DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Barbara Costa per Dagospia
Simon Le Bon è… Charlie Il Lardo. Così i suoi cari Duran Duran alle spalle lo sfottevano, e per la sua pancetta e per i bottoni dei pantaloni che faceva saltare restando col sedere e pisello all’aria. Davanti a tutti, anche ai giornalisti, e una volta pure su un palco in concerto. E questo perché il front man dei Duran Duran non portava le mutande, e come non si sia lessato i gioielli di famiglia calzando pantaloni di pelle a ode e imitazione del suo mito, Jim Morrison, è l’unico dietro le quinte che Stephen Davis non svela nel suo "Please Please Tell Me Now. La Storia dei Duran Duran" (Il Castello ed., dal 9 novembre).
Biografia che squarcia il pop decennio '80, di cui i Duran Duran sono stati capofila incendiari. Ci leggi i retroscena inediti, ben taciuti ai media quando i Duran erano all’apice, e per oculato controllo di manager e di produttori lupi: perché niente doveva scalfire l’immagine della prima band non costruita a tavolino ma mirante esclusivamente al business!
I 50/60enni prefiche preoccupate per l’andazzo degli adolescenti odierni, si guardino dentro e indietro: cosa facevano, adolescenti, loro, negli anni '80? Non erano essi stessi redarguiti da genitori spaventati dalla Duran-mania? Se avessero saputo cosa i Duran nascondevano sotto la maschera di bravi figlioli… e che celavano dietro tonnellate di fondotinta, ombretto, e fard? Cocaina cocaina cocaina. E ecstasy.
E alcool a litri, super litri. Quando in Italia si smaniava per questi 5 bellocci inglesi e non si contavano le Clizia ingorde di sposare Simon Le Bon, i Duran macinavano milioni di dischi, e tour sold out mondiali, erano onnipresenti dappertutto, ma spenti i riflettori… risse, suite per noia distrutte (con o senza Elton John), lordate di sangue, e shampoo nelle fontane d’hotel, e dagli hotel non cacciati grazie alle mazzette, e auto sfasciate, e attacchi di panico, e vino e droga a strafottere (pure in concerto, sniffata sugli ampli), e f*ttere f*ttere f*ttere, con chiunque a loro piacesse e ci stesse, conigliette di Playboy incluse: “A noi bastava dirigersi verso la prescelta ed esclamare: ciao baby!”. Ventate di abbandoni dionisiaci, per parate di ego immensi. E con top model sposate e a casa – incinte – ad aspettarli. State attenti a quello che desiderate: il lato negativo della fama? “Puoi scoreggiare, ma non puoi più grattarti il c*lo in pubblico in santa pace!”.
duran duran john taylor simon le bon 1985
I Duran erano marchi griffati ambulanti, ultravezzeggiati, vestiti Antony Price, e lacca come non ci fosse un domani su tinture accese e un trucco curato e calcato il doppio delle loro donne. E i Duran non erano gay. E neppure bisex. Eterosessualissimi. Ne sa qualcosa Andy Warhol, il quale folle si innamora senza speranze di Nick, il tastierista dei Duran. Warhol che, tutte le volte Nick fa tappa a New York lo tampina, ci prova, ma niente. Ed ecco i feticismi del bassista John Taylor: “La mia donna ideale deve sapermi legare, frustare, e farmi dei panini al bacon buonissimi!”.
Scrive Davis che l’80 per cento dei fan dei Duran era femminile. Sai che scoperta!!! E però i Duran si impermalivano se la stampa li targava boy-band, video-band, vocalist modaioli. Ma, di grazia, che altro sono stati? Bravi musicisti ma non fenomenali, titanici buca-schermo per da lì titillare clitoridi acerbi.
La fregatura più grande dei Duran son state proprio le ragazzine: ehi, mai fidarsi di fan giovanissime! Sono volubili, crescono a vista d’occhio, e li rinnegano quando i Duran si accasano e poi divorziano, stritolati dallo star system… Case pignorate, carte di credito rimbalzate, montagne di denaro sniffate in coca che li riduce a zombie. Se il batterista Roger è il primo a piantarli per vivere in campagna e lì curarsi l’esaurimento nervoso, i Duran rimasti in 4, poi 3, non lo negano: per più periodi hanno suonato per pagare le bollette. Lontani da stadi e gran teatri, ma in piccoli locali, coi media che li dimenticano per il metal, il grunge, il brit pop. I media che non li cercano più perché impegnati ad esaltare boy-band rispetto ai Duran… più giovani. E, come i Duran, con un pubblico urlante e adorante, all’80 per cento composto da ragazzine…
Da primi in classifica in UK e in USA, un boss discografico disse ai Duran di mettersi i soldi da parte e il cuore in pace: sarebbero durati altri due dischi, altri due anni, poi scaricati. Disse loro la sola verità possibile: nel music business non si dura. Non si può durare. È costruito per spremerti. Apposta. Dalla vetta e la più alta si scende. È inevitabile. I Rolling Stones? Sono l’eccezione. E poi, dai, i Duran non sono mai stati gli Stones!
Troppo infantili. Nessuno è né è mai stato né sarà mai gli Stones e men che mai per continuità, e presa, decennio dopo decennio. I Duran hanno avuto la loro Rio. Wild boys. È stata una figata. Finché è durata. Ma quanto tempo è che suonano di rendita, alle vane calcagna di ogni novità? L’ultima hit l’hanno centrata, dopo anni di buio, nel 2005, con "Sunrise". A 25 anni dal loro trionfo. Spropositato. Ma meglio non farglielo notare. Si bisbiglia che il chitarrista Warren Cuccurullo sia tuttora offeso per essere stato appiedato e avere dovuto restituire il posto a Andy.
E che Andy sia eternamente risentito di quella volta, in Sri Lanka, dove stavano girando dei video, e lui cadde in una melma di piscio e m*rda di elefante, beccandosi martirizzanti virus intestinali. E non vi azzardate a rammentare a John Taylor che lui portava i capelli viola: “Erano borgogna, e con riflessi magenta, str*nzi!!!”. Ma come si fa a non notarlo? Lo stesso John Taylor che, da Duran milionario, viveva con mammà, e l’ha lasciata solamente per non farsi scoprire con le piattole!!! Mammà lo avrebbe sgridato. Al Duran bamboccione e sozzo latin lover, mammà controllava ancora le mutande?!?!?!
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