DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Marco Giusti per Dagospia
Siete pronti per “Avatar: La via dell’acqua”, incredibile sequel da 350 milioni di dollari (ne sono previsti 525 di incassi solo la prima settimana, Cina compresa) che James Cameron ha finalmente concluso e portato in sala, solo in Italia oggi sono 1200 e si dovrà scegliere stasera tra 3 ore 12 minuti di film o Marocco-Francia, con una ricchezza di effetti e uno schermo in 3D da urlo?
Sì, lo ammetto, si rimane a bocca aperta e occhi spalancati, ma io lo ero anche a 7 anni nel 1960 di fronte a “Swiss Family Robinson” di Ken Annakin, che ha più o meno la stessa storia, per non parlare di certi western come “Gli inesorabili” di John Huston con Burt Lancaster che protegge la sorellina sanguemisto Audrey Hepburn dall'attacco indiano. Lo sanno bene quei furbacchioni degli sceneggiatori del nuovo Avatar, soprattutto Rick Jaffa e Amanda Silver, responsabili anche della nuova saga del “Pianeta delle scimmie”, che fanno il gioco delle tre carte coi copioni dei grandi classici di Hollywood.
Magari, però, leggetevi la trama del vecchio Avatar prima di entrare perché rischiate di non capire niente per una buona mezz'ora né di Pandora, il pianeta che i terrestri vogliono occupare militarmente, né dei na’vi, gli uomini blu alti quattro metri con la coda che si oppongono all’occupazione, né di Jake Sully e di Neytiri, cioè Sam Worthington e Zoe Saldana, i genitori della famigliola arcobaleno na-vy, ormai vera protagonista della saga e che lo sarà, se si faranno, anche dei ben tre futuri sequel che Cameron sta scrivendo col suo team.
Perché, anche se trattano tutti i ragazzi come figli, inoltre figli mezzo-sangue diciamo, cioè blu ma con quattro dita, solo i due fratelli Neteye e Loak, Jamie Flatters e Britain Dalton, e la sorellina Tuk, Trinity Jo-Bliss, sono proprio figli loro, mentre Kiri, è figlia della dottoressa Sigourney Weaver, e ancora interpreta da lei in versione avatar (incredibile), mentre Spider, unico completamente umano, interpretato da Jack Champion, è il figlio orfano (non è uno spoiler, è dichiarato subito) del cattivissimo e defunto Colonnello Miles Quaritch, cioè Stephen Lang.
Così, quando, dopo tredici anni di tranquillità, gli umani tornano a invadere il paradiso dove vivono i na-vy, obbligando alla fuga la famiglia Sully, e capo della missione troviamo una sorta di avatar militare di Quaritch, in qualche modo padre di Spider, la situazione è complessa. Sully, Neytiri e i ragazzi, inuendo che sono loro le prese, per non mettere a rischio i na-vy, si rifugiano tra la pacifica popolazione mezzo acquatica dei Metkaina, dove regna Tonowari, cioè Cliff Curtis, e sua moglie Ronal, una strepitosa Kate Winslet (è rimasta sotto acqua respirando per 7’ e 14”), e dove si vive quasi in simbiosi con i giganteschi balenotteri tulkun.
Ovviamente il cattivo Quaritch blu prima o poi piomberà su di loro perché vuole catturare Jake Sully e vendicarsi e con lui arriveranno i balenieri umani, cacciatori di tulkun, perché vogliono il prezioso liquido giallo della loro testa in grado di fermare l’invecchiamento umano. Insomma, è in pieno una favola ecologista, anche piuttosto semplice, dove l’acqua, bene primario, è ovviamente l’elemento chiave. Questo lo abbiamo capito anche noi.
Tutta la narrativa, però, non è altro che un recupero di grandi western del passato mischiati con temi-omaggi-ossessioni di Cameron, che prende a piene mani da “Titanic”, “The Abyss”, “Aliens”. Come spiega benissimo David Ehrlich su “Indiewire”, il film “funziona bene perché usa nuovi strumenti fantastici per soddisfare la nostra nostalgia per l’entertainment classico”.
una ripresa di avatar the way of water effettuata sotto l acqua
In pratica, ma questo era chiaro da subito, per arrivare al nostro cuore di vecchi cinefili che sognano di rivivere ancora una volta le emozioni passate andando al cinema a vedere i grandi western e i grandi avventurosi, si deve passare attraverso questa follia di effetti miliardari e la costruzione di tutto un pianeta con gli uomini blu con la coda che tirano le frecce come gli indiani, ma sono rigorosamente i buoni della storia. Perché difendono gli animali in pericolo, difendono l’ambiente, difendono la famiglia multirazziale.
james cameron e sam worthington
Per David Ehrlich, e anche per molti altri critici, il film è un capolavoro. Per Owen Gleiberman di “Variety” è una festa solo per gli occhi spalancati. Io, confesso, sono pazzo delle scene di guerra, tutta la parte iniziale, e la lunghissima battaglia finale, di oltre un’ora, che dimostrano che James Cameron pensa e costruisce il cinema di azione come nessun altro al mondo. E’ cinema puro. E non ci importa se siano blu o veri o rossi. Nessuno gira e monta così. Ci incolla allo schermo perché è grande spettacolo. Lo è anche nelle scene marine.
E trovo i sederi dei na-vy con le code in movimento tutti molto sexy, anche se non sempre distinguo i maschi dalle femmine (ahi!). Mi piace anche che sia un grande film ambientalista e anticapitalista. Anche se non esiste senza i soldi di Hollywood, e senza i 2 miliardi di incasso che deve fare per andare a pari. Detto questo, mi annoia un po’ nelle parti più tranquille, dove non c’è azione. Provavo la stessa cosa anche di fronte a “The Abyss”, che pure adoro.
E che è più teorico. Detto questo è un grande spettacolo, una scommessa vinta di un regista che non ci ha mai deluso, che non solo va visto, ma va visto bene, su uno schermo adeguato, con un 3D adeguato. Non c’è niente di paragonabile oggi al cinema, anche se adoro i cieli di "Nope" di Jordan Peele e la macchina da cinema puro di Ti West in "X". E è assolutamente vero che i pochi attori umani che vediamo assieme agli uomini blu e ai mezzi avatar fanno un effetto quasi da freaks, da non-normali rispetto ai protagonisti. In sala, oggi, con 1200 schermi.
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