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“AL GOVERNO VEDO CLIENTELISMO E NEPOTISMO” – IL RAPPER DARGEN LANCIA UN PODCAST E PARLA DELLE SUE FRASI SU GAZA A SANREMO 2024 IN CUI CHIEDEVA IL CESSATE IL FUOCO: "LE RIDIREI. C'ERANO BAMBINI CHE MORIVANO, DIRLO DAVANTI A TUTTI, COME HA FATTO ANCHE GHALI, MI SEMBRAVA IL MINIMO" - "LA MUSICA ITALIANA? ENCEFALOGRAMMA PIATTO" – E POI FEDEZ (“FACCIAMO VITE OPPOSTE, IO SONO UN ARTIGIANO, LUI MANEGGIA LIVELLI DI SUCCESSO CHE NON MI COMPETONO”), "X FACTOR STRESSANTE” E SU UN RITORNO A SANREMO TIENE LA PORTA APERTA…
Patrizio Ruviglioni per “la Repubblica” - Estratti
E ora Dargen D'Amico conduce un podcast. L'ha ideato lui, si intitola Tolomeo — Le impronte che lasciamo, sei episodi finanziati con il progetto Next Generation Eu, in onda ogni martedì dall'11 novembre.
Dopo i Sanremo di Dove si balla (2022) e Onda alta (2024) e gli X Factor da giudice (2022 e 2023), è una svolta almeno nel mezzo. «Da questo podcast ho imparato», dice, «l'importanza dei piccoli gesti».
La musica non bastava più?
«Volevo approfondire i dubbi della nostra società, chiedendo a chi si batte "sul campo" per un mondo migliore. Attivisti, esperti. L'Italia e l'Occidente sono in crisi: verità che ci siamo raccontati per anni, come l'essere "i buoni", sono sparite davanti alle stragi a Gaza, per dire. In tanti cercano risposte, io per primo. Qui ho preso appunti».
E la politica?
«È impegnata in una lotta reciproca, a denunciare ciò che farebbe se solo si trovasse nella posizione dell'altro. E al governo vedo clientelismo e nepotismo. Magari è una mia distorsione: ho sviluppato una coscienza politica dalle stragi di mafia del 1992, su cui non ho avuto risposta dai politici. La fiducia si è azzerata».
Marracash, con cui ha condiviso gli inizi nell'underground milanese, rivendica di non votare.
«Io voto. Ma vorrei farlo perché "ci credo". Oggi la politica — salvo eccezioni locali — non si pone domande. Ignora il clima, la cittadinanza. E ci sta convincendo del riarmo, per esempio con operazioni-simpatia verso le armi nelle scuole, per me inconcepibili. Con Tolomeo, ecco, do voce a chi si occupa di urgenze che i media e istituzioni ignorano».
E la musica italiana come sta?
«Encefalogramma piatto. Si è portata avanti: scriviamo canzoni come se già ci fosse l'intelligenza artificiale, così quando l'AI arriverà davvero troverà la strada spianata».
Non è che smette di fare canzoni?
«Non ho mai pensato a un rapporto eterno con la musica, chissà. Se non avrò idee, smetterò. Non è ancora il momento».
È vero che prima di Sanremo 2021 però aveva già pensato di smettere?
«Sì, il Covid mi aveva fatto riflettere su varie scelte di vita, tra cui la musica. Suonavo per una nicchia e, senza i locali, non potevo farlo. E non mi rivedevo più nelle canzoni: canto i dubbi da sempre, ma sul palco devo incarnare una certezza; in quel momento non mi sentivo più tale, e odio recitare».
Sanremo l'ha rilanciata, ma nel 2024 le sue dichiarazioni su Gaza le ha dato più rogne che altro. O no?
«Non sono "rogne". L'unica "rogna" è stata finire nelle pagine social dei politici, che riprendevano le mie parole per screditarmi. Parlarne era un gesto "egoistico": c'erano bambini che morivano, dirlo davanti a tutti, come ha fatto anche Ghali, mi sembrava il minimo già solo per non sprecare quella visibilità».
Ha perso qualcosa?
«Ma no. E se anche fosse, era roba di poco conto. Cosa vuole che sia un follower in meno rispetto a un bambino che muore? Poi, si figuri, mi sta intervistando: non sono stato affatto "cancellato"».
Tornerebbe a Sanremo?
«Certo. Per me è questione culturale, una manifestazione con cui sono cresciuto, che ho nel sangue. È come se mi chiede: tornerebbe a pranzo dai suoi cugini? Certo che sì».
Molti suoi colleghi, comunque, hanno preferito non prendere posizione.
«Magari, per loro, non era il momento. Ma qualcosa, soprattutto negli ultimi mesi, è cambiato anche lì, tra concerti per la solidarietà e altro».
Cosa ha imparato a X Factor?
«Che è difficilissimo. Ero convinto che sarebbe stato un gioco, ma sono stato massacrato dalle responsabilità: ho imparato quant'è difficile decidere per gli altri, è stato come essere l'allenatore di una squadra di calcio. Stressante».
Fedez lo sente più? Avete lavorato insieme anni: lei era suo autore, poi entrambi giudici in tv.
«Ci seguiamo ancora. Siamo simili, entrambi cantiamo i dubbi. Ma facciamo vite opposte, io sono un artigiano, lui maneggia livelli di successo che non mi competono. È giusto così: impazzirei dopo un minuto nei suoi panni, con tutti gli occhi addosso; e lui, nei miei, si annoierebbe».
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