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Milagros Pérez Oliva per “El Paìs”
La docente spagnola di filosofia Adela Cortina pubblica il libro “Aporofobia: el rechazo al povre” (aporofobia, il rifiuto del povero) per partecipare al dibattito pubblico e dare un nome a ciò che non si vede. Secondo lei, dietro l’ondata di xenofobia che invade Europa e Stati Uniti, c’è un sentimento di avversione chiamato appunto “aporofobia”: «Quello che dà fastidio degli immigrati e dei rifugiati non è il fatto che siano stranieri, ma che siano poveri».
Tutte le fobie sono patologie sociali che si esprimono in forma di odio verso il diverso, ma questo in particolare è un sentimento molto radicato e manipolato per fini elettorali, trasformatosi in un problema politico: «Si nota chiaramente che non tutti gli stranieri danno noia allo stesso modo. Per quanto diversi da noi, a quelli che arrivano con i petroldollari stendiamo un tappeto rosso, così come ai turisti. Lo stesso Trump vuole costruire un muro con i messicani, non certo con i canadesi».
la poverta non puo essere un delitto
Da questa approssimazione iniziale è partita la ricerca per il suo libro: «Se i poveri sono per di più stranieri, è facile presentarli come una minaccia per la nostra identità. Ma la avversione è verso tutti i poveri, inclusi quella della nostra famiglia. Il rifiuto del povero implica sempre una attitudine di superiorità e una colpevolizzazione della vittima. Siamo tutti aporofobici, inizialmente lo erano i gruppi tribali per difendere la specie. Oggi lo siamo perché si rompe la regola di coesione interna basata sul rapporto di dare-avere. I poveri non possono dare, da loro non ci aspettiamo nulla.
E’ per questo che i discorsi politici che si appellano a questo tipo di emozioni vengono accolti così bene. Quello che sorprende è che la xenofobia sia cresciuta così repentinamente in una Europa che trovava la sua migliore espressione in una politica pubblica basata sul principio di solidarietà. Il cervello è plastico e possiamo modificarlo, è una buona notizia, ma il discorso pubblico attualmente favorisce la aporofobia e l’ideologia dominante neoliberista, secondo cui il povero è l’unico responsabile della sua povertà».
L’antidoto che la Cortina suggerisce è rafforzare lo stato sociale: «Garantire diritti economici e sociali è il fondamento della socialdemocrazia e cancella le disuguaglianze. L’altro antidoto è l’educazione. Ciò che si studia sui libri, inclusi i valori della solidarietà e del rispetto del diverso, assunti dalla Unione Europea, deve però essere applicato. C’è troppa contraddizione fra ciò che i giovani leggono e il modello di società in cui vivono.
La gente è delusa, non prospera come immaginava, e quindi identifica un capro espiatorio: il messicano in America, il rifugiato in Europa. La società è veloce a dimenticare traumi ed esperienze del passato. Gli americani hanno dimenticato di essere stati immigrati. La nostra capacità di adattamento è tremenda, mettiamo tra parentesi tutto ciò che può esserci da ostacolo».
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