FLASH – LA DISPERATA CACCIA AI VOTI PER ELEGGERE SIMONA AGNES ALLA PRESIDENZA RAI FA UN’ALTRA…
1. CASO RAI E ANZALDI. STOP (A METÀ) DEL PD
Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera”
Non tutto è come sembra, specialmente se parliamo di Rai. Certo, i due capigruppo del Pd a Camera e Senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, si sono affrettati a riparare all'«avvelenata» di Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza contro le massime cariche di Viale Mazzini («Purtroppo dobbiamo ammetterlo, su Antonio Campo Dall' Orto e Monica Maggioni ci siamo sbagliati, sono muti nel loro silenzio, altezzoso e arrogante»), dichiarando che «rinnoviamo la nostra fiducia nei vertici dell' azienda, che stanno gestendo la più grande impresa culturale del Paese, una sfida che non si improvvisa né si risolve in pochi mesi».
Una presa di distanza necessaria, considerato che ieri, di buon mattino, l' ad della Rai, letta l' intervista sul Corriere, più perplesso che arrabbiato, ha chiesto lumi dalle parti di Palazzo Chigi. Stiamo facendo un gran lavoro, perché ci trattate così?, il senso. Ed è stato rassicurato. Del resto pare che Renzi e Campo Dall' Orto si incontrino una volta a settimana, da soli, di solito il venerdì.
Anche Miguel Gotor, sinistra dem, si è smarcato dal fustigatore: «Le epurazioni e la volontà di controllo appartenevano allo stile Berlusconi e vorrei che così restasse». Già più soft il vicesegretario pd Lorenzo Guerini: «Un politico prende voti, non li dà. Si sono insediati da pochi mesi, diamogli tempo».
Però Anzaldi ancora una volta non è stato smentito. Anzi può rincarare: «Non mi ha chiamato nessuno per rimproverarmi, in Aula i colleghi mi facevano la "ola": An-zal-di- An-zal-di. Rosati e Zanda hanno rinnovato la fiducia ai vertici della Rai? Pure io dico che ormai devono restare, perché non saremmo in grado di rieleggerne altri, già è stato un miracolo. Certo, se continuano a trattare i consiglieri come pezze, rischiano di vedersi bocciare tutto. Non devo forse dire che al Processo del Lunedì si è data un' ora e mezza al Cinquestelle Di Battista, senza uno straccio di contraddittorio? Andrebbe cacciato il direttore di Raisport».
Al netto dei toni sopra le righe, pare che una qualche insoddisfazione per l' operato dell' ad Rai ci sia, se non nel leader del Pd, almeno tra i renziani più attivi nel settore. Impazienza per i tempi lunghi: piano industriale ancora no, nomine a rilento, troppe assunzioni esterne. E poi, volendo, Anzaldi potrebbe essere tolto dalla Vigilanza. Invece resta. «E torna utile come mazzuolo», osserva un alto dirigente di Viale Mazzini. Metodo già sperimentato con il direttore dell' Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, pungolato dal viceministro Zanetti.
L' arguto consigliere Carlo Freccero nota tutto: «Anzaldi sente il malumore di Renzi, il mood di un potere che non vede cambiamenti radicali nell' organigramma e ravvisa lentezza sia sul prodotto che sulle nomine, con elezioni e referendum in arrivo». Per questo Anzaldi è «ossessionato dai tg, è l' Equitalia dell' informazione.
Mi dice che faccio suggestioni, lui solo censure». Ha una premonizione: «Non vorrei ci fosse un cambio veloce, come alle Ferrovie». Oggi altra puntata: Campo Dall' Orto e Carlo Verdelli sono attesi in Vigilanza .
2. VIALE MAZZINI È TELEMATTEO: IL PREMIER OCCUPA I TG COL 33%
Paolo Bracalini per “il Giornale”
Sarà un caso, ma coi nuovi vertici renziani della Rai l' esposizione di Matteo Renzi nell' informazione della tv pubblica è schizzata a livelli record, mai sfiorati da nessun presidente del Consiglio da quando l' Agcom monitora le presenze politiche in Rai. Per dire, nell' apice dell' infatuazione per Mario Monti, cioè a metà 2012, con la Rai genuflessa al verbo bocconiano, Monti è arrivato ad un 22% di tempo di parola, percentuale altissima, in sostanza una volta su quattro il soggetto politico-istituzionale a parlare direttamente in video era lui.
Ancor più di Berlusconi premier tra il 2008 e il 2009, nel picco della popolarità, quando la stampa libera promuoveva appelli contro «l' occupazione berlusconiana» della Rai. Ebbene, nel 2008-2009 Berlusconi arrivò, al massimo, ad un intollerabile 17% di tempo di parola in Rai: praticamente una dittatura.
duello berlusconi prodi raiuno
E Renzi? Prendiamo ad esempio dicembre 2015, l' ultimo mese monitorato dall' Authority nelle sue tabelle sul «Pluralismo politico sociale in televisione». Il numero che compare nella colonna riassuntiva per il tempo a disposizione del premier Renzi è 33,75% (pari a 11 ore e 13 minuti totali). «Percentuali bulgare» avrebbero detto i guardiani della democrazia, se il premier fosse stato un altro.
Più che Rai, TeleRenzi.
Il premier in effetti surclassa ogni altro soggetto monitorato dall' Agcom. Tutto il governo sta dietro con il 19,57%, non parliamo del presidente della Repubblica (e pure dicembre è il mese del discorso di fine anno a reti unificate) che non raggiunge nemmeno l' 8%, quattro volte meno di Renzi. Per trovare un' altra percentuale di un certo livello, a doppia cifra, bisogna andare nel gruppo dei «soggetti politici», cioè dei partiti.
MARIO MONTI A PORTA A PORTA E DIETRO LIMMAGINE DI SILVIO BERLUSCONI
Ma a ben vedere non si va molto lontano da Renzi, visto che l' unico soggetto politico che sfiora l' 11% è il Pd (più di Fi e Lega messi insieme), il partito di cui è segretario lo stesso Renzi. Notare che se Renzi parla come segretario Pd, il tempo viene conteggiato come «soggetto politico Pd», e non come «presidente del Consiglio», quindi è plausibile che il tempo effettivo occupato da Matteo Renzi in Rai superi il 33,7%.
Livelli cui Renzi si è avvicinato (senza raggiungerli) solo durante la campagna elettorale per le Europee 2014, quando aumenta l' esposizione televisiva dei leader. Ma mentre allora la sua popolarità era molto alta (il famoso 40% delle Europee), negli ultimi mesi è scesa. La percentuale di tempo che la Rai (renziana) gli offre nei tg, al contrario, aumenta. La testata più affamata di dichiarazioni del premier, con il 37,5% dei minuti, è RaiNews24, da cui proviene la nuova presidente di Viale Mazzini Monica Maggioni.
Per quanto riguarda invece le tre reti Rai (extra-tg), i numeri danno pienamente ragione al battagliero Michele Anzaldi: la Raitre guidata da giornalisti e direttori lottizzati dal Pd non renziano (quota Enrico Letta, o vecchia ditta) fa parlare pochissimo Renzi, solo l' 1,9%, mentre il Pd - referente politico di vertici e conduttori di RaiTre - è onnipresente al 33,3%. La Bulgaria ci fa un baffo.
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