DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
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Depressione, droga, razzismo, partite truccate. La faccia sporca del calcio di Sua Maestà compare nell'autoritratto spietato dipinto dai protagonisti. Cento calciatori che militano in Inghilterra e Scozia, interpellati dal magazine FourFourTwo dietro garanzia dell'anonimato, hanno svelato vizi (tanti) e virtù (poche) del football d'Oltremanica.
Per due mesi, i giornalisti del mensile hanno sottoposto a un campione eterogeneo di atleti - 11 di Premier League, 29 di Championship, 18 di League One, 31 di League Two e 11 di Scottish Premier League - 27 domande su temi scottanti, ricavandone un quadro fosco, pubblicato ora sul numero di febbraio in edicola.
La depressione, innanzitutto. Per il 78% degli interpellati «è un problema diffuso fra i calciatori». «C'è bisogno di maggiore educazione, di più informazioni sulle persone cui chiedere aiuto, molti giocatori si rifugiano nella droga o nell'alcool», raccontano gli intervistati. Ma la cocaina in realtà , secondo metà di loro, riempie spesso i momenti di svago, soprattutto d'estate, quando i controlli antidoping si allentano. E, inoltre, non è considerata dannosa per le prestazioni.
«Ho visto una trasferta di fine stagione in cui il presidente ha comprato droga per tutti », racconta un difensore del campionato scozzese. Più difficile ammettere l'esistenza e la portata del doping (solo il 13%). Ma cade il velo sulle partite truccate: il 14% rivela di essere stato a conoscenza di risultati combinati o di scommesse contro il club. E se poi un calciatore gay facesse coming out? Per il 25% degli intervistati verrebbe emarginato.
A sgonfiare il pallone inglese resta pure la spina del razzismo. Un calciatore su quattro è stato testimone di un episodio di intolleranza in campo. L'offesa, raccontano i protagonisti, spesso serve a intimidire l'avversario. Allo stesso tempo, i calciatori manifestano la propria insofferenza all'invasione dall'estero: per il 43%, in Inghilterra giocano troppi stranieri.
Trionfa la sincerità , poi, nelle questioni contrattuali e nel rapporto con la società d'appartenenza. Il concetto di bandiera viene cassato definitivamente: per il 54% la fedeltà al club è un concetto obsoleto o mai esistito, ma per il 51% è più importante militare nella squadra che ti paga piuttosto che in nazionale. Poi, però, a uno su quattro non interessa perdere, se lui ha giocato bene.
La maggioranza (62%) ammette che il mercato ha raggiunto cifre fuori controllo per le cessioni dei giocatori, ma solo per uno su cinque gli stipendi sono sproporzionati. E il 20% ammette anche di aver sfruttato i media per lucrare un aumento. Tre su quattro sono favorevoli alla tecnologia per aiutare gli arbitri. E il 70% è contrario al divieto di usare Twitter. Nei momenti di svago, lasciate loro almeno il diritto di cinguettare.
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