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Marco Giusti per Dagospia
Her di Spike Jonze
Possibile innamorarsi di una voce virtuale? Se fai una vita di merda, ti senti depresso, non riesci a stabilire un vero contatto col mondo femminile in carne e ossa, e se è la voce virtuale è quella di Scarlett Johansson perché no? Passiamo la vita al telefono o su Twitter con gente che neanche sappiamo quanto sia vera...
Fresco di Oscar come migliore sceneggiatura originale e (meno) fresco di premio al Festival di Roma per la migliore protagonista femminile, Scarlett Johansson appunto, con grande scandalo di tutti i Mereghetti presenti, arriva sui nostri schermi questo stravagante, intelligente e sorprendente "Her", scritto e diretto da Spike Jonze con Joaquin Phoenix, l'Amy Adams di "American Hustle", Rooney Mara, Olivia Wilde e la voce di Scarlett Johansson.
Che nell'edizione italiana diventa quella roca, molto sexy di Michela Ramazzotti. I puristi imprecheranno che era un film indoppiabile, e magari lo è, ma se si voleva raggiungere un numero civile di spettatori italiani, questo era l'unico modo di procedere. Del resto, ricordiamo che Scarlett Johansson non era neanche la prima scelta e che la voce virtuale si chiama "Samantha" perché per tutta la lavorazione a dare le battute a Joaquin Phoenix c'era Samantha Morton, che era appunto la Samantha originale.
Solo che, al montaggio, Spike Jonze ha pensato che non andava così bene la sua voce e ha fatto ridoppiare tutto da Scarlett Johansson. Detto questo, "Her" non è solo un originalissimo film di una fantascienza "possibile", come era ovvio aspettarsi dal regista di "Essere John Malkovich", è anche un bel saggio sulla nostra vita sociale e affettiva fra gli eccessi di app e social networks.
In una Los Angeles del futuro, che ha i grattacieli e lo skyline di Shanghai, Theodore Twonbly, un serissimo, sottotono e occhialuto Joaquim Phoenix, che di professione fa lo scrittore di lettere d'amore per altri, da poco mollato dalla moglie Catherine, Rooney Mara, non riesce a superare la fine del suo rapporto, e cerca di riempire il suo vuoto sentimentale prima con inutili chat poi con incontri al buio di scarsa efficacia. Ha un'amica, Amy, cioè Amy Adams, anche lei in crisi, con cui confidarsi.
Ma, dopo un incontro al buio finito male, finirà per legarsi in un assurdo rapporto sentimentale con la sua assistente virtuale di ultima generazione, Samantha, più che una voce un sistema operativo, che gli legge le mail, le cestina e entra ogni giorno di più dentro la sua vita. Al punto di diventare per lui indispensabile in tutti i sensi. Perché è lei a colmare ogni suo vuoto, è lei la donna con cui divide ogni pensiero, anche se è pura illusione del mondo virtuale, è un app che parla contemporaneamente con altri 8.316 esseri umani.
Ma cosa esiste davvero nella nostra vita? Non è facile mettere in scena una storia simile come non è facile parlare del rapporto che abbiamo coi tablet, i cellulari, i giochi virtuali. "Her" fortunatamente non sviluppa la storiella alla John Hughes della donna di cartone che prende vita, ma studia il nostro comportamento quotidiano col mezzo che frequentiamo e le nostre sempre più tortuose solitudini. E ne fa una vera storia d'amore, con panico e sofferenza, crisi e felicità , anche se è evidentemente una unione impossibile.
Spike Jonze è troppo colto e intelligente per farci la spieghetta sociologica da paginetta culturale dei quotidiani, punta sul quadro sentimentale e sull'idea da vecchia fantascienza. Ne viene fuori un racconto sofisticato e tristissimo della nostra vita e delle nostre piccole passioni. Con la musica degli Arcade Fire, di Owen Pallett e di Karen O. Con immagini, scenografie e interpreti di grande eleganza. Scarlett era grandiosa. Vediamo se Michela Ramazzotti lo sarà altrettanto. Ma siamo pazzi anche di Amy Adams e Rooney Mara. In sala dal 13 marzo.
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