riccardo cocciante

RICCARDO CUOR DI COCCIANTE - “HO SCELTO DI VIVERE IN IRLANDA, DOVE NON SONO CONOSCIUTO, PERCHÉ LA POPOLARITÀ PUÒ ALTERARE L’AUTENTICITÀ DI UN COMPOSITORE: CI SI ABITUA AD ESSERE RICONOSCIUTI E ADULATI E CI SI TRASFORMA - I TALENT? UNA VOLTA FINITI, I RAGAZZI VENGONO ABBANDONATI - LA STOCCATA A GABBANI - VIDEO

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Simona Voglino Levy per “Libero quotidiano”

 

Ricardo Cocciante Sanremo Ricardo Cocciante Sanremo

È un Riccardo Cocciante che parla senza peli sulla lingua. Da Dublino, dove vive, ci ha raccontato con il suo accento quasi straniero del nuovo disco che arriverà (fra il 2018 e il 2019). Dell'esperienza come coach di un talent schiavo di logiche che usano e gettano i giovani concorrenti. Di Macron. E, ovviamente, di Notre Dame de Paris: la colossale opera popolare, musicata dallo stesso Maestro Cocciante e prodotta da David Zard.

 

Lo spettacolo ha battuto ogni record, conquistando milioni di spettatori nel mondo dal suo debutto, ormai 15 anni fa, a oggi. Fino a diventare un cult. Ancora in Italia, prima di una lunga pausa annunciata, l'opera viaggerà lungo la nostra Penisola per tutta l'estate (da Messina dopodomani, fino all' Arena di Verona dall' 8 settembre). «Notre Dame de Paris ha cambiato il modo di fare un certo tipo di spettacolo», ha affermato più volte.

RICCARDO COCCIANTERICCARDO COCCIANTE

 

In che senso?

«Quando siamo partiti, era un genere che non funzionava bene. Ecco perché abbiamo subito pensato di fare più che una commedia, un'opera musicale moderna, ma stando attenti a non cadere in una tipologia anglosassone, rimanendo molto latini. Abbiamo pensato a qualcosa che fosse più vicino al pop e al rock, mescolando passato e presente».

 

L'Italia non è tanto un Paese da musical: eppure Notre Dame è un successo impareggiabile con le sue 1200 repliche. Perché?

«Il gusto è stato fin dall'inizio molto popolare e attuale. Questo ha rivoluzionato tutto. Con Notre Dame, siamo stati i primi a fare un disco che precedesse lo spettacolo. Ho voluto recuperare la nostra cultura europea. Quest'opera non è una fotografia, ma un'immagine in movimento che cambia col tempo, grazie alla forza attrattiva di una scrittura che ti porta dentro alla storia».

RICCARDO COCCIANTE RICCARDO COCCIANTE

 

Si era parlato di una Turandot cinese. Non tanto la traduzione dell'opera pucciniana, ma un lavoro sullo stile delle opere popolari. Esiste ancora il progetto?

«Sì e anche quello sui decabristi russi c'è ancora. Ma al momento siamo impegnati rimettere in scena il Piccolo principe che avevo fatto in Francia».

 

È figlio di madre francese e anche Oltralpe è molto conosciuto. Così, per gli italiani è italiano e per i francesi è francese. Come si sente?

«Il più francese degli italiani e il più italiano dei francesi. I miei riferimenti artistici e culturali vengono da entrambi i Paesi: dalla Francia con Brel e Brassens, dall'Italia con Gino Paoli, Luigi Tenco e Sergio Endrigo».

 

È vero che uscirà con un nuovo disco nel 2018?

«Lo sto preparando. È molto tempo che non faccio un disco: mi sono sempre detto che lo avrei fatto solo se ne avessi avuto pienamente voglia. Non sono legato a nessuna casa discografica, quindi non ho obblighi. I migliori dischi di solito sono i primi perché c' è bisogno di dire qualcosa».

 

Lei ne ha ancora, dopo tanti anni?

«O questo o morire. La passione rimane sempre».

RICCARDO COCCIANTE   RICCARDO COCCIANTE

 

La passione sì, ma l'ispirazione?

«Per questo ho scelto da molti anni di non vivere in un Paese dove sono conosciuto».

 

Cosa c'entra?

«La popolarità può alterare l' autenticità di un compositore: ci si abitua ad essere riconosciuti e adulati e ci si trasforma. Si comincia a vivere più per gli altri che per se stessi, più per farsi vedere che per restare nelle proprie problematiche che poi sono fonte d' ispirazione per le nostre composizioni».

 

Ha detto che non farà mai più tournée, ma non ha detto basta ai singoli concerti. Perché?

RICCARDO COCCIANTE    RICCARDO COCCIANTE

«Non voglio più entrare in meccanismi ripetitivi. Qualche anno fa ho fatto Cocciante canta Cocciante: lì ho voluto cantare quello che sono, mescolando le mie canzoni personali e quelle popolari. È stato un piacere. Tournée vuol dire ripetere per mesi la stessa cosa e avendo molte cose da fare non voglio abbandonare i miei momenti di composizione. Quindi: pochi concerti, buoni e interessanti e poi torno ad essere me stesso».

 

Cocciante canta Cocciante. Ma anche molti altri lo cantano. Fra questi Elodie, giovane talento di Amici, che all'ultimo Sanremo ha interpretato la sua Quando finisce un amore. Le è piaciuta?

«Ha scelto una delle mie canzoni più difficili. Sarebbe stato più semplice cantare Margherita o Se stiamo insieme. Ne è uscita bene, ma fossi stato in lei avrei preso un altro pezzo».

 

Da cosa giudica l'altrui interpretazione di un suo brano?

«Penso che la cosa importante, che spesso non si fa quando si interpreta una canzone, è provare reinventarla a seconda della personalità dell' interprete».

 

Con certi brani, però, è pericoloso

«Molto. Ma penso sempre a With a little help from my friends dei Beatles, poi rifatta da Joe Cocker in modo magistrale: ha rovesciato il senso della canzone. Da leggera è diventata intensa, cambiando il ritmo».

 

Nel 2013 ha fatto il coach a The voice. Ma non ha ripetuto l'esperienza. Perché?

RINO GAETANO E RICCARDO COCCIANTERINO GAETANO E RICCARDO COCCIANTE

«La cosa interessante di The voice è scegliere i ragazzi senza vederli. Non ci si dovrebbe far influenzare dall' aspetto. Quello che non mi è piaciuto, però, è stato trovarmi a dover escludere delle persone. Non l' ho rifatto anche perché questi interpreti, una volta finito il talent, vengono completamente abbandonati. E rimangono bruciati da quello che hanno fatto».

 

Una soluzione?

«Le case discografiche ormai non investono più, è questa la pecca principale. All'epoca ci facevano crescere, il primo disco non era quasi mai un successo. I ragazzi ora sono scoraggiati, perché non hanno nessuno che creda in loro. Quindi si salvano entrando a far parte di una moda, facendo canzoni ammiccanti che possono piacere al primissimo momento. Noi potevamo, invece, andare contro corrente e presentare cose che non esistevano. Ho avuto molta pena per i ragazzi di The Voice, dopo tutti gli sforzi fatti, buttati via perché non servivano più».

RICCARDO COCCIANTE  RICCARDO COCCIANTE

 

In effetti, negli anni '70 al centro c' era quello che facevi, oggi quello che sei, come appari: è un limite?

«Enorme. Perché l' artista non può doversi basare su un'estetica che comunque invecchiando scompare. Deve far conto sul suo linguaggio interiore, che certe volte è in contrasto con quello fisico. Pensi a Edith Piaf».

 

È ancora in contatto con qualcuno dei suoi colleghi?

«Con nessuno dei coach. Però Elhaida Dani, che vinse la mia edizione, adesso è Esmeralda nello spettacolo francese di Notre Dame».

 

Ma fare tv le piace?

«In certi momenti sì e in altri per niente».

 

Perché?

«Siamo noi a dover utilizzare la tv, non essere utilizzati da lei. Io non ho bisogno della televisione per esistere. Pensi a Sanremo: non bisogna entrare nella trappola di doverlo fare per forza per esserci».

 

RICCARDO COCCIANTE     RICCARDO COCCIANTE

Lei ha detto che Sanremo non lo rifarà più: conferma?

«Sì, l'ho fatto una volta e mai più. Non voglio entrare in una macchina che dopo un po' ti tritura».

 

Lo ha anche vinto con Se stiamo insieme. È vero che, nonostante questo, non ha mai amato troppo quel brano?

«Non pensavo al suo potenziale impatto commerciale. Ma non lo immaginavo nemmeno di Margherita».

 

Davvero?

«Sì. E mi commuove ancora pensare al riscontro che hanno avuto».

 

Sua moglie si chiama Catherine. Chi è Margherita, allora?

«Nessuno. Le mia canzoni sono al 99% allegoriche, descrivono stati d' animo. Una delle poche è Vivi la tua vita, scritta per mio figlio quando è nato».

 

C'è la canzone di un collega che avrebbe voluto scrivere lei?

«Ce ne sono tante. Le dico la prima che mi viene in mente? Il cielo in una stanza. Ma vivo con serenità il successo degli altri, quando le canzoni sono belle. Quando non lo sono, meno».

RICCARDO COCCIANTE
RICCARDO COCCIANTE

 

Si riferisce a qualcuno?

«Non mi è piaciuta la canzone che ha vinto Sanremo quest'anno».

 

La crisi non è solo musicale. Si interessa di politica?

«Ho perso il filo della situazione italiana. Ma credo che in generale sia un momento nel quale la gente ha bisogno di cambiamento. Come in Francia: Macron sta facendo una rivoluzione. Basta coi partiti che lavorano per se stessi più che per le persone».

 

In Italia vede un corrispettivo di Macron?

«Non ho seguito il dibattito politico italiano nell' ultimo periodo».

 

E dei recenti attentati che hanno colpito la Francia e l'Occidente, cosa pensa?

RICCARDO COCCIANTE RICCARDO COCCIANTE

«Non è un problema francese, ma del mondo intero. Tutto l'Occidente è in guerra contro un' altra ideologia. Siamo in guerra e non bisogna negarlo».

 

La musica può fare qualcosa?

«Come l' arte, può aiutare a pensare. Pensare meglio».