DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera in attesa degli Oscar? Intanto avete su Sky e su Amazon “Anatomia di una caduta” di Justine Triet con Sandra Huller, come avete “Oppenheimer” di Christopher Nolan. Ci sarebbe anche da recuperare “American Fiction” con Jeffrey Wright che non è una parodia della cultura woke, ma una sofisticatissima commedia sulla banalità della letteratura nera di oggi.
Se non avete proprio di meglio da vedere vi propongo su Netflix “Damsel”, discreto fantasy diretto dallo spagnolo Juan Carlos Fresnadillo, regista di “28 giorni dopo”, parecchio a suo agio nell’horror, scritto dal non eccelso Dan Mazeau con la Millie Bobby Brown di “Stranger Things” e “Enola Holmes”, in versione principessa sempre truccatissima alle prese con un dragone femmina che sputa fuoco in cerca di vendetta e un pessimo matrimonio combinato dal padre, Ray Winstone, che si rivelerà una bella sola.
florence pugh cillian murphy oppenheimer
In pratica lei arriva per le nozze e la suocera la spedisce direttamente in un botolone dove vive il dragone con la bocca spalancata. Perché è così cattivo? Perché si vuole vendicare dei tre draghetti che un re cattivo gli ha seccato qualche tempo prima. In cambio vuole le figlie femmine della stirpe del re. Ma non sa che la regina Robin Wright lo sta fregando, visto che acchiappa principesse in bollette qua e là e gliele rifila come figlie sue. Ma non è vero.
Effetti speciali così così, storia un po’ scemetta, qualche partecipazione importante, Robin Wright, Angela Bassett, una caverna da dove le principesse devono scappare al più presto se non vogliono essere arrostite dal drago. Meglio recuperare il Fuori Orario di ieri sera su Rai Play col film particolarmente osée di Chantal Akerman “Je, toi, il, elle”, con venti minuti di scopatona finale vera tra la regista e certa Claire Wauthion. Certo, il cinema degli anni ’70 quanto era libero…
Passiamo alla serata in chiaro. Che vediamo? Ai fan di Matteo Garrone segnalo il ritorno del suo “Pinocchio” con Roberto Benigni come Geppetto, Gigi Proietti come Mangiafuoco, Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo come Volpe e Gatto, su Rai Movie alle 21, 10. Devo dire che allora mi piacque il film, molto rispettoso della lunga e gloriosa storia dei Pinocchi della tradizione italiana, quello delle illustrazioni classiche di Mazzanti, Chiostri e Mussino, e dei film, a cominciare dalla versione muta della Cines con Polidor del 1911, ma rispettoso anche della tradizione toscana, della povertà dell’800.
E trovavo sorprendente la scelta di certi attori, dal Teco Celio incredibile giudice scimmia alla lumachina di Maria Pia Timo, dal Mastro Ciliegia di Paolo Graziosi al maestro di scuola di Enzo Vetrano, dal Grillo di Davide Marotta all’Omino di Burro sulfureo e pedofilo di Nino Scardina, dall’oste di Gigio Morra, appena scomparso, ahimé, al Corvo e alla Civetta dei fratelli Gallo. Avevo qualche dubbio però sul Pinocchio di Federico Ielapi. Ma Pinocchio dal vero, col fatto di essere un burattino e un bambino, è sempre stato un problema per tutti nel cinema dal vero. Pensiamo solo al Pinocchio di Benigni.
Le cose migliori qui sono quasi delle note a margine al testo di Collodi. La scena all’osteria con un Benigni-Geppetto-Charlot in cerca di un piatto di minestra o con la ricerca di un pezzo di cacio che apre tutto il film. Lì sentiamo la fame e la crudeltà di un mondo adulto e davvero lontano, ormai quasi due secoli, visto attraverso gli occhi di un bambino. Anche se, forse, la crudeltà di oggi, potrà essere diversa nei modi, ma si muove con la stessa violenza. E la scena dell’Omino di Burro che trasforma i bambini in ciuchini può essere letta davvero in maniera moderna quasi da adescamento pedofilo.
Certo, se Pinocchio è solo non ha la vivacità del Pinocchio umano di Andrea Balestri, e la tensione cala. Mentre cresce quando entrano in campo Benigni, che riesce a portarsi dietro tutta la sua umanità e antica toscanità e un Ceccherini meraviglioso, qui anche co-scen eggiatore, omaggiato con primi piani che ne mettono in luce l’aspetto animale e crudele, e diventa una volpe cattiva e pericolosa molto meno da vaudeville di quella disneyana.
Su Rai Storia alle 21, 10 trovate “Jo Jo Rabbit” di Jojo Rabbit di Taika Waititi con Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Scarlett Johansson, Sam Rockwell. Intanto un film che inizia con “I Want to Hold Your Hand” dei Beatles in tedesco (Komm, gib mir deine Hand) e chiude con “Heroes” di David Bowie sempre in tedesco (Helden), non può che farci piangere. Come se non bastassero, sentiamo anche “I Don’t Want Grow Up” di Tom Waits e “Mama” di Roy Orbison.
Quanto alla stravaganza dell’idea, quella di costruire un film, appunto questo Jojo Rabbit, su un bambino di 10 anni, il piccolo Jojo, interpretato da Roman Griffin Davis, cresciuto nella Germania nazista come piccolo Hitler Jugend che ha come amico immaginario Adolf Hitler, diciamo che non sarà tipico humour ebreo, ma forse tipico humour maori-ebreo, perché il regista, Taika Waititi, celebrato per il fracassone Thor: Ragnarok, ma anche per i suoi primi e più stravaganti film girati in Nuova Zelanda, qui anche sceneggiatore e attore nel ruolo di Adolf Hitler, è appunto di padre maori e di mamma ebrea.
Di fatto tutto il film è pieno di amore per la mamma del piccolo Jojo, interpretata da un’incantevole Scarlett Johansson, con le sue scarpette bianche e marroni e il suo buffo cappellino. Siamo in una non meglio identificata cittadina tedesca nel 1944, coi tedeschi che già sanno di perdere la guerra e russi e americani ormai alle porte. Jojo si prepara alla guerra con altri bambini agli ordini di un capitano con un occhio solo non particolarmente convinto, il grande Sam Rockwell, aiutato da una specie di aiutante non meno sballato, l’Alfie Allen di Games of Throne.
La mamma di Jojo, dovendo crescere il figlio da sola, visto che il padre, partito per la guerra in Italia, è scomparso, non si sa se è morto o passato dall’altra parte, cerca di barcamenarsi con i nazisti del posto, anche se poi nasconde una giovane ragazza ebrea, Thomasine McKenzie, in casa, nascosta nella camera della figlia, morta non si capisce come né quando. Quando Jojo incontrerà la ragazza, che non può denunciare perché arresterebbero subito sua mamma, inizierà a ragionare. Il tutto mentre le cose vanno terribilmente peggiorando e i suoi dialoghi con l’Hitler immaginario si fanno sempre più complessi.
Alternative? Il vecchio e glorioso “Gilda” di Charles Vidor con Rita Hayworth, Glenn Ford, George Macready, Joseph Calleia, Steven Geray, Joe Sawyer su Tele San Marino alle 21. Lo sapete sicuramente che le canzoni non le canta Rita Hayworth ma Anita Ellis, anche se cercarono di far cantare anche Rita, ma inutilmente. Hunphrey Bogart non volle interpretare il ruolo di Johnny Farrell, perché il film era solo di Gilda. Felr esto Glenn ford non appare neanche sul poster. Il film venne scritto giorno per giorno sul set. Leggo che Charles Vidor era insopportabile sul set. Prendeva i sotto posti a male parole urlando per niente. Leggo che era la seconda scelta. La prima era Edmund Goulding.
Su Cine 34 alle 21 avete la commedia nord-sud “Belli di papà” diretta da Guido Chiesa con Diego Abatantuono, Antonio Catania, Matilde Gioli, Andrea Pisani, Francesco Di Raimondo, dove i ricchi del nord diventano poveri nel sud e devono arrangiarsi. Su Canale 20 alle 21, 05 non è male “Il risolutore” di F. Gary Gray con Vin Diesel, Larenz Tate, Timothy Olyphant, Jacqueline Obradors, Geno Silva. Su Canale 27 alle 21, 10 trovate “Mr Bean. L’ultima catastrofe” di Mel Smith con Rowan Atkinson, Peter MacNicol, Burt Reynolds, John Mills. Magari due risate le fate.
Su Cielo alle 21, 15 vorrei ricordare “I segni del cuore – Coda”, bella commedia diretta da Sian Heder con Emilia Jones, Troy Kotsur, Marlee Matlin, Daniel Durant, Eugenio Derbez, remake canadese del successo francese “La famiglia Bélier” di Eric Lartigau con Karin Viard e François Damiens. Oltre a spostare l’azione dalla campagna francese a una piccola città portuale della costa, il film canadese mantiene l’idea della famiglia di sordomuti, l’ vaccari qui pescatori, dove l’unica che ci sente e parla è la figlia, ma usa solo e esclusivamente dei sordomuti veri.
E’ questa la vera chiave del successo del film, che non solo venne strapagato, 25 milioni di dollari d parte di AppleTv+, quando venne visto al Sundance, ma vinse ben tre premi Oscar, miglior film, miglior sceneggiatura non originale, migliro attore non protagonista, lo scatenato Troy Kotsur. Cosa che non era mai accaduta con un remake di un film francese. Sicuri che non avrebbe fatto una lira, il film non venne distribuito in sala in Italia, ma venne buttato all’ammasso su Amazon con incerta fortuna. Salvo poi recuperarlo in sala quando fu tempo di Oscarf e ci si rese conto che era uno dei possibili vincitori.
Italia 1 alle 21, 20 propone il divertente “Biancaneve e il cacciatore” di Rupert Sanders con Kristen Stewart come Biancaneve (ohibò?!), Charlize Theron regina cattiva, il fusto Chris Hemsworth come cacciatore, Sam Claflin come principe azzurro. Ora. Non so se Kristen Stewart con quella scucchia è credibile come la più bella del reame che oscura il primo posto in classifica della matrigna Charlize Theron, chiamata qui Ravenna (da Raven, corvo). Magari ben due spasimanti, il Cacciatore interpretato da “Thor” Chris Hemsworth, in uno scozzese spiazzante, e il Principe Azzurro, il Sam Claflin sono troppi.
E i nani, che come sempre salvano il film, interpretati da magistrali attori inglesi come Bob Hoskins, Ian McShane, Ray Winstone, Brian Gleesen, Nick Frost, arrivano un po’ troppo tardi. Ma non è banale l’idea della matrigna che nasce da un’infanzia povera e dagli abusi maschili, un po’ vampirella un po’ dark lady televisiva in cerca di un rimedio allo strapotere delle rughe, e poi ha degli abiti incredibili costruiti da Colleen Atwood, la costumista di Tim Burton (“Alice”, “Dark Shadows”, “Planet of Apes”), che la rendono una specie di Grace Jones-Amanda Lear di “Stryx” (lo ricordate?), una regina-insetto con una serie di armature da coleottero.
Su Tv2000 alle 21, 20 ritrovate il classicone “Ragione e sentimento” di Ang Lee con Emma Thompson, Hugh Grant, Kate Winslet, Alan Rickman, Imelda Staunton, Gemma Jones. Passiamo alla seconda serata con un altro film di Matteo Garrone, l’ottimo “Dogman” con Marcello Fonte, che vinse a sorpresa il premio come miglior attore e a Cannes, Edoardo Pesce, Alida Baldari Calabria, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, solida rilettura della celebre storia del Canaro della Magliana. Per molti è il miglior film di Garrone. Certo quello dove riesce a controllare meglio i suoi elementi.
Su Rai5 a mezzanotte torna “Il Decameron” di Pier Paolo Pasolini con Franco Citti, Ninetto Davoli, Angela Luce, Silvana Mangano, Vincenzo Amato. In tempo di Oscar ritorna in scena anche l’ultimo film italiano premiato dall’Academy, cioè “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino con Toni Servillo, Sabrina Ferilli, Carlo Verdone, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Gianfelice Imparato e Gigio Morra. Ci piace ricordarlo perché è grazie a “Gomorra” che tornà con tanti ruoli al cinema. Rete 4 alle 0, 50 propone la wedding comedy “Matrimonio con l’ex” di Damian Harris con Glenn Close, John Malkovich, Patrick Stewart, Minnie Driver, Grace Van Patten.
Rai Tre alle 2, 20 presenta “le notti bianche” di Luchino Visconti tratto dal romanzo di Feodor Dostevesky con Marcello Mastroianni, Maria Schell, Jean Marais, Clara Calamai. Venne ricostruita a Cinecittà una Livorno onirica e nebbiosa dagli scenografi Chiari e Garbuglia. Spesero tantoi soldi per un film che non funzionò come si sperava. Per fortura Cristaldi ebbe l’idea di riutilizzare la scenografia per un film comico, cioè per “I soliti ignoti di Mario Monicelli con Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Tibero Murgia, Carlo Pisacane. Fu non un grande successo ma il film che segnò la nascita della commedia all’italiana.
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Su Iris alle 3, 10 trovate un erotichello del 1970, “L’amore di Nathalie”, opera prima del regista e produttore belga Boris Szulzinger con Nathalie Nesle ql suo unico film, William Hawk, Peter Doren, Guy Souquet, Alain Nancey, Karin Spring, storia di amori e eccessi con tanto di malattie veneree in giro. Molto carino “Nata di marzo”, commedia di Antonio Pietrangeli con una giovanissima Jacqueline Sassard, Gabriele Ferzetti, Mario Valdemarin, Tina De Mola. Iris alle 4, 10 propone il lunghissimo (tre ore) “Il barbiere di Siberia” di Nikita Mikhalkov con Julia Ormond, Richard Harris, Oleg Menshikov, Alexey Petrenko.
Su Italia 1 alle 4, 10 trovate “La solitudine dei numeri prim”, bella ricostruzione del best seller di Paolo Giordano diretta da Saverio Costanzo con Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Isabella Rossellini. Non fu il successo che poteva essere. Chiudo con “I tre spietati”, che traduce il titolo spagnolo “El sabor de la venganza”, celebre regia di Joaquín Luis Romero Marchent con Richard Harrison, Fernando Sancho, Robert Hundar alias Claudio Undari, Gloria Milland. Western fondamentale per la nascita del genere europeo e per la sviluppo dello spaghetti western. Anche se coprodotto da Alberto Grimaldi della PEA, il film di Marchent non andava dalla stessa parte del nostro western. Era più tradizionale. Epiù legato ai modelli americani.
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