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IL CINEMA DEI GIUSTI - TOH! FINALMENTE UN BUON FILM ITALIANO. SERIO, BEN SCRITTO, BENISSIMO INTERPRETATO E DIRETTO, CON UN CASTING RIUSCITO E, SOPRATTUTTO, COMMOVENTE. DA OGGI IN SALA. PARLO DI “GIOIA MIA”, OPERA PRIMA DI MARGHERISTA SPAMPINATO - IL FILM SEGUE IL RAPPORTO TRA UN BAMBINO DI OGGI, CON UN TELEFONINO CHE GLI VIENE PRESTO SEQUESTRATO, E UNA NONNA DAVVERO DI ALTRI TEMPI - UN PICCOLO FILM, MA MOLTO SENTITO… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Toh! Finalmente un buon film italiano. Serio, ben scritto, benissimo interpretato e diretto, con un casting riuscito e, soprattutto, commovente. Da oggi in sala. Parlo di “Gioia mia”, opera prima, dopo un lunghissimo lavoro di assistentato come casting e segretaria di edizione per una marea di altri film, tutti o quasi diretti da registi maschi, di Margherita Spampinato, 46 anni, palermitana.
Forte di ben due premi al Festival di Locarno, Pardo d’Oro per la sezione Cineasti del Presente e Pardo d’Oro per la migliore interpretazione femminile, quella di Aurora Quattrocchi, detta “Rory”, un’attrice che ho nel cuore da quando l’ho incontrata, 83 anni, palermitanissima, attiva a teatro col suo compagno storico, Gigi Burruano, e al cinema da “Mery per sempre” a “La stranezza”, da “Nuovomondo” a “Nostalgia”.
Un genio comico e drammatico, in grado di passare da ruoli di vecchia cattiva a defunta, ma sempre ironica, simpatica, Rory ha il volto e il fisico delle nonne degli anni ’50, di un’altra epoca, ma parla un palermitano sublime. Non a caso, come Gigi Burruano, anche attrice del teatro di Franco Scaldati. Propongo il David immediato.
In “Gioia mia”, la Spampinato unisce un po’ i due corti che aveva diretto precedentemente, “Segreti”, dedicato ai bambini, e “Tommasina”, dedicata a sua nonna palermitana. Il piccolo Nico, interpretato da un bambino bellissimo e molto bravo, Marco Fiore, che è già stato Rocco Siffredi a 9 anni in “Supersex”, viene mandato in vacanza in Sicilia dalla vecchia zia del padre, Gela, Aurora Quattrocchi, che l’ha cresciuto quando sua nonna è morta giovanissima.
Il film segue il rapporto tra un bambino di oggi, con un telefonino che gli viene presto sequestrato, e una nonna davvero di altri tempi (“Dove mi hai mandato”, chiederà Nico alla mamma al telefono, “nel Medioevo?”), ma anche con un mondo, quello di una Palermo ancora piena di bambini che giocano in cortile e di vecchie nonne che fanno le sarde al beccafico e le caponatine.
Ovvio che si tratta di una sorta di lettura di una infanzia ormai lontana, forse anche per Palermo, e di personaggi che hanno lontani segreti che fanno parte di un ancor più lontano Novecento. Ma il gioco tra Nico e Gela funziona benissimo, come funziona il rapporto tra Nico e la bella bambina del palazzo, Martina Ziani, che abbiamo visto come Rosa Balistreri bambina in “L’amore che ho vissuto”.
Non c’è nessun tipo di nostalgia, in realtà, ma lo scontro fra due personalità, una vecchia signora così dura, cattolica, antica, piena di misteri, un bambino di città un po’ perduto lontano dalla famiglia, che alla fine si troveranno. Un piccolo film, ma molto sentito.
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