RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Marco Giusti per Dagospia
Bellissima, un po’ gelida, ma icona assoluta per un secolo del cinema francese, Danielle Darrieux ci lascia alla tenera età di cento anni a causa di una brutta caduta in casa. Considerata la Greta Garbo francese, assolutamente divina nei tre capolavori nei quali la diresse Max Ophuls nel dopoguerra, La ronde da Schnitzler, Le plaisir da Maupassant e Madame de… da Louis de Valmorin, nella bellezza di 110 film ha lavorato praticamente con tutto il grande cinema francese, da Jean Gabin a Gerard Philipe, da Bourvil a Lino Ventura, amata da registi completamente diversi, come Henri Decoin, il suo primo marito, o come Claude Autant-Lara, che le offrì il ruolo da protagonista de Le rouge et le noir da Stendhal, Jacques Demy, che la volle come mamma di catherine Deneuve e di sua sorella Françoise Dorleac in Le demoiseselles de Rochefort e poi protagonista di Une chambre en ville o François Ozon, che la volle ormai novantenne in 8 donne e un mistero.
Nata a Bourdeax, da una famiglia altoborghese nel 1917, a 14 anni diventa attrice di cinema per Le bal (Alle porte del gran mondo), 1931, specializzandosi presto nel ruolo della ragazza ingenua. Billy Wilder, nel suo unico film francese, prima di rifuguarsi in America, la dirige in Mauvaise graine nel 1934, mentre Anatole Litvak la rende una star in Mayerling a fianco di Charles Boyer, che era allora un divo di prima grandezza. Grazie al successo in Europa la chiama Hollywood per The Rage of Paris diretto da Henry Koster per la Universal dove ha come partner Douglas Fairbanks Jr. L’idea era di farne una star americana, ma quello fu il solo film che la Darrieux girò in America per la Universal, visto che, con l’arrivo della guerra, dovette ritornare in Francia.
Lì, risposata con il playboy internazionale Porfirio Rubirosa, allora ambasciatore della Repubblica Domenicana, dovette accettare di girare film che non le andavano per far uscire di prigione il marito, accusato di spionaggio contro i tedeschi. La cosa le procurò qualche problema nel dopoguerra, anche accuse di collaboratrice dei nazisti, ma poi tutto venne chiarito.
E’ nel dopoguerra che arrivano anzi i suoi film migliori, quelli della maturità, da Operazione Cicero di Joseph L. Mankiewicz a fianco di James Mason a Occupati d’Amelia e Le rouge et le noir di Claude Autant-Lara, da Ruy Blas di Pierre Billon a Alessandro il Grande di Robert Rossen a fianco di Richard Burton, Loss of Innocence di Lewis Gilbert con Susannah York, ai tre film di Max Ophuls.
Pur dividendosi tra teatro e cinema, non lasciò mai il mondo dello spettacolo. La troviamo con Claude Chabrol in Landru, con Roamin Gary in Gli uccelli vanno a morire in Perù, con Gilles Grangier, André Techiné, Paul Vecchiali. “Ci sono tre cose nella vita che mi hanno conservata: il whisky, il denaro e gli uomini”, ha dichiarato in anni recenti ai giornalisti. Ben tre furono i mariti, oltre al regista Henri Decoin ea Porfirio Rubirosa, anche lo sceneggiatore Georges Mitsikives.
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