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Marco Giusti per Dagospia
Oh boy! - Un caffè a Berlino di Jan Ole Gerster
Se lo avessimo fatto in Italia avremmo urlato al capolavoro. Non lo diciamo spesso, ma di fronte a un'opera prima così ben scritta, girata e interpretata, soprattutto così ben costruita come racconto generazionale che descrive, ma con molta ironia, l'indifferenza, l'indolenza, la scarsa speranza nel futuro di chi è nato dopo il 1980, c'è poco da far gli spiritosi.
Perché questo Oh boy! - Un caffè a Berlino diretto da Jan Ole Gerster al suo primo film e interpretato dall'emergente Tom Schilling, che arriva in Italia dopo aver vinto il massimo premio tedesco in patria per regia, sceneggiatura e interpretazione, è un piccolo miracolo di scrittura, di eleganza, di stile che tutti i nostri ragazzi che vogliono fare cinema dovrebbero vedere. Girato in un bianco e nero molto moderno che rende benissimo il cielo plumbeo di Berlino, non è altro che il racconto delle ventiquattro ore nella vita di un ventenne, Niko, interpretato da Tom Schilling, da quando si sveglia e rifiuta il caffè offerto dalla fidanzata, a quando finalmente riuscirà a berlo dopo aver attraversato una serie di avventure e di incontri disastrosi.
Il padre che scopre che il figlio si faceva dare i soldi per l'università senza frequentarla più. Uno psicologo che darà parere negativo a restituirgli la patente che gli era stata tolta da quando aveva guidato in stato di ebbrezza. I poliziotti che lo fermano perché non ha il biglietto per la metro e lo rincorrono. Per quello non ha neppure i soldi per un caffè né per il biglietto della metro. Un vicino impiccione che si mette a piangere quando gli spiega che non fa più sesso con la moglie da quando lei si è fatta amputare un seno per un tumore. Un amico che lo porta sul set di un film che sta girando.
Una vecchia compagnia di classe, Julika, che è diventata attrice e per difenderla da un gruppo di teppisti Niko verrà pure menato. Poi lei se lo porta a letto, ma lui rifiuta di fare sesso così. Non perché non le piaccia. Ma è così. Infine un vecchio troppo ciarliero, che incontra in un bar, che non veniva a Berlino da sessant'anni e che gli farà aprire gli occhi sulla vita, sulla Germania, su Berlino.
Jan Ole Gerster, il cui curriculum vanta una sceneggiatura per un corto di Wolfgang Becker, il regista di Goodye, Lenin, un documentario sul mondo del cinema tedesco, ci porta in giro per un mondo, quello dei nostri ragazzi cresciuti nelle grandi città , che ci pare di conoscere ma che non sappiamo neppure come sia fatto, sul loro rifiuto di confrontarsi con al realtà e col mondo corrotto dei padri. Tom Schilling, che presto vedremo in una ricca versione cinematografica di Suite francese, ha la faccia giusta per rappresentare il vuoto dei nostri ragazzi, il loro desiderio di non prendere decisioni, di lasciarsi scorrere addosso la realtà . In sala dal 24 ottobre.
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