TRANS-MONGOLIA! VIAGGIO FOTOGRAFICO A ULAN BATOR, FRA OPERAI E INSEGNANTI TRANSGENDER CHE NASCONDONO LA PROPRIA IDENTITA’ SESSUALE PER NON ESSERE ALLONTANATI DAL LAVORO E DALLA FAMIGLIA

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da www.cnn.com

In Mongolia, gay, lesbiche e transessuali sono vittime di violenza, discriminazione e repressione sociale. Molti di loro sognano una vita altrove. Appartengono a tutte le classi sociali. Sono operai, guide turistiche, insegnanti, ma condividono il senso di solitudine: tutti nascondono la loro vera identità. Rivelare di essere transgender può costare il lavoro e l'allontanamento dalla famiglia.

Gli unici luoghi dove si sentono al sicuro e dove possono esprimersi, sono party privati o in club underground. Il fotografo spagnolo Alvaro Laiz ha trascorso oltre tre mesi con loro per documentare la vita a Ulan Bator, una zona dove confluiscono la tradizione nomade, l'eredità comunista e la spinta occidentale (Russia, Cina e Europa).

Naaram ha un figlio adottivo, lo cresce da quando è nato, ma dato che non è legale in Mongolia, ufficialmente i suoi custodi sono sua sorella e il marito, una coppia ufficiale.
Nyamka ha 20 anni, fa l'assistente sociale e sogna di fuggire in Giappone o nelle Filippine, dove c'è più tolleranza e dove è possibile cambiare sesso. Si esibisce nei locali con il nome di "Vanity", ma si toglie il trucco non appena sale su un taxi, per paura di essere presa di mira in strada.

Baara ha 55 anni, vive in uno dei quartieri più poveri di Ulan Bator. Guadagna qualcosa lavorando per una ONG locale, ma non trova altri lavori, nessuno la assume perché tutti conoscono la sua identità sessuale. Sono pochissimi i transgender che camminano per le strade vestiti da donna. Gambush lo fa, a suo rischio e pericolo. Faceva la prostituta, ora lavora come ballerina in un night club e insegna lo striptease.

 

 

 

Trans in vestito tradizionale da regina I transgender in Mongolia vivonodiscriminati Baara lavora per una ONG locale