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IL CINEMA DEI GIUSTI - “QUE PASA?”, “PASA I CAZZI SUOI…” SAREBBE MEGLIO NON ESSERE TROPPO CRITICONI CON L’ULTIMO FILM DI CHECCO ZALONE, “BUEN CAMINO”, CHE VEDE IL RITORNO ALLA REGIA DI GENNARO NUNZIANTE, ANCHE PERCHÉ A QUESTA BUFFA COMMEDIA SONO AFFIDATE LE SORTI DELLA NOSTRA INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA (SEMBRA ASSURDO MA È COSÌ) - IL FILM PARTE BENE, SI FERMA UN PO’ NELLA PARTE CENTRALE, E POI SI RIPRENDE NELLA SECONDA PARTE. NON È ALL’ALTEZZA DEI PRIMI FILM ZALONE-NUNZIANTE, MA SONO PASSATI VENT’ANNI E SIAMO DAVANTI A UNA COPPIA ARTISTICA CHE SI RITROVA DOPO UN PERIODO LUNGO DI ATTESA. CHECCO NON È PIÙ IL RAGAZZINO CHE CONOSCEVAMO… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
“Que pasa?” - “Pasa i cazzi suoi…”. Alla fine le cose che ci fanno ridere sono le più semplici. Come il concerto notturno tra chi russa, chi ha le apnee e chi scoreggia. Mi commuovo. Fanno Natale. Magari le battute su Gaza meno. Come quella riferita al marito dell’ex-moglie da Zalone, “l’unico palestinese che occupa un territorio a… Gaza mia”. O quelle sull’allegria degli ostelli “Bello, sembra un film… Schindler's List”.
Ma sarebbe meglio non essere troppo criticoni con l’ultimo film di Checco Zalone, “Buen camino”, che vede il ritorno alla regia di Gennaro Nunziante dopo la parentesi di “Tolo Tolo”, firmato dal solo Zalone, e un cambio di produzione, i quattro soci di Indiana, al posto di Pietro Valsecchi, anche se alla fine la sigla di Medusa trionfa anche su questo film a stabilire chi paga e chi guadagna di più.
Non solo perché a questa buffa commedia da 90 minuti precisi profondamente cattolica sul diventare adulti e responsabili sono affidate le sorti della nostra industria cinematografica (sembra assurdo ma è così), con 1200 sale che lo daranno contemporaneamente dalla sera di Natale a mezzanotte, con l’idea di superare i 49 milioni di euro di “Tolo Tolo” e di smontare il dominio natalizio di “Avatar: fuoco e cenere”, e del resto non trovate più un biglietto a Bari fino al 28 dicembre…
Ma soprattutto perché il vero buen camino che è sotto i nostri occhi è quello di Zalone e Nunziante, che lo riprendono da bravi compagni di viaggio da quando, dieci anni fa, fu interrotto dai contrasti col produttore Valsecchi dopo “Quo vado?”. Un buen camino iniziato con “Cado dalle nubi” nel 2009 e che ha segnato profondamente il cinema italiano. E non solo per gli incassi.
Allora, qualche malfunzionamento, qualche battuta non sempre felice, un po’ di logoramento, qualche banalità gliela posso concedere a due signori che si ritrovano, alla soglia dei cinquant’anni, a doverci fare ridere in un’Italia del tutto diversa, ma non meno cialtrona, dai tempi dei loro inizi clamorosi.
“Non hai fatto un cazzo” – “sì però l’ho fatto fino in fondo”, sostiene il miliardario pugliese con parrucchino biondo trasferito in Brianza dove il padre, Alfonso Santagata, ha veramente lavorato per tutti con un’impresa di divani (divani&Zalone). Anche se il film poi scivolerà nella trama di un padre alla ricerca di un rapporto mai sviluppato con la figlia, Letizia Arnò, pronto a ritrovare se stesso lungo il cammino per Santiago de Compostela con l’aiuto di una ragazza spagnola quarantenne, Beatriz Arjona, in un percorso mistico alle soglie dei cinquant’anni segnati dai primi dolori fisici, leggi la prostata infiammata da operare d’urgenza, che valgono più di un dito (o due) nel culo, tutta la prima parte sembra ossessionata dal confronto con la ricchezza.
“E’ sempre bello mostrare ricchezza a chi non può permettersela”, dice Checco alla giornalista americana che lo intervista per il suo essere famoso solo perché ricco. E ricco senza far nulla, visto che è solo il figlio di quello che ha sempre lavorato. Ha pure una fidanzata venticinquenne che presenta con grande eleganza “Lei ha il permesso di soggiorno anche se preferiamo la camera da letto”.
E, come per i film precedenti, pur senza le spacconate di Valsecchi quando presentava i film leggendo gli incassi di quelli precedenti, come se lo spettacolo fosse l’esibizione dei milioni, qualcosa di quella frenesia degli incassi, dei milioni da fare in fretta, sembra inesorabilmente far parte del gioco pure qui. Anche se Gennaro Nunziante, presentando stamane il film al Barberini assieme a Zalone, metteva intelligentemente le mani avanti su tutto.
Sul misticismo del film, sentito va detto, che rimanda però al momento Padre Pio del recente film di Pio e Amedeo, “Oi vita mia”, non a caso finora il campione d’incasso della stagione, come se, senza una vera opposizione politica, senza un’idea di morale laica, il ritorno alla fede secondo un modello meridionale d’altri tempi, stia diventando l’unica scelta possibile contro il dilagare della violenza delle guerre e dell’ignoranza meloniana del paese.
checco zalone all'anteprima di buen camino 1
Ma Nunziante e Zalone mettono le mani avanti anche sulle possibili critiche alle battute politicamente scorrette su “Schlinder’s List”, indicando i loro produttori ebrei di Indiana e spiegando, Nunziante, che i film vanno visti fino alla fine e che nel ritrovare se stesso Zalone capirà anche la stupidità delle sue battute. Speriamo. Battute che, nella visione dei critici stamane, ammetto, hanno fatto ridere, anche se quella su “gaza mia” magari la avrei tolta.
E non c’erano produttori palestinesi da esibire. Nunziante spiegava anche la brutalità del film che mediava la brutalità della vita, il risveglio della prostata è metafora della fine dei giochi, della dimensione adulta senza sconti. Tutto questo magari non trova sempre nel film, che è di fatto un grande giocattolo per il pubblico natalizio, è “familiare” diceva Checco coinvolgendo i produttori, una sostanza comica adeguata.
L’inizio è buono, il film parte bene con Checco biondo e cafone che parla per la prima volta italiano e non pugliese e prepara la festa faraonica per 800 invitati, si ferma un po’ nella parte centrale, e poi si riprende nella seconda parte. Non è all’altezza dei primi film Zalone-Nunziante, ma sono passati vent’anni e siamo davanti a una coppia artistica che si ritrova dopo un periodo lungo di attesa. Non è più il ragazzino che conoscevamo.
E, almeno stamane, abbiamo visto un Checco Zalone quasi impaurito, intimidito, obbligato forse a una presentazione e a una celebrazione che avrebbe volentieri saltato. Con tutti sti vecchi critici addosso… «Questa cosa roba qui – ha detto - la vivo malissimo. Intendo ritrovarmi di fronte a tutti voi. Spero che moriate…». Minchia! Troppa pressione. Ma, va detto, a me, per perdonarlo, bastava il finale del film con il video sulla prostata infiammata cantata da Checco con la parrucca da Joaquin Cortison, e il balletto della scatenata Martina Milledi che ricordavo nelle dirette di Fiorello e Biggio.
Un balletto che ha accompagnato i vecchi critici dalla prostata infiammati dritti in bagno già sui titoli di coda. O il Patek Philippe da ricco lasciato come obolo durante il viaggio che mi ha ricordato del Patek Philippe che hanno recentemente rubato a Valsecchi. Ma quando la figlia gli toglie il parrucchino fa parecchio ridere. Fidatevi.
checco zalone buen camino 2
buen camino
checco zalone all'anteprima di buen camino 3
checco zalone buen camino
checco zalone all'anteprima di buen camino 2
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