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DIECI ANNI FA ''SE SO' PIJATI ROMA'' - NELL'ANNIVERSARIO DI ''ROMANZO CRIMINALE'', ALE-DANNO SE LA PRENDE CON LA SERIE SU ROMA PIÙ DI SUCCESSO DI SEMPRE: ''HANNO DATO IL CATTIVO ESEMPIO'' - MA ALESSANDRO ROJA, CHE INTERPRETAVA IL 'DANDY', SVELA: ''MA SE ALL'EPOCA CI CHIESE PURE DI FARE UN SELFIE!''
Luca Calboni per www.leggo.it
«Daje regà, pijamose Roma». Questa una delle frasi che più è stata - per diverso tempo - sulle bocche dei giovani ragazzi della Capitale (e non solo), estratta da quella che è stata una delle serie che ha avuto il seguito più alto: Romanzo Criminale.
Una storia fatta di sangue, soldi e rancori nei meandri più oscuri di Roma: in tre parole, la Banda della Magliana. Dieci anni fa andava in onda la prima puntata della serie Sky, che ben presto non si è limitata solamente a essere un'opera ispirata alle vicende di sangue degli anni 70 e 80. In poco tempo infatti in tutta Roma, gruppi di ragazzi avevano iniziato quella serie di atteggiamenti e frasi prese direttamente dal Dandi e Freddo: criminali, idealizzati e osannati. C'era addirittura una linea di abbigliamento.
In dieci anni, Romanzo Criminale ha cambiato pelle, come ha cambiato pelle Roma: si è passati dalle pistole ai colletti bianchi. Dalla droga agli appalti. Dalla Banda alle vicende di Buzzi e Carminati. Le stesse gesta riportate in un'altra serie, stavolta targata Netflix: Suburra. Ma questo è un altro discorso.
Roma in questi anni ha visto passare tre giunte politiche e un commissariamento prefettizio. Ci sono stati gli arresti di Mafia Capitale, che hanno ricalcato le «gesta» della Banda, seppur in maniera ripulita.
Fatto sta che Romanzo Criminale, ispirata dalle pagine di Giancarlo De Cataldo, festeggia in questi giorni i suoi primi 10 anni. Ma soprattutto Romanzo Criminale è stato un punto di rottura per tutta la storia della televisione di casa nostra: l'opera che ha davvero cambiato il modo di fare «fiction all'italiana», dando il via a un nuovo filone di serie tv più oscure e dagli eroi meno candidi. Il tutto con al centro Roma: Capitale politica e di intrecci, a volte oscuri.
Da www.leggo.it
La messa in onda della prima puntata di Romanzo Criminale andò in onda quando Gianni Alemanno ricopriva la carica di sindaco di Roma. Alemanno, cosa ne pensa della serie?
«Quando uscì, mio figlio, allora tredicenne, mi disse: “Papà questa serie ha rovinato una generazione”».
Secondo lei perché?
«Molto ha fatto la narrazione della serie, a causa della commistione fra comportamenti violenti e umani, che porta a simpatizzare per i protagonisti, che sono criminali. La serie ha allentato il confine fra legalità e illegalità».
Romanzo Criminale è stata un danno per Roma e la sua immagine?
«Si, senza dubbio, perché ha creato una tendenza interpretativa che ha portato a considerare la criminalità come comportamenti marginali della nostra società».
Sulla storia della banda della Magliana è stato fatto anche un film, diretto da Michele Placido: considera anche la pellicola un esempio negativo?
«No, il film ha una profondità tale da essere un antidoto per l’emulazione. E la serie non ha queste qualità».
Da www.leggo.it
Alessandro Roja aveva 30 anni quando cominciò a interpretare Renatino De Pedis, per tutti “Il Dandi” in Romanzo Criminale. Che ricordo ha di quella avventura?
«Vivido, c’era un’atmosfera fantastica e quasi irripetibile di un’avventura che allora non sapevamo sarebbe stata così grande. Per me come il coronamento delle mie fatiche da giovane attore».
Secondo lei perché la serie ha avuto tutto questo successo?
«Con la serie si riuscì in qualcosa che in Italia succede raramente: realizzare qualcosa di attuale e contemporaneo. Si può dire che Romanzo Criminale cambiò le regole della serialità italiana».
L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è stato duro nei confronti della serie...
«Eppure, quando ci incontrammo alla prima di uno spettacolo di Fiorello, quando la serie era già uscita da un po’, ci chiese di fare una foto di gruppo con lui. Io mi rifiutai. E se i politici devono criticare e prendersela con la televisione e le serie, allora vuol dire che non riescono a rendersi conto dei veri problemi che li circondano».
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