Lakota, interpretato da Anthony Quinn. Anche lì grande spreco di attori, Laurence Olivier, Oskar Werner, John Gielgud e il solo Vittorio De Sica a fare il cardinale italiano.
Forse ha ragione il personaggio di Castellitto a dirci che dopo quarant’anni di papi stranieri un papa italiano ci starebbe bene. In sala.
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