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Marco Giusti per Dagospia
Tempo di crisi. Meglio farla finita per sempre. Con un buon veleno, un volo dal ponte più alto, una bella corda solida, un harakiri spettacolare. Monti o Hollande poco importa. Durante le feste, poi, con tutti quei bambini chiassosi... "Se la tua vita è un fallimento, fai della tua morte un successo". Bel motto. E allora cantiamo tutti in coro: "Contro la crisi e il carovita / Scegli una dolce dipartita / Prendi il coraggio fra le dita / canta con noi: Viva il suicidio!".
Lo scandalo di Natale stavolta arriva da un delizioso cartone animato francese ricoperto di humour noir come una glassa (no, Tim Burton alla fine c'entra poco, è proprio tradizione francese), "La bottega dei suicidi", scritto e diretto dall'originale Patrice Leconte, il regista di "Il marito della parrucchiera", "Ridicule", "L'uomo del treno", tratto dal romanzo di Jean Teulé, che lo stesso scrittore ha deciso di modificare con un finale positivo, disegnato e animato da Régis Vidal, musicato da Etienne Perruchon come un vero e proprio horror cantato.
Atteso in uscita per Natale, ha ricevuto in Italia un bel divieto ai 18 anni, inspiegabile, che ha convinto il distributore, Sandro Parenzo, a farlo uscire in qualche sala selezionata adesso, dal 20 dicembre, per poi farne un'uscita migliore, il 28 dicembre, se arriverà la derubricazione ai 14 anni. Altrimenti per il film, ovvia e banale conclusione visto il suo soggetto e titolo, sarà un suicidio forzato, visto che un cartone animato vietato ai 18 anni non ha oggi nessuna possibilità commerciale e nessuna possibilità di passaggio televisivo. Sono finiti i bei tempi trasgressivi di "Fritz il gatto"!
Ora. Il cuore del divieto, che tocca comunque il punto centrale del film, la voglia di suicidarsi in un paese in crisi e senza speranza, è che i ragazzini vedendolo potrebbero intristirsi e provarci loro stessi. Mah... Mi sembra più invitante questo Natale tristissimo fra profezia Maya, massacro del Connecticut, Imu, Monti, ritorno di Berlusconi truccato da Joker e soprattutto negozi completamente vuoti perché non c'è più una lira. E' vero che il film non solo è molto gotico, lugubre, ma anche molto realistico circa la crisi globale europea, ma è solo un film, anzi un cartone animato, una favola con morale.
Magari è più depressivo per gli adulti che per i ragazzini, che adorano l'horror e il sangue finto. I film di Takashi Miike, allora, non presentiamoli nemmeno in censura. Nell'ultimo un professore elimina tutta la sua classe a fucilate... In qualche modo la rappresentazione favolistica dell'orrore e della depressione del quotidiano aiuta a farne un qualcosa di altro da sé. A spostare l'orrore rendendolo ridicolo. Come l'eccesso di dai cazzo, figa, minkia dei Soliti Idioti. Uno sfogo collettivo.
E' una vecchia discussione, ma qualche bacchettone si trova sempre pronto a mettere un divieto o scrivere "dai c..." sui giornali. La famiglia Tuvache, proprietaria della Maison Tuvache, il negozio parigino dove l'aspirante suicida può trovare tutto l'occorrente e l'aiuto per liberarsi del peso della propria esistenza, è un'invenzione fumettistica di una ben antica tradizione letteraria.
Il padrone si chiama Mishima, appunto, come Yukio Mishima, la madre Lucrece come Lucrezia Borgia, i due figli depressi Marilyn come Marilyn Monroe e Vincent come Vincent Van Gogh e il terzo figlio, che con la sua allegria e gioia di vivere cambierà tutto il piccolo mondo nero dei suicidi, Alan come Alan Turing, l'inventore del computer che si è suicidato con una mela al cianuro. Sono tutti nomi di grandi star che si sono tolte la vita in maniera spettacolare e per motivi diversi. Il film è un gioco, divertente e di gran classe, anche se si tratta sempre di humour noir. Perché quello è il genere. Il problema non è il film, ma il contesto. I negozi vuoti, i telegiornali tristissimi, le famiglie a pezzi. Ma questo non è certo colpa del film.
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