DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Vittorio Zucconi per "la Repubblica"
Per lo psicoanalista è il ritorno «all'infanzia assoluta », il tempo senza pudore. John Kerry come Paris Hilton, DiCaprio come Obama, tu, io, inconsciamente torniamo bambini nel regno magico di Twitter e chi resiste è un vecchio che si vergogna di essere stato fanciullo. Ci si abbandona ai 140 caratteri come al ruttino dopo la poppata.
Come la battuta crudele sul compagno di classe obeso, che offre il piacere terribile del potere, quando la classe vile ride e applaude, senza farci sentire in colpa. Non è un caso che se si guarda - lo dice una ricerca della società di analisi "semantica" Expert System - ai temi cinguettati dalle star di Twitter ci si accorge che raramente si va oltre la banalità quotidiana: famiglia e figli, vacanze, gossip e vestiti.
Anni di educazione e di istruzione, di faticoso addestramento del Superego per apprendere il controllo di sé, per capire che l'offesa al vicino di lavoro non è un'attestazione di estro ma soltanto prepotenza vigliacca da branco, crollano. L'"Id", il fondo disordinato, vitale, oscuro e prepotente della nostra personalità riaffiora e riprende il trono che l'età gli aveva sottratto.
Nel cocktail di Ego, Superego e Id è ovvio che si tuffino celebrità , luminari della politica, scrittori, giornalisti, ma anche anonimi, colti e incolti, che non resistono a specchiarsi nella propria vanità e a cercarne il rinforzo nel contatore dei seguaci. Twitter, come i suoi fratelli e sorelle nella famiglia dei social network, ha generato una nuova dipendenza potente come una sostanza psicotropa, come uno stupefacente dal quale è difficilissimo disintossicarsi. à nato anche l'inevitabile neologismo per chi non resiste al bisogno di sparacchiare i propri 140 caratteri, o l'autoscatto, l'orrido selfie: sono gli oppinionate, quelli che fumano l'oppio delle proprie opinioni.
Tra i 243 milioni di utilizzatori attivi di Twitter, gli oppinionisti sguazzano cercando la certificazione nel numero dei seguaci o almeno nel brivido di sentirsi parte di un immenso popolo, anche se per un solo, effimero cinguettio, o attraverso l'insistenza compulsiva nel contraddire il proprio vero o immaginario avversario. Una forma di shadow boxing, di pugilato all'aria dove i colpi non raggiungono mai il bersaglio, ma creano il piacere di «avergliela detta chiara a quello str... «, perché la parolaccia è un sottoprodotto necessario per la soddisfazione dell'Id.
Ma se il numero di followers, spesso inflazionato da bot, da finti seguaci generati e comperati a tonnellate da agit prop politici o dagli uffici stampa, è la risata della classe alle elementari o in caserma, anche twittaroli con poche, o punte, schiere di lettori producono opinioni e note che nessuno leggerà , ma rispondono al ruggito della vanità impotente, a volte lasciandosi adorare senza rispondere, come un dio imbronciato.
Beyoncé, che ha un account twitter da tre anni, si è concessa soltanto otto volte ai propri adoratori. Cristiano Ronaldo, il super campione del Real Madrid, dopo anni di sdegnoso silenzio finalmente finge di colloquiare con i 25 milioni di devoti, magari per fare pubblicità a uno dei suoi sponsor. O scrivendo nell'improbabile e perfetto inglese di qualche pubblicista di servizio.
Nella vertigine del contatore dei followers, la cantante e attrice Katy Perry riesce a mettere il naso davanti all'insopportabile a seguitissimo Justin Bieber con 51 milioni contro 50 di devoti, ma entrambi staccano Obama fermo a 42 milioni e neppure vedono il povero Papa Francesco, umilmente fermo a neppure quattro milioni.
Ma per chi non può aspirare alla sbornia del seguito, Twitter offre il piacere surrogato della partecipazione al corteo, secondo l'apologo del coniglietto che seguiva eccitato il branco degli elefanti per andare ad abbattere la foresta e consente, più di ogni altra sensazione, lo sfogo dei rancori fegatosi e delle acidità gastriche.
La gioia della impulsività senza apparenti conseguenze, il gusto di cedere al capriccio senza pagare scotto e poi contemplare sullo schermo di uno smartphone il proprio prodotto istantaneamente è il vero oppio. Indulgervi può avere effetti tossici importanti, come fu per un importante consulente elettorale inglese, Mark Textor, che insolentì il presidente delle Filippine in un tweet e si vide la carriera rovinata, ma questo vale soltanto per i vip. Innumerevoli sono i tentativi di cancellare ruttini sfuggiti in un momento di agitazione, o nell'esaltazione di una battuta, dimenticando che un post su Facebook, un pigolio di Twitter subiscono il famoso effetto della campana: il suono di un rintocco non potrà mai più essere richiamato indietro.
Ma l'Id non conosce rimorsi, appunto perché è il fondale selvaggio della nostra anima, avverte lo psicoanalista Jory Goodman in uno studio della pulsione da Twitter su Psychology Today, e non importa neppure ricordare che le opinioni sono come il naso: tutti ne abbiamo uno, ma non è detto che interessi agli altri.
L'importante è partecipare, nella Olimpiade del chiacchiericcio, e se i despoti, gli aspiranti sultani, i fanatici, i comitati centrali vogliono impedirlo, questa è la controprova che anche io esisto, che anche io, come il coniglietto nella foresta, posso contribuire ad abbattere gli alberi. Mi censurano dunque esisto e faccio paura. Passa la pipa dell'oppio, fratel uccellino anche a me @vittoriozucconi.
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