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Lettera di Daniela Martani a Dagospia
“Daniela Martani, io, me la farei”: io, invece, caro Facci, visto che non sono tanto passiva da farmi stendere dal primo venuto, non gradirei, neppure se lei fosse la copia di Brad Pitt, viste le meches che si ritrova. E le spiego il perché. In primo luogo per la violenza del messaggio che trapela dalle sue parole: la Martani priva di qualsiasi talento ha attirato una qualche attenzione grazie alle sue grazie, meglio metterla in orizzontale, magari senza darle troppa voce in capitolo.
Questa posizione, caro Facci, per quanto comoda, la scelgo con chi dico io. Spesso, e temo sia pratica diffusa in Italia, non basta essere belle per ‘abbozzare una carriera” e neppure è sufficiente essere brave. Anche se qualcuna riesce a sfuggire alle forche caudine, i 180 gradi vengono sovente richiesti alle donne per avanzare in molti campi, soprattutto in quello dello spettacolo.
Inoltre lei dà voce a un immaginario che vede la donna passivo oggetto da ‘farsi’ e lo esprime addirittura su un giornale a tiratura nazionale: dal dire al fare in questo caso il passo è breve. Non credo che il suo articolo possa piacere alle donne che leggono dei tanti casi di violenza di genere che insanguinano la cronaca attuale.
Caro Facci, lei vuole che vinca il talento ma fa parte di un sistema - quello che media - che innalza alla gloria dei veri signor nessuno. Prima di entrare al Grande Fratello avevo alle spalle lezioni di canto e corsi recitazione presso scuole prestigiose. Lei dubita. Ma chi è lei? Si informi.
Dovevo mantenermi e avevo trovato inserimento in Alitalia. L’occasione di farmi conoscere mi è venuta da una trasmissione che, appunto, offriva a persone sconosciute una possibilità. Non è andata, e ho pagato personalmente la mia scelta. E chissà, se tutti i successivi inciampi, ostacoli, contratti sfumati non siano legati alle mie battaglie...
“La pasionaria”, quella che diceva il fatto suo al politico o non accettava il compromesso, il mio spirito polemico piaceva poco.
Facci, io non sono “figlia di”, “moglie di” o “amante di”, non frequento salotti e terrazze, mi sono sempre mantenuta da sola. Altro che stesa, caro Facci: quel che ho me lo sono guadagnato. Lei inoltre mi accusa di “trasformismo” pur di attirare ancora i riflettori su di me. Ma non sono io ad inseguire la stampa ma il contrario. Non ho mai concordato finti amori, paparazzate, servizi giornalisti ad hoc per apparire. Ho deciso - col cuore più che con la mente - di spendere la mia modesta popolarità a favore dei diritti di chi non ha voce, gli animali che amo profondamente. Anche il piccione? Sì, anche. E non l’uccello, caro Facci. Tanto meno il suo.
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