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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
IL DIVANO DEI GIUSTI/2 – “IL BIDET È L’APERITIVO DELL’AMORE”: CINE 34 TORNA SULLA COMMEDIA SEXY CON “LA VERGINE, IL TORO, IL CAPRICORNO” DIRETTO DA LUCIANO MARTINO CON EDWIGE FENECH E LA PRESENZA QUASI AL COMPLETO DEI CARATTERISTI PIÙ DEVOTI. ALVARO GUARDA LA FENECH E RIPETE “CHE BONA, CHE BONA”. MARIO CAROTENUTO LA SPIA MENTRE È CON LE AMICHE - MI RIVEDREI “PROVA D’ORCHESTRA” DI FELLINI, CHE NON AMAI AFFATTO QUANDO USCÌ, MA PASSA ANCHE IL CAPOLAVORO DI JOHN CARPENTER “LA COSA”, CON LE MUSICHE INCREDIBILI DI ENNIO MORRICONE, CHE VENNERO IN PARTE RIADATTATE PER “THE HATEFUL EIGHT”. E PENSARE CHE LA STESSA MUSICA VINSE, CON CARPENTER, IL RAZZIE AWARD E CON TARANTINO L’OSCAR… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
E in chiaro che vediamo? Io mi rivedrei “Prova d’orchestra” di Federico Fellini con Balduin Baas, Clara Colosimo, Elizabeth Labi, Ronaldo Baracchi, Rai Storia alle 21, 10, che non amai affatto quando uscì.
Perché mi sembrava così banale questa metafora dell’orchestra che non riesce a costruire una melodia. Ma certo venne girata in un momento così confuso del paese, tra la morte di Moro, la morte del Papa, le BR, scioperi di ogni tipo. Lo videro in anteprima al Quirinale Sandro Pertini, Giulio Andreotti, Pietro Ingrao.
Non mi piacque neanche il finale a sorpresa… un po’ pubblicitario. Il protagonista Balduin Bass, oscura caratterista polacco molto attivo nel cinema e nelle serie tv tedesche, qui doppiato da Oreste Lionello, non fece altro di notevole. Più interessanti gli altri attori, molto amati da Fellini, come Franco Javarone, il basso tuba, Nando Villela, il violoncellista, Sybil Monsters, la flautista, doppiata dalla fedelissima felliniana Solvejg D'Assunta.
Compare anche Rolande De Santis detto Er Chiodo come barista. Su tutta dominano la musica di Nino Rota, le scenografie di Dante Ferretti, la fotografia di Giuseppe Rotunno.
edwige fenech la vergine il toro il capricorno
Rai Movie alle 21, 10 passa la commedia carceraria con chef “Quanto basta” diretta da Francesco Falaschi con Vinicio Marchioni, Valeria Solarino, Luigi Fedele, Nicola Siri, Mirko Frezza. Cine 34 alle 21, torna sulla commedia sexy con “La vergine, il toro, il capricorno” diretto da Luciano Martino con Edwige Fenech, Alberto Lionello, Aldo Maccione, Alvaro Vitali.
«Se ho deciso di passare alla regia, invogliato da mio fratello», disse all’epoca Luciano Martino, «è perché non vedevo l’ora di dirigere un film. La mia natura è artistica, ma circostanze varie mi hanno imposto di fare calcoli economici, preparare i contratti, di arrabbiarmi con i registi che non rispettano i tempi di lavorazione.
la vergine, il toro e il capricorno 1
L’occasione per una brusca sterzata me la dà un soggetto che ho scritto con Cesare Frugoni e Francesco Milizia, nel quale vedo tutti gli elementi della commedia brillante, ma pulita». Anni dopo dirà: «Mi divertiva questa storia, che avevo scritto e pensato. Poi la Fenech voleva assolutamente essere diretta da me. Sa, forse è stata una regia per amore. Poi adesso il film viene esaltato, però non era male.
Devo dire che riuscì abbastanza bene. Forse lì mi ha preso la mano più il voler fare un film discreto che voler fare il produttore. Tanto è vero che incassò un miliardo, invece di incassare il solito miliardo e mezzo. Per cercare un attore diverso, presi Lionello, che era un grande attore.
edwige fenech nuda la vergine, il toro e il capricorno 3
Forse avrei dovuto prendere Montagnani, che era più consono. Però adesso, a rivederlo, mi sembra uno dei migliori che ho fatto» (da La fabbrica del riso). Il tentativo è di fare una commedia un po’ sofisticata rispetto a quelle solite della Fenech. Ma le battute sono ancora pesantissime e i nudi della Fenech fin troppi per poter diventare davvero una commedia sofisticata.
A parte la presenza di Alberto Lionello, bravo come sempre, si segnala la presenza quasi al completo dei caratteristi più devoti delle commedie di Martino. Alvaro guarda la Fenech e ripete «Che bona, che bona!». Mario Carotenuto la spia mentre è con le le amiche, nude sulla terrazza, col cannocchiale. Giacomo Rizzo si vanta di avere un motoscafo del tipo «cento milioni sull’acqua». Qualche dialogo imbarazzante non manca: «Il bidè è l’aperitivo dell’amore» - «Finezza per finezza, perché non il digestivo?».
Iris alle 21, 15 passa “Night Hunter – Il cacciatore della notte”, thriller diretto da David Raymond con Henry Cavill, Ben Kingsley, Alexandra Daddario, Minka Kelly, Nathan Fillion. Su Mediaset Italia 2 alle 21, 15 passa il capolavoro di John Carpenter “La cosa” con Kurt Russell, T.K. Carter, Wilford Brimley, David Clennon, con le musiche incredibili di Ennio Morricone, che vennero in parte riadattate per “The Hateful Eight”.
E pensare che la stessa musica vinse, con Carpenter, il Razzie Award e con Tarantino l’Oscar. Adoro anche “La cosa” di Howard Hawks, ma devo dire che questo mi stende ogni volta che lo vedo. Quando uscì, i critici furono impietosi e non capirono la grandezza del film. John Camby disse "troppo fasullo per essere disgustoso. Si qualifica solo come spazzatura istantanea".
Dave Kehr: "difficile dire chi viene attaccato e difficile preoccuparsene". Roger Ebert trovo le "caratterizzazioni superficiali e il loro comportamento non plausibile". Leggo che ci volle un anno a Kurt Russell per farsi crescere quella barba. Me la faccio subito anch’io. Fu un mezzo flop, inoltre era un film costoso. Uscì lo stesso giorno di “Blade Runner”, e furono entrambi superati da “E.T.” di Steven Spielberg.
Cielo alle 21, 20 passa l’erotichello “L’usignolo e l’allodola” diretto da Sigi Rothemund con Jean-Claude Bouillon, Sylvia Kristel, Teri Tordai, Ekkehardt Belle, Gisela Hahn. Uscì subito dopo “Emmanuelle”. Ma era un po’ noioso… Teri Tordai era stata la regina del cinema erotico austro-tedesco negli anni ’60 con la serie della Casta Susanna.
Italia 1 alle 21, 20 presenta il “Dolittle” di Stephen Gaghan con Robert Downey jr. nel ruolo che fu di Rex Harrison, Harry Collett, Carmel Laniado, Antonio Banderas, Michael Sheen. Rete 4 alle 21, 25 passa “Nati con la camicia” di E.B.Clucher alias Enzo Barboni con Bud Spencer, Terence Hill, Buffy Dee, David Huddleston, Faith Minton. Bud e Terence lavorano per la Cia e cercano di salvare il mondo. Ma pensa…
Warner tv alle 21, 30 propone invece il biopic dedicato a Alan Turing, “The Imitation Game”, diretto dal norvegese Morten Tyldum e scritto da Graham Moore basandosi sull’omonimo libro di Andrew Hodges con Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Mark Strong, Rory Kinnear. Vediamo cosa ne scrissi. “A volte sono le persone che nessuno immaginerebbe in grado di far qualcosa che fanno le cose che nessuno può immaginare”.
Attorno a questa frase, che segna un po’ la vita complessa da eroe di guerra, ma anche da martire sfortunato di una guerra sociale interna, di Alan Turing, che riuscì a decrittare il Codice Enigma dei tedeschi, e quindi a far vincere la guerra al proprio paese, e a dar vita al primo computer che cambierà la nostra vita, ruota tutto il film a lui dedicato, “The Imitation Game”.
Grazie anche all’incredibile interpretazione di Benedict Cumberbatch, che fa di Alan Turing qualcosa di indimenticabile, della fotografia dello spagnolo Oscar Faura (“The Impossible", “The Orphanage”), il film è stato al centro di un grande interesse economico. Al punto che Harvey Weinstein, per assicurarsene i diritti per l’America e il resto del mondo, ha dovuto pagarlo ben sette milioni di dollari.
Il suo potenziale, però, come aveva ben capito Weinstein, va ben oltre la storia drammatica di un genio sregolato e stravagante che accorcia la guerra di almeno due anni, come disse Winston Churchill, salvando la vita a milioni di individui, e poi finisce per essere incolpato di omosessualità e castrato chimicamente dai civilissimi inglesi negli anni ’50. Il che lo porterà a uccidersi con una mela piena di cianuro nel 1954 a soli 42 anni.
Tutta questa storia, pur clamorosa e doverosamente raccontata, anche se sull’omosessualità di Turing il film sembra un po’ sorvolare forse per non rendere il personaggio troppo sgradevole, è niente rispetto a quel che Turing rappresenta oggi per noi cresciuti coi computer e i social network. Perché è l’uomo che per primo riesce a inventare un’intelligenza artificiale, un antenato del computer che cambierà radicalmente ogni tipo di comunicazione nel mondo. Qualcosa, insomma, di ancora più grande di far vincere una guerra al proprio paese.
Passiamo alla seconda serata con “House of Gucci” di Ridley Scott con Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Al Pacino, Jack Huston, Jeremy Irons, Camille Cottin, Rai Movie alle 22, 45. Italia 1 alle 23, 15 propone invece “Il Re Scorpione 2” di Russell Mulcahy con Michael Copon, Karen Shenaz David, Simon Quarterman, Tom Wu, Andreas Wisniewski.
Iris alle 23, 20 passa “Spy Game” di Tony Scott con Robert Redford e Brad Pitt ambientato nel 1991 poco dopo la caduta del Muro di Berlino. Su Cielo alle 23, 20 abbiamo “Skin: La storia del nudo nei film” di Danny Wolf, con interviste a Malcolm McDowell, Pam Grier, Peter Bogdanovich, Martha Coolidge, Martine Beswick, Bruce Davison. L’idea è ambiziosa, coprire appunto il nudo nel cinema dal muto a oggi.
Mariel Hemingway parla del suo ruolo in “Star 80”, quando come Dorothy Stratten ricostruì il paginone centrale di “Playboy”. Ma ci sono anche Kristine DeBell che parla di “Alice in Wonderland” o Camille Keaton che parla di “I Spit on Your Grave”. Da registrare.
Rete 4 alle 23, 50 propone “The Game”, thriller girato subito dopo “Seven” da David Fincher con Michael Douglas, Sean Penn, Deborah Kara Unger, Armin Müller-Stahl. Cine 34 alle 0, 55 ci porta nel meraviglioso mondo della commedia sexy applicato al mondo della politica italiana anni’70 con “L’onorevole con l’amante sotto il letto”, diretto da Mariano Laurenti con Lino Banfi, Janet Agren, Alvaro Vitali, Marisa Merlini, Lory Del Santo.
Su Rai Tre all’1, Fuori orario propone una vera e propria maratona con i 213’ del celebre “Anna” di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli con Anna, Massimo Sarchielli, Vincenzo Mazza, Stefano Cattarossi, Louis Waldon, film verità sulla Roma anni ’70 attraverso il personaggio della protagonista, Anna appunto, e i suoi amici. Girato tra il 1972 e il 1975.
Rai Movie all’1, 30 passa l’ottimo “Minari” diretto da Lee Isaac Chung con Steven Yeun, Han Yeri, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton, Scott Haze. In qualche modo, benché ambientato nell’America degli anni ’80 di Ronald Reagan in un Arkansas rurale dove l’acqua fa la differenza e non in viaggio nel deserto del West, e dedicato agli sforzi di una famiglia coreana che ha una casa prefabbricata e non dei nuovi poveri bianchi americani che hanno case sulle ruote, “Minari” di Lee Isaac Chung come “Nomadland” di Chloé Zhao, fanno parte dello stesso disegno.
Come se l’America del dopo- primo mandato Trump avesse bisogno di riaprire gli occhi, di muoversi per trovare, magari in un modello pionieristico tradizionale più che di altri tempi, una nuova identità. Una identità che può essere formata dalla tribù nomade dei nuovi poveri come dagli immigrati asiatici, ma certo che non può più basarsi su un facile modello capitalistico che, comunque la si veda, non ha dato i frutti sperati.
“Minari”, che ha vinto l’Oscar per la recitazione favolosa della vecchia nonna di Youn Yuh-jung, segue gli sforzi del capo famiglia, Steven Yuen, della moglie che lo segue un po’ critica, Yeri Han, dei due piccoli figli, dei quali uno con una brutta aritmia, e della nonna che seguita a definire gli americani “stupidi americani”, come tentativi di ricostruzione di un paese. A cominciare dalla casa, dalla terra, dal lavoro. Magari abbiamo visto tante altre volte questa storia. E con sviluppi diversi, anche drammatici. Rivisti qui in salsa coreana.
Così la stessa idea di una terra che produca vegetali coreani per la comunità di Kansas City, è come se fosse una variante di altri film di Hollywood sulla terra, a cominciare dai finti cinesi (oggi impossibili) di Paul Muni e Luise Ranier in “La buona terra” di Sidney Franklyn, che vinse due Oscar, migliore attrice e miglior fotografia. Ma se lì la produzione era della Metro, come per “Il mago di Oz”, qui è di Brad Pitt.
Su Cine 34 alle 2, 25 si punta al trash con “Atti impuri all’italiana”, commediola erotica toscana prodotta, scritta e diretta da Oscar Brazzi, tutta girata in quel di Monsummano e Montecatini Terme, dove si muove la bella dottoressa Dagmar Lassander e una massa di guardoni allupati che le corre dietro. C’è pure il sindaco vedovo Maurizio Arena, che se la sposerà, e il figlio che si fa la matrigna, come da tradizione della commedia sexy.
Per la parte comica si ricorre a Ghigo Masino, comico fiorentino, nei panni di Don Firmino, e sua moglie Tina Vinci. Non dimentichiamoci di Raffaele Curi, oggi regista di casa Anna Fendi per folli e costose imprese. La Carnacina lo ricorda come un film girato da professionisti. Mah…
Chiudo con “Io e te”, ultimo film di Bernardo Bertolucci, tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti con Tea Falco, Jacopo Olmo Antinori, Sonia Bergamasco, Pippo Delbono, Veronica Lazar, Italia 1 alle 4, 50. Un'opera lieve, scrivevo, girata con grande intelligenza e senza alcuna pretenziosità da un Bertolucci che si serve del racconto di Ammaniti (migliorandolo nel diverso finale col permesso dell'autore, che firma la sceneggiatura) per rileggere i suoi vecchi temi e i suoi vecchi protagonisti, da "Prima della rivoluzione" a "Ultimo tango a Parigi".
Ma anche per provare a se stesso e alla sua piccola famiglia di fedeli amici e collaboratori (Fiorella Amico, Metka, Veronica Lazar, Jacopo Quadri, Fabio Cianchetti) che riesce ancora a costruire e a dirigere perfettamente un film, a muoversi negli spazi chiusi alla "Dreamers" e alla "Ultimo tango" inventandosi ancora dal nulla le sue star come fosse un anziano George Cukor e anche grandi sequenze musicali e liberatorie, come il ballo dei due ragazzi che cantano “Space Oddity” di Bowie in italiano.
Bertolucci civetta da subito con la sua malattia e con le paternità, visto che lo psicanalista del ragazzino protagonista è paraplegico come lui, ma anche psicanalista come il vero padre di Ammaniti, esponendoci da subito la sua doppia condizione, di malato e di padre-regista sia dei due protagonisti che del più giovane Ammaniti, proseguendo poi in una storia di chiusura forzata (o volontaria, chi può dirlo?) dove due fratelli si incontrano, si ritrovano, si amano, forse crescono.
Fermarsi sullo scatto del giovane Lorenzo finalmente sorridente, immortalato come in una fotografia, sembra un gesto di ottimismo, rispetto alla fine del libro, dopo due ore di buio e di chiusura dal mondo che non sono però un chiudersi alla vita. Film fragile nel soggetto, ma solido nella costruzione, "Io e te" non può e non vuole essere un capolavoro, ma dimostra l’intatta capacità di messa in scena del suo autore, che negli spazi angusti e nei rapporti incestuosi dà sempre il suo massimo. Infedele e fedelissimo, come "Il conformista", alla sua origine letteraria e assieme così personale e autobiografica. Più tenero e allegro di molti dei suoi ultimi film, non tutti così riusciti, ruba ai suoi attori-non-attori un po' della loro giovinezza per rigenerarsi con nuovi sguardi.
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