RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Mario Luzzatto Fegiz per il “Corriere della Sera”
Dori Ghezzi vedova De André. «Meravigliosa partenza. No. Vedova, oppure vedovo, non si addice a nessuno. Ha qualcosa di aggressivo...».
Essere la moglie di un grande prematuramente scomparso è un lavoro a tempo pieno...
«Direi che il tempo non basta. Grazie al cielo siamo davvero in tanti a collaborare. Come racconto nel libro "Lui Io Noi", scritto con Francesca Serafini e Giordano Meacci, quel "Noi" rappresenta ogni tassello che arricchisce costantemente il Mosaico Faber».
Dori Ghezzi nasce a Lentate sul Seveso il 30 marzo 1946. Il padre Carlo è operaio specializzato, la madre Vittoria Nichetti, è miniatrice, ovvero ritocca ingrandimenti fotografici.
«Mamma è stata una antesignana del Photoshop!».
La musica quando arriva?
«A 18 anni mi trovo a lavorare per una piccola etichetta discografica».
Chi scopre le sue doti musicali?
«Mio zio Piero, fratello di mia madre che amava suonare la chitarra. Era il 1966. Piero mi iscrive a mia insaputa a un concorso per giovani artisti. Io partecipo solo per non deluderlo e lo vinco. Padrino della serata era Johnny Dorelli artista e persona davvero speciale. Zio Piero aveva deciso per me e stava cambiando il corso della mia vita. Trovai molte porte aperte: un autore-produttore come Alberto Testa che mi fece scrivere "Professione: Artista" sulla carta di identità. Il brano d' esordio aveva un titolo molto significativo "Pagina uno". Ma a lanciarmi presso il grande pubblico fu "Casatschok" scritto dal giornalista Danilo Ciotti e dal dj Manlio Guardabassi, su musica di Boris Rubashkin. In realtà il debutto avvenne con una canzone di Francis Lai "Vivere per vivere" scritta per il famoso film di Lelouch arrivato al secondo posto nel '67 al Festival delle rose di Roma».
L' ascesa è rapida. Senza intoppi?
«Sì. Fondamentali gli incontri. Grazie all' editrice Christine Leroux faccio amicizia con un giovanissimo enigmatico Lucio Battisti che ancora non cantava limitandosi a regalare perle ad altri artisti. Alberto Testa mi presenta una spericolata teenager, alta un metro e ottanta, Fiorella Mannoia, che faceva la cascatrice controfigura nelle scene pericolose. Era una stuntwoman. Ricordo una ragazza tutta sola seduta al pianoforte a cantare. Si presentò come Mimì Berté. L' abbiamo poi tutti amata come Mia Martini. Così è stato per Loredana e Renato Zero».
E poi arriva Wess.
«Alla Durium in via Manzoni, incontro il cantante Wess (scomparso purtroppo qualche anno fa). Cerca una voce femminile per la cover italiana "United We stand", dei "Brotherhood of Man". Il duetto nel brano "Voglio stare con te" funziona subito. Ci definiscono la coppia "caffelatte". Il contrasto fra una timbrica blues e una voce cristallina, conquista. Il mio ruolo sembrava facile, in realtà non lo era. Si cantava prevalentemente in tonalità maschile e mi dovevo arrampicare sugli specchi».
A Sanremo '73 con «Tu nella mia vita» arrivano al sesto posto, ma scalano il primo nella vendita dei dischi. Nel '75 vincono Canzonissima con «Un corpo e un' anima» composta da un giovane Umberto Tozzi. Nello stesso anno, a Stoccolma, rappresentano l' Italia all' Eurovision Song Contest col brano «Era» di Andrea Lo Vecchio (mancato qualche giorno fa) e Shel Shapiro e raggiungono il terzo posto. Nel '77 Sanremo, secondo posto con «Come stai, con chi sei».
Dal professionale al sentimentale. Com' erano i suoi rapporti con gli uomini prima del grande amore?
«Sembrerà strano, ma ho sempre avuto una grande considerazione del sesso, come un bene da salvaguardare. A 21 anni scelsi con cura un uomo che mi piaceva particolarmente. Giocai a carte scoperte. Funzionò benissimo».
Occasioni mancate? Rimpianti?
«Più di una. Nei primi mesi del '75 mentre "Un corpo e un' anima" cantata con Wess imperversava, si trasferì a Roma il set del film Mahogany, prodotto e diretto da Berry Gordy fondatore della Tamla Motown. Non passò inosservata a Gordy la strana coppia "caffelatte". Ci ritrovammo sul set del film e pochi giorni dopo Gordy ci propose un contratto che ci avrebbe legato per cinque anni alla Tamla Motown. Sarei stata la prima e forse unica artista non di colore della casa di Detroit. Ma non se ne fece nulla... Wess negli negli Usa era considerato un disertore (sarebbe finito in Vietnam) o forse in Italia non ci volevano perdere».
Il primo incontro con Fabrizio De André?
«Risale a un premio nell' estate del '69 a Genova chiamato "Caravella d' Oro". Lui veniva premiato per l' album "Tutti morimmo a stento", io per il "Casatschok". Nel marzo 1974, il destino si stanca di aspettare. Decide di farci rincontrare negli studi di registrazione della Ricordi di via Barletta. Ci ritroviamo nel bar interno dove ero in compagnia di Cristiano Malgioglio che, conoscendo Fabrizio, me lo presenta. Questa volta non c' è tempo da perdere.
Mi invita nel suo studio per farmi ascoltare "Valzer per un amore", che conteneva un messaggio preciso: cogli l' attimo... Ci scambiamo i numeri di telefono. E il giorno dopo lui chiama. Quando sento la sua voce al telefono, il suo tono naturale e confidenziale, ho la sensazione di conoscerla da sempre, quasi provenisse da una comune vita passata e mi convinco che tra noi sta nascendo una "amicizia fondamentale". Non avevo trovato altro modo di definire quel che stava succedendo fra noi, considerato che lui era irrimediabilmente sposato e io convinta di vivere una bella storia d' amore con la persona a cui ero molto legata in quel periodo».
Come va a finire?
«Che alla fine della telefonata lui si offre di accompagnarmi al Teatro San Babila dove Wess ed io eravamo ospiti di Teddy Reno e Rita Pavone in uno speciale talk show. Qualche giorno dopo è il mio compleanno e capisco che avrebbe gradito partecipare alla cena che il mio compagno aveva organizzato. C' erano anche Mina e Ornella Vanoni che si erano accorte delle attenzioni di Fabrizio nei miei confronti. E cominciarono a punzecchiarlo chiedendogli per chi delle due avrebbe scritto una canzone. Fabrizio, rispose: "Se proprio dovessi scrivere per qualcun altro lo farei per Dori". Strike.
Messaggio arrivato a tutti i presenti».
Nel recente film su Fabrizio «Principe Libero» di cui lei hai avuto la supervisione la figura della prima moglie di Fabrizio Enrica Rignon detta Puni ha un profilo lusinghiero...
«Puni soffriva. Anche se il loro rapporto era logorato da tempo. Con Puni siamo diventate amiche. Veniva a Milano per problemi cardiaci. Ricordo il suo sorriso e la gioia quando la raggiunsi in clinica con le cotolette alla milanese che lei adorava».
I rapporti con Cristiano e Luvi ?
«Con Cristiano buoni anche se, purtroppo, discontinui. Credo mi consideri un punto fermo per lui, ed io sono ben disposta a sostenerlo, quando me lo permette. Luvi è una brava cantante, purtroppo assente. Del resto a qualcuno somiglierà. Ha 43 anni ed è una brava mamma felicemente legata al suo compagno Robin. Nel 2014 è nato Demetrio. In omaggio al cantante degli Area».
Fabrizio aveva momenti difficili?
«Chi non ne ha? Più di una volta abbiamo interrotto il nostro rapporto, a volte anche a lungo, per ragioni che neppure ricordo. In ogni caso nessun motivo che implicava la nostra libertà».
In prospettiva storica cosa può dire del rapimento del 1979?
«Una grande esperienza di vita. Ci ha aiutati la nostra intesa profonda. In ogni esperienza c' è un lato positivo. E noi lo sapevamo cogliere. A volte il dramma si tingeva di ironia. Uno dei nostri "custodi" confidò a Fabrizio che, sì, apprezzava le sue canzoni ma preferiva Guccini. La risposta non si fece attendere: "Belin, perché non avete sequestrato lui?"».
Un sogno mai realizzato?
de andrè dori ghezzi rapimento
«Col senno di poi penso che sarebbe stato bello un disco di Fabrizio con Lucio Battisti.
Uno pensa che ci sarà ancora tempo per fare le cose. E invece Fabrizio e Lucio se ne sono andati troppo presto, a distanza di solo tre mesi.
Devo ringraziare Lucio Dalla e Francesco De Gregori per la loro solidale e generosa disponibilità nel '81 al palasport di Bologna in una serata benefica. Quando incominciai a intonare "Mama DoDori" a sorpresa mi ritrovai sul palco un supercoro: gli Stadio prestati da Dalla, Fabrizio, Dalla, De Gregori, Massimo Bubola, Cristiano alla chitarra. Loredana Berté che sale in corsa, e alla fine un giovanissimo Vasco deluso perché non avvertito. Come posso non amarlo questo mondo della musica?»
Dylan nel tour italiano con Santana aveva chiesto al manager David Zard che De André suonasse con lui.
«Fabrizio rifiutò perché non si sentiva pronto. La nostra adorata amica Fernanda Pivano, conoscendo entrambi i soggetti, una sera, sorniona, gli disse: "Dimmi la verità Fabrizio, non volevi che Dori incontrasse Dylan?"».
Dori Ghezzi e Fabrizio De Andre
La musica oggi?
«Ascolto le classifiche e, a volte, non riesco a distinguere un brano dall' altro. Mi colpisce poi la dilagante misoginia che trasuda dai testi. Ora non riesco a capire se le giovani donne se ne stanno rendendo conto e subiscono, o si identificano. Bisognerebbe parlarne. Mi piace Salmo, senza riserve. E il messaggio che manda Ghali. Trovo molto interessante Achille Lauro. Tra le donne Madame ha le carte in regola per conquistarci».
DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDREWess e Dori Ghezzi DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE SALMODORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE zziFEGIZ DORI GHEZZIIl matrimonio di Dori Ghezzi e Fabrizio De AndreDORI GHEZZI E DAGO DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE
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