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ASCESA E CADUTA DI EMILIO FEDE, IL "FIDO" GIORNALISTA A SERVIZIO DI BERLUSCONI – IL RITRATTONE BY FRANCESCO MERLO: “DA PICCOLO, IN SICILIA, SI OFFRIVA PER DUE SOLDI AI FUNERALI PER BATTERSI IL PETTO DIETRO AL MORTO DI TURNO” -"SCIUPONE L'AFRICANO" PER LE NOTE SPESE INCONTROLLABILI DA INVIATO, LA PASSIONE PER IL GIOCO D’AZZARDO, LE BR CHE VOLEVANO UCCIDERLO, LA TELE-DEVOZIONE PER IL CAV (“NON L'AVEVO MAI CHIAMATO SILVIO NEPPURE QUANDO LO SOGNAVO”) – L'INNAMORAMENTO A 18 ANNI PER AUDREY HEPBURN, IL CORTEGGIAMENTO DELLA FIGLIA DI LITTLE TONY DAVANTI AL PADRE, LE CORNA MESSE A ENZA SAMPÒ. E A TAORMINA VIDE SFILARE RUBY MINORENNE E LA SELEZIONÒ PER IL BUNGA BUNGA: "MI COLPÌ QUANDO DISSE CHE VOLEVA FARE IL CARABINIERE" – GLI ULTIMI ANNI DA CONDANNATO, LE LITI SELVAGGE CON I VECCHI COMPARI, IL RICOVERO IN RSA, I BOTULINI, I BISTURI, I TRAPIANTI DI CAPELLI, LE DEVASTAZIONI ACCOMPAGNATE DALLE SOLITE SPARATE: "LO GIURO: NON MI SONO MAI RIFATTO..."

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Articolo di Francesco Merlo per “la Repubblica” - Estratti

 

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Sarà per sempre "Emilio Fido" e i più penseranno che si tratti di un personaggio di fantasia, un tipo uscito dalla letteratura, "il fido giornalista a servizio di Berlusconi" che riassume tutti i fidi giornalisti a servizio che ci sono nel mondo, come Pinocchio riassume tutti i bambini.

 

E presto nessuno ricorderà quel corpaccione finale, deformato dagli eccessi della chirurgia plastica, che ieri, a 94 anni, ha liberato il soprannome Fido dal nome Fede, ha staccato il simbolo dalla zavorra della realtà ed è morto.

 

E però adesso che è morto, per una volta, forse la prima e certamente l'ultima, varrebbe la pena raccontare, non il Fido ma il Fede; la vita balzacchiana, mezza vera e mezza falsa, del siciliano di talento che voleva a tutti i costi farcela, da quando, bambino, sulla montagne di san Piero Patti, che allora si chiamava Petra perché è un paese di granito rosso , si offriva per due soldi ai funerali per battersi il petto dietro al morto di turno, salmodiando nenie di lamenti e non di parole.

 

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La Sicilia di montagna è chiusa, aspra, di cattivo carattere, ma tenace e spericolata. A due passi, nella stessa provincia di Messina, c'era Taormina, alla quale Emilio ha voluto per tutta la vita somigliare: "misteriosa, caotica, incandescente", era la città della lussuria, sesso e gioco d'azzardo, con il suo festival del cinema e le sue bische clandestine.

 

Solo dal 1963 al 1965 Taormina avrebbe poi aperto il suo casino legale, due anni di leggenda per chi, come il giovane Emilio, aveva già il mito del giocatore vizioso e peccatore.

 

E fu ancora nella sua Taormina che molti anni dopo l'ormai Fido vide sfilare Ruby minorenne e la selezionò per il bunga bunga: "Mi colpì quando disse che voleva fare il carabiniere" raccontò poi con una di quelle sparate che hanno reso famosa la più consapevole faccia di bronzo d'Italia, esagerato sino all'autocaricatura divertita: "Che figura di merda" si intitola la sua autobiografia.

 

E Berlusconi fu e sempre solo LUI: "non l'avevo mai chiamato Silvio neppure quando lo sognavo. E continuo a sognarlo sempre, ancora di più da quando è morto".

 

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Figlio di un carabiniere tutto d'un pezzo, come quelli che poi l'arresteranno, Emilio ricordava della madre che" prima di morire in clinica tirò fuori un fazzolettone di seta per presentarsi all'Onnipotente con la faccia coperta". Vero? Falso? (...)

 

Eppure cambiarsi i connotati in Sicilia è il massimo della punizione, inflitta dall'Inquisizione all'eretico e dalla mafia al traditore: "mamma aveva il nasone come il mio e non voleva sfigurare davanti a Dio".

 

Per Emilio, cambiarsi i connotati diventerà una dipendenza da mutante berlusconiano: lampade abbronzanti, botulini, bisturi, trapianti di capelli, lifting, devastazioni accompagnate dalle solite sparate: "lo giuro: io non mi sono mai rifatto".

 

Gioco d'azzardo e giornalismo si somigliano, come ha spiegato Eugenio Scalfari. Fede però li affrontava sempre trafelato, anche perché il denaro del secondo non può mai bastare al primo. 

 

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(...) Diventò così corrispondente da Ostia, che è Roma fuori Roma, ancora una città in lotta con l'identità, di nuovo con la furia dei marginali che devono farsi accettare.Scrivere per mille giornali e giocare su mille tavoli: doppia identità, scambi di persona, notizie e amanti nascoste sotto le lenzuola. Ma nel mito di Taormina ci sono pure soldi, soldi, tanti soldi, di cui però si liberava subito cambiandoli in fiches.

 

L'apoteosi della vanità è datata 3 gennaio 1998: già direttore del Tg4, ottiene sulla prima di Repubblica il seguente titolo: "Fede sbanca Montecarlo". Racconterà di essersi seduto al tavolo di Chemin con un industriale rumeno come socio: "ho vinto un miliardo di lire". E ancora: "Da Praga, dove era in vacanza, si congratulò con me anche Massimo D'Alema" e Prodi lo ricevette a Palazzo Chigi.

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(…)  Tra le tante e i tanti che aveva perduto in vita, Diana è la sola che è dovuta morire per perdersi. La loro è stata davvero un bellissima storia d’amore, anche perché lei era la donna-matriarca che a tutti i costi teneva in piedi la famiglia, la moglie-mamma della poesia di Martoglio: “si ‘navissi a tia, ju ‘ntra ‘stu munnu, mi sintissi persu; a tia ca si la megghiu puisia; e di la puisia lu megghiu versu”. Ma era la figlia del potentissimo vicepresidente della Rai Italo De Feo e dunque Emilio divenne subito "l'ammogliato speciale" e "il genero di prima necessità".

 

Partiva come inviato e in Africa, dove le note spese - il genere era "l'uomo non è di legno" - erano incontrollabili. Perciò si beccò un altro soprannome: Sciupone l'Africano. Champagne, gioco, avventure, ma anche notizie. Sicuramente Fede sapeva fare quel giornalismo di cronaca che oggi in Rai sempre in meno sanno fare.

 

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Tenace come la "petra" del suo paese, aveva imparato il mestiere e su quel mestiere aveva costruito un'epica mai completamente falsa che ogni volta gonfiava un po' di più: salva Aldo Moro dagli artigli di un leone; a Nairobi un bimbo gli muore in braccio; travestito da allevatore scopre e denuncia gli effetti cancerogeni del metiltiroaucile, ormone tiroideo usato per aumentare il peso dei buoi; sfida la radioattività nell'isola di Bikini...

 

E le strampalate Brigate rosse, che un giorno da qualche regista finalmente ironico saranno raccontate come tragicomiche, lo chiamavano "pennivendolo dello Stato multinazionale". E dunque la pretenziosa Colonna Walter Alasia decise di ucciderlo.

 

Ma i poliziotti spararono per primi e l'attentato fallito, come sempre, diventò la sua festa di consacrazione a uomo del destino.

 

Lo raccontava come un romanzo di Frederick Forsyth ma poi non resisteva a sé stesso e collocava nel fondoschiena il dio che lo proteggeva.E ovviamente nella sua epopea giornalistica c'è la tomba di fango di Alfredino Rampi con la prima diretta reality della tv del dolore e del populismo: l'orrore e la retorica di Vermicino.

 

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E c'è anche un innamoramento a 18 anni per Audrey Hepburn che riceve il giovanotto in sottoveste: intervista, cena, lei si intenerisce, lui si commuove. Dove? Ma ovviamente a Taormina. "E dove se no?" diceva Emilio. E poi di nuovo in treno. Si rivedono a Roma, ristorante, fiori: "il suo segretario mi diventa complice. Tutto fila liscio; lei splendida, lei umile...". Quando lo raccontava al Rotary di Messina dalla sala lo interrompeva una voce: "Ma u fattu ci fu?". E lui: "sono un gentiluomo".

 

Corbellerie? Milioni di corbellerie sempre recitate: per intervistare Chaplin va a letto con la sua segretaria, ci prova con la figlia di Little Tony davanti al padre, seduce e tradisce Enza Sampò. E però quel Fede era piaciuto a Giorgio Bocca e piaceva a Enzo Biagi. Ed era pure ben protetto. Quando infatti si scoprì che l'allora direttore stava negli elenchi della P2. Emilio fu chiamato a sostituirlo al Tg1.

 

Fu il suo momento. Poteva davvero volare nel grande giornalismo se non ci fosse stato il gioco, l'eterno ritorno del mito di Taormina più resistente del mito di Berlusconi. Cacciato dalla Rai per gioco d'azzardo arrivò a Berlusconi come si arriva all'apocalisse, alla rivelazione, alla resurrezione di Cristo: "Mi chiedeva: 'Hai qualche problema? Hai giocato ?". Io accennavo una smorfia. E lui: "Hai perso? Quanto?". E l'indomani mattina il ragionier Spinelli, ufficiale pagatore, arrivava con le buste, le bustarelle e i malloppi.

 

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Berlusconi era una cassaforte che ogni tanto, ma sempre inaspettatamente, si apriva anche per lui: donazioni, assegni circolari, titoli. Berlusconi, come spiegò Dell'Utri al giudice che se ne meravigliava, era fatto così: gli piaceva pagare, "ma a sorpresa".

 

Ecco perché Dell'Utri poteva rispondere ai ricattatori che "Berlusconi non suda", ma aggiungere - con lo stesso gergo, quello dei sensali palermitani - che "offre la minna": porge la mammella da latte.

emilio fede con la moglie

 

E Fede lo ricambiava adorandolo in pubblico in quel Tg sfrontato che appunto lo trasformò in un tipo letterario: Berlusconi era il grande timoniere e la famiglia, da Marina a Barbara, era la sua cupola. Juventino come (quasi) tutti i siciliani, divenne milanista. Ma Fede non esibiva fedeltà, sbracava in devozione. E ogni edizione del Tg4 era un monumento. Il direttore piaceva agli italiani che, incupiti dai faziosi nascosti, dai finti obiettivi, dai falsi equidistanti, sorridevano e ammiccavano alla faziosità ostentata come un'ostia consacrata.

 

E infatti l'Italia ha dimenticato il licenziamento, i tentativi di ricettazione, la corruzione. Ha dimenticato che Fede è stato travolto nella decadenza del Berlusconi- Satyricon dove tutti facevano la cresta al padrone e intanto si truffavano l' un l' altro.

 

A Patti un suo vecchio compagno di scuola diceva che Emilio girava attorno a Berlusconi come la pallina della roulette di Taormina, senza una via d'uscita.

 

silvio berlusconi ed emilio fede

Gli ultimi anni da condannato, gli incidenti, le cadute dalle scale, le liti selvagge con i vecchi compari, la morte di Berlusconi, il ricovero in Rsa, lo smarrimento senile, ormai non contano, sono i cascami di un inabissato, le stanchezze di un sopravvissuto. Pochi sanno che aveva cercato di ritrovare la strada di casa e tornare a sé stesso. Non c'era riuscito: è morto Emilio Fido, direttore del Tg4 per l'eternità.

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