DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Viviana Musumeci per http://www.vm-mag.com
Facce cupe e spiriti molto tristi si aggirano in alcuni uffici commerciali in questi giorni di alcuni grossi e prestigiosi gruppi editoriali: secondo alcuni rumours degli insiders Dolce&Gabbana avrebbe tagliato, in maniera significativa, gli investimenti – leggi inserzioni pubblicitarie – su alcune testate femminili e maschili di prestigio. La ragione sarebbe quella di puntare ai millenials – accogliendoli fin da giovani, prima che si trasformino nei futuri consumatori – tramite i social media e in particolare, le stories.
Chiaramente la questione è, potenzialmente allarmante, poiché altre case di moda potrebbero seguire questa strategia, incupendo i sonni di direttori e publisher delle grandi case editrici, sempre alla ricerca di nuove modalità di pubblicità.
Se, alcuni, come il nuovo ceo di Conde Nast Fedele Usai – lo ha dichiarato in un’intervista apparsa di recente su La Repubblica – credono ancora nella native advertising, altri, come John Elkan, si interrogano sul fatto che prima o poi anche gli utenti rifiuteranno questo tipo di comunicazione e pubblicità. Ergo, la porta alla ricerca di nuove modalità di contatto, è sempre aperta. Ma al di queste riflessioni, è evidente come i designer inizino a fare da sé usando i social e le loro stories in maniera sempre più strategica e meno naive di un tempo
Uno di questi è, per l’appunto, Stefano Gabbana che, puntando a un target sempre più giovane, usa il suo, ormai seguitissimo – più di un milione di followers -, account di Instagram da cui, volente o nolente – più volente, dicono i ben informati – ha già fatto partire delle campagne smaliziate e provocatorie che non lasciano indifferenti, come ad esempio quella enfatizzata dall’hashtag da lui stesso ormai usato di sovente #boicotdolce&gabbana.
Il tormentone lanciato qualche tempo fa da Elton John, quando nel 2015 il Domenico Dolce aveva dichiarato di non credere alle famiglie di omosessuali, è stato ripreso con successo dallo stesso Stefano Gabbana, anche di recente, quando ha risposto a un post di Miley Cyrus in cui affermava che il fratello modello di quest’ultima, non avrebbe più sfilato per la maison a seguito di un post della cantante in cui si dichiarava contraria alle politiche della casa di moda – ndr probabilmente un misunderstanding dovuto al fatto che Gabbana ha pensato alla giacca realizzata per Melania Trump che ha portato molte critiche al brand, mentre la cantante, molto più probabilmente si riferiva alle politiche economiche della casa di moda -. Ma la vera tattica vincente è stata quella di trasformare l’hashtag in una t-shirt vendutissima a 175 euro (qui)
La trovata pubblicitaria ha incontrato il favore sia degli haters – che l’hanno acquistata per mostrare il proprio odio nei riguardi della casa di moda – sia dei sostenitori – che la indossano in maniera ironica e provocatoria. Della serie: se volete odiarmi, siete i benvenuti, ma pagate. Me.
Anche l’ex head of design di Ermenegildo Zegna Stefano Pilati ha usato i suoi social in maniera unconventional. Qualche giorno fa Pilati ha postato, a mo’ di test, nell’ipotesi di lanciare un suo nuovo marchio, il cui nome potrebbe essere Random Identities -, alcuni contenuti visual che avevano per protagonista il ballerino MJ Harper, diretto da Matt Lamber. Insomma, le carte della comunicazione vengono sparigliate ancora una volta dal mondo della moda, quello che da questo punto di vista rimane, forse, ancora il più curioso nel sperimentare o, semplicemente, più inquieto.
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