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yara il campo di chignolo d isola
1 - YARA: DIFESA BOSSETTI, CORPO NON IN CAMPO 3 MESI, C'È FOTO
(ANSA) - La difesa di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo in primo grado per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio, ha prodotto nei motivi aggiunti dell'atto d'appello "una fotografia satellitare scattata il 24 gennaio 2011 che ritrae la zona del campo di Chignolo d'Isola dove successivamente, il 26 febbraio, è stato trovato il corpo della ragazzina, ma il cadavere quel giorno di fine gennaio non era là".
A questo punto, spiega il legale Claudio Salvagni, "la sentenza va riscritta, perché l'accusa e i giudici hanno sostenuto che Yara scomparve e venne uccisa il 26 novembre 2010 e il cadavere restò in quel campo per tre mesi". Il nuovo elemento portato dalla difesa del muratore, anticipato oggi da 'Il Fatto Quotidiano', è stato depositato lo scorso 15 giugno alla Corte d'assise d'appello di Brescia, dove domani prenderà il via il processo di secondo grado. La foto accompagna la richiesta della difesa di una maxi perizia su più elementi, tra cui il Dna. Come consulente i difensori hanno ora ingaggiato Peter Gill, uno dei 'padri' della genetica forense.
La Procura di Bergamo, ha spiegato ancora l'avvocato Salvagni, "ha sempre sostenuto di non poter disporre di foto satellitari di quel campo, mentre noi dopo indagini difensive lunghe e complesse abbiamo trovato questa immagine e l'abbiamo prodotta a supporto della richiesta di perizia su più elementi", tra cui l'ormai nota traccia di Dna trovata su slip e leggins della ragazzina che, secondo la Corte d'Assise di Bergamo, è una "prova granitica" a carico del muratore.
il giubbotto di yara gambirasio
Questa fotografia ora, secondo il difensore, "dovrà essere interpretata e guardata, ma a nostro avviso da quella immagine non emergerebbe la presenza del corpo un mese e due giorni prima del suo ritrovamento in quel punto del campo". Se il cadavere non era là mentre accusa e giudici "hanno sostenuto che il cadavere è rimasto nel campo per tre mesi, ora la sentenza va riscritta, anche a voler continuare a ribadire la colpevolezza del nostro assistito". Come consulente nel team difensivo, poi, è entrato per l'appello "il numero uno al mondo della genetica forense, Peter Gill".
Il legale ha chiarito, inoltre, che come da programma anticipato dai giudici alle parti domani ci saranno la lettura della relazione del processo di primo grado e poi l'intervento del sostituto pg. Nelle udienze successive (6 e 10 luglio) parleranno parte civile e difesa (nell'intervento del legali verrà trattata la richiesta della maxi perizia) e la decisione dei giudici (sentenza o ordinanza di riapertura del processo) potrebbe arrivare in un'udienza di metà luglio, o il 14 o il 17.
2 - YARA: BOSSETTI, CONVINTO CHE IN APPELLO AVRÒ GIUSTIZIA
(ANSA) - Massimo Bossetti, il muratore di Mapello (Bergamo) condannato all'ergastolo quasi un anno fa per aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio, attende l'inizio del processo di secondo grado che partirà domani a Brescia "convinto che in appello potrò avere finalmente giustizia". Sono queste le parole ripetute ad uno dei suoi legali, l'avvocato Claudio Salvagni che lo assiste assieme al legale Paolo Camporini, durante uno degli ultimi incontri in carcere, nei giorni scorsi.
silvia gazzetti e massimo salvagni avvocati di massimo bossetti
"L'ho visto lo scorso 15 giugno quando ho depositato a Brescia i motivi aggiunti all'atto d'appello - ha raccontato il legale - è concentrato, teso perché si parla della sua vita, ma è fiducioso che stavolta possa arrivare finalmente giustizia, perché confida molto nell'appello". Bossetti, come sempre è avvenuto anche nel primo grado a Bergamo, sarà in aula a Brescia.
3 - LA DIFESA DI BOSSETTI: ‘IL DNA DI IGNOTO1 PUÒ ESSERE ARTIFICIALE’
Laura Marinaro e Roberto Vergani per ‘Giallo’ in edicola
silvia gazzetti e massimo salvagni avvocati di massimo bossetti
Il delitto di Yara è maturato in un contesto di avance a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare in Bossetti una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova fino ad allora. Un omicidio di inaudita gravità. Condanniamo l’imputato alla pena dell’ergastolo”. Con queste drammatiche parole il presidente della Corte d’Assise di Bergamo ha motivato la sua sentenza di condanna nei confronti di Massimo Bossetti, avvenuta il primo luglio del 2016.
A distanza di un anno comincia in questi giorni a Brescia il processo d’Appello al muratore bergamasco, presunto assassino di Yara Gambirasio. Anche il secondo grado di quello che è stato soprannominato il “processo del secolo” si celebra in Corte d’Assise, organo competente a giudicare i reati più gravi. La Corte non può essere composta dagli stessi magistrati che hanno giudicato l’imputato in primo grado. Pertanto, il presidente della Corte non è più Antonella Bertoja, bensì il giudice Enrico Fischetti.
Il giudice a latere è Massimo Vacchiano. Anche la pubblica accusa non può essere sostenuta dallo stesso pm del primo grado. Letizia Ruggeri, che coordinò le indagini sull’omicidio della ginnasta e sostenne l’accusa contro Bossetti, non ha quindi alcun ruolo nel nuovo processo.
I giudici di primo grado non hanno avuto dubbi nel condannare Bossetti. La prova regina contro il muratore è il suo Dna, isolato dagli scienziati sui vestiti di Yara. Questa traccia è destinata a pesare come un macigno anche nel processo d’Appello. Gli inquirenti, inoltre, hanno raccolto in fase di indagine numerosi indizi a sostegno della prova regina, costruendo un quadro probatorio inattaccabile.
Ma la difesa, rappresentata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, non si è arresa e alla vigilia del nuovo processo ha presentato una “integrazione” di 102 pagine agli atti già depositati a suo tempo per chiedere l’Appello. Chiedono di rifare il test del dna, ma non solo. Vediamo su cosa punta la difesa per tentare di dimostrare che Bossetti è innocente.
1 - L’Hacking Team
Scrive la difesa: «Non può esserci atto di fede verso chi (i carabinieri del Ros) frequenta l’Hacking Team (una società che si occupa di fornire supporto informatico a servizi segreti, governi e forze dell’ordine di tutto il mondo), salita agli onori delle cronache per la realizzazione di un programma che contiene un capitolo denominato “prove false” e che il giorno della cattura di Bossetti si complimenta per il risultato ottenuto.
Si rammenta che nel 2015 l’Hacking Team è rimasta vittima di un attacco informatico per effetto del quale molto materiale riservato è stato reso pubblico. Fra questo, i contatti tra la predetta società e il Ros sul caso Yara. Pertanto, chiediamo l’acquisizione agli atti della documentazione che attesta un preventivo della citata ditta per la realizzazione, per conto di un cliente, di un Dna artificiale».
La difesa, cioé, insinua che anche il Dna di Bossetti possa essere stato creato artificialmente in laboratorio da questa società in contatto con i carabineri. L’ ipotesi, già avanzata in primo grado, era stata deifinita “esilarante” dall’accusa.
2 - Il professor Peter Gill
La difesa dichiara poi di aver interpellato un esperto di genetica, il professore norvegese Peter Gill, per una consulenza sulla traccia biologica trovata su Yara e riconducibile a Bossetti. Scrivono gli avvocati: «L’approccio scientifico si è concretizzato in una prioritaria valutazione sulla probabilità di ottenere risultati da Dna presente su materiale lasciato all’aperto e alle intemperie per tre mesi.
giuseppe guerinoni massimo bossetti
Gill ci ha detto che alcuni esperti hanno mostrato come il Dna depositato su superfici esterne non possa essere recuperato dopo un periodo di 6 settimane. Un esperimento in tal genere è stato effettuato nei mesi estivi in Australia, ma ci possono essere differenze rispetto alle condizioni del Nord Italia in inverno». In buona sostanza, il genetista contattato da Salvagni ritiene che una traccia biologica non possa durare più di sei settimane all’aperto, ma cita come esempio un esperimento condotto in Australia in piena estate, con temperature altissime.
Dice che le condizioni in Italia erano diverse: il corpo di Yara, infatti, rimase per 3 mesi al freddo, in pieno inverno. Alla luce della consulenza del professor Gill, gli avvocati di Bossetti chiedono di fare un esperimento: «Vogliamo che sia disposto un esperimento diretto ad accertare se a condizioni climatiche quali quelle dell’epoca dei fatti un Dna possa conservarsi o, comunque, conservare caratteristiche di qualità e precisione quali quelle rappresentate dai consulenti dell’accusa».
3 - Il test va ripetuto
Nella documentazione della difesa, poi, un lunghissimo capitolo è dedicato al tema del Dna che, come dicevamo, è il cardine dell’inchiesta. A tal proposito gli avvocati scrivono: «La necessità di ripetere le analisi di laboratorio costituisce elemento determinante sia in termini di scientificità del metodo adoperato, sia di attendibilità del risultato conseguito».
La difesa, inoltre, insiste su un punto già dibattuto in primo grado: il presunto utilizzo di kit scaduti per fare i test del Dna. Si legge: «Questa difesa si è già soffermata su come le risultanze siano frutto dell’utilizzo di kit scaduti». Sul tema, gli inquirenti e il giudice hanno già chiarito che i kit utilizzati per gli esami non hanno influito sul risultato finale.
4 - “Bossetti incastrato”
I legali del muratore tornano sull’ipotesi che il muratore sia stato incastrato. In che modo? Qualcuno avrebbe “preso” il suo sangue per poi “trasportarlo” sul corpo della povera Yara Gambirasio. Una tesi che a suo tempo i genetisti definirono “fantasiosa”. Scrive la difesa su questo punto: «Non si dimentichi la facilità di rinvenimento di materiale sporco del sangue dell’imputato, che soffriva di epistassi (la perdita di sangue dal naso, ndr) e si puliva in cantiere con fazzoletti di carta che poi buttava via.
Da non trascurare la singolarità della posizione in cui è stata trovata la traccia, cioè su un lembo degli slip di Yara, come per darne evidenza e attirare l’attenzione degli inquirenti». In parole più semplici, il sangue di Bossetti sarebbe stato appositamente “rovesciato” sulle mutandine della piccola Yara. Ma il fatto che fosse proprio lì conferma che si è trattato di un crimine a sfondo sessuale, come sentenziato dai giudici di primo grado.
5 - Il colloquio con Marita
Sul numero di Giallo della scorsa settimana accennavamo a quando Marita Comi, moglie del muratore, rimproverò al marito di non ricordarsi dov’era la sera in cui Yara fu uccisa. Avanzava dubbi sulla sua innocenza: «Non mi hai mai detto cosa hai fatto quella sera. Non voglio che le cose saltino fuori dopo...».
bossetti moglie dialogo in carcere 3
Per la difesa c’è un’altra chiave di lettura. Scrivono gli avvocati di Bossetti: «È vero che la signora contesta al marito di non averle mai detto cosa avesse fatto quella sera, ma la medesima ha anche chiarito come quell’evidente tentativo di mettere pressione a Bossetti fosse originato dalla necessità di comprendere se l’uomo fosse veramente il “mostro” che i media, foraggiati dagli inquirenti anche con dati falsi e distorti, continuavano a descrivere». Come avete letto, usano parole durissime e infamanti nei confronti degli inquirenti. Accuse che potrebbero essere oggetto di una querela.
6 - Le ricerche pedoporno
Nelle 102 pagine del documento c’è spazio per le ricerche pedopornografiche attribuite dagli inquirenti a Bossetti. La difesa in un passaggio ammette che una effettivamente ricerca c’è : «Vi è solo e unicamente una ricerca imputabile a mano umana». Il riferimento è alla ricerca di “ragazzine con vagine rasate”. Continua la difesa: «Tutti gli altri elementi informatici contenenti la parola ragazzine rientrano in pezzi di descrizione di film di normale pornografia... In sintesi, in 12 anni di attività informatica, vi è una sola ricerca con la parola “ragazzine”, peraltro effettuata a 4 anni dall’omicidio di Yara».
Per gli inquirenti questa ricerca è riconducibile con certezza a Bossetti. Quanto basta, per i giudici, ad assegnare un valore indiziario anche ad altre ricerche su particolari anatomici (“rosse”, “poco pelo”). Particolari che, guarda caso, si ritrovano nelle lettere scritte da Bossetti e indirizzate alla detenuta Gina. In queste missive, Bossetti dimostra propensione per la rasatura degli organi genitali femminili. Per gli avvocati, invece, una ricerca di questo tipo non è sufficiente a dire che per Bossetti cercare ragazzine fosse un’abitudine.
7 - L’insegnante di ritmica
Nell’ultima parte del documento ci sono parole molto gravi che susciteranno ancora più polemiche. Si parla infatti di Silvia Brena, l’insegnante di ginnastica di Yara. Sulla manica del giubbotto che la vittima indossava la sera dell’aggressione, è stato ritrovato anche il Dna della Brena, circostanza normale dal momento che le due ragazze si frequentavano (Bossetti, invece, ha sempre detto di non aver mai conosciuto né incontrato Yara). Inoltre, la posizione della Brena è stata controllata durante le indagini e contro di lei non è emerso nulla. Nonostante ciò, la difesa chiede nuove indagini sull’insegnante di ginnastica.
LE ISTRUTTRICI DELLA PALESTRA DI YARA TRA DI LORO LAURA CAPELLI E SILVIA BRENA
Scrivono gli avvocati: «La verità è che non solo la Brena è raggiunta da indizi multipli, oltre al Dna certo per natura e profilo, ma ha anche mentito in ordine ai suoi spostamenti il giorno e l’ora dei fatti. Inoltre, la sentenza di primo grado ha ignorato le testimonianze delle persone presenti al momento della scomparsa della vittima. Nessuno ha visto né vittima né imputato. Il dato non può che significare che Yara non è mai uscita dal recinto del centro sportivo, ove pertanto deve essere avvenuto l’incontro col killer». A sostegno di ciò, la difesa ritiene che Yara non sia mai salita sul furgone di Bossetti e contesta i risultati delle perizie dei Ris.
Da questi esami era emersa una compatibilità tra i filamenti trovati sui vestiti della vittima e il materiale con cui sono foderati i sedili del furgone. «È falso affermare che vi sia compatibilità», scrivono i legali dell’imputato. Questa, divisa per punti, sarà la strategia della difesa a processo. Si attendono le “contromosse” dell’accusa, poi la parola passerà ai giudici.
Tra meno di un mese, salvo sorprese, si potrebbe già arrivare a una sentenza.
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