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Marco Giusti per Dagospia
Whiplash di Damien Chazelle
Prendete una batteria e ripassate i classici di Buddy Rich e Gene Kupra. E cercate di capire perché Jo Jones tirò quel piatto a Charlie Parker e perché Charlie Parker diventò Bird, cioè un genio. Anche se il jazz è morto e lo troviamo solo nelle dozzinali compilation di Starbucks, diciamo che ha sempre il suo stile.
Il ferocissimo direttore d’orchestra Terence Fletcher interpretato da un magistrale J.K.Simmons, sprecato per anni in ruoli da caratterista, ad esempio, che massacra il giovane allievo Andrew Neimann di Miles Teller, bravissimo pure lui, in questo eccellente Whiplash scritto e diretto da Damien Chazelle, al suo attivo la sceneggiatura di un horror e di un paio di film legati alla musica, ha un suo stile che è impensabile fuori dal jazz.
Magro, nervoso, sempre vestito di nero, col cappello in testa che si toglie assieme alla giacchetta solo per dirigere, è un campione di stile. Magari è anche un sadico che spinge alla morte i suoi allievi se non ottiene tutto quello che vuole, ma lo fa con un’eleganza che ci rimane impressa e che solo costruendo un intero film sul jazz e su quei cinque-sei brani fondamentali dove la batteria spadroneggia acquista un senso.
La sola costruzione di Terence Fletcher, professore di jazz che non si arrende alla mediocrità dei tempi e dei suoi studenti e pretende che il sangue scivoli sui piatti fino a quando non verrà fuori qualcosa che vada oltre un “buon lavoro”, vale a J.K.Simmons, nel ruolo della sua vita, una candidatura all’Oscar come non protagonista, al regista, qui al suo secondo film dopo Guy and Madeline on a Park Beach, una candidatura per il miglior film e la miglior sceneggiatura.
Anche se, qualcuno ha obbiettato, non è che il genio musicale si formi da questi eccessi maniacali, e forse non è così vero che Jo Jones tirò il suo piatto così vicino alla testa di Charlie Parker. Comunque ben costruito e ben diretto da un regista che sa come muoversi sia nella musica che nelle situazioni horror, Whiplash deve molto ai grandi classici americani sul jazz e sui batteristi, da The Gene Kupra Story di Don Weis con Sal Mineo a certi toni newyorkesi di L’uomo col braccio d’oro di Otto Preminger con Frank Sinatra, ma anche ai tanti film sul rapporto sadomaso tra professore e allievo o sergente-soldatino da addestrare.
Ovvio che sia tutto concentrato sul direttore maniacale e sull’allievo che sacrificherebbe tutto, anche la propria vita, solo per un sorriso del maestro. Non vi dirò come va a finire, perché è un film basato proprio sulla tensione fra i due e sul fascino del jazz. “Whiplash” è un brano di Hank Levy, ma sentiamo anche “Caravan” di Duke Ellington e brani di Buddy Rich. Tutti gli altri personaggi, come la ragazzetta del protagonista, Melissa Benoist, il padre Paul Reiser, sono del tutto marginali. In sala dal 12 febbraio.
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