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Francesco Alberti per il "Corriere della Sera"
Giambattista Bodoni aveva risolto già 200 anni fa la questione dell'integrazione nei giornali tra forma cartacea e web: di tale livello era la modernità dei suoi segni, che innalzarono la tipografia ad arte, da sopravvivere all'incalzare dell'evoluzione fino all'era digitale. Ma si parla di un fuoriclasse.
Per gli attuali mass media, invece, la questione è tutta da dipanare ed era inevitabile che un tema così complesso divenisse il filo conduttore del convegno «Il segno italiano. Moderno per tradizione» che per due giorni ha radunato al Teatro Regio di Parma direttori di giornali, designer e imprenditori per la regia dell'Osservatorio permanente giovani-editori (che ha portato in platea oltre 500 studenti da tutta Italia) e della Fondazione Cariparma.
In assenza di ricette, uno dei punti fermi è che la convivenza tra carta e digitale non solo è possibile, ma può trasformarsi, come ha affermato il direttore della Gazzetta di Parma , Giuliano Molossi, «in un reciproco arricchimento». Il problema è su quali basi (organizzative e di contenuti). Il direttore del Corriere della Sera , Ferruccio de Bortoli, ha ammesso che sul tema «siamo in ritardo: non è semplice imparare linguaggi diversi e ci sono resistenze».
Ma molto si muove. Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, dopo aver rilanciato «la missione educativa del servizio pubblico» e ricordato «l'eccessiva influenza che la politica ha esercitato in passato», ha indicato nei giovani una frontiera da conquistare, annunciando l'ingresso della Rai nell'Osservatorio permanente giovani-editori guidato da Andrea Ceccherini.
Un'adesione che si aggiunge alle 17 testate giornalistiche già presenti e che darà nuova benzina ai tanti progetti, a partire dal «Quotidiano in classe», che consentono di offrire a milioni di giovani gli strumenti per un approccio consapevole e autonomo all'informazione. Nessun de profundis per i giornali.
«Mai come ora - ha detto de Bortoli -, i quotidiani sono letti perché i contenuti vengono declinati su carta, web, iPad e altre piattaforme». E nonostante il monopolio dell'informazione non sia più dei giornalisti, incalzati da lettori sempre più presenti, «il nostro ruolo resta nella selezione delle notizie e nella capacità di andare controcorrente».
La strada è segnata, ha spiegato Matteo Montan, ad della Gazzetta di Parma : «Il giornale deve seguire i cambiamenti della comunità ». E in questa indefinita rivoluzione, c'è posto anche per un signore di 200 anni fa che, parole del direttore Molossi, «rese elegante la Gazzetta di Parma ». Era Bodoni. Era il 4 agosto 1772.
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