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1. LE LETTERE DI ORIANA
Alessandro Cannavò per il “Corriere della Sera”
ORIANA FALLACI LA PAURA E UN PECCATO
«Sono stata bombardata come la città di Hanoi: per nove giorni… ogni bomba una brutta notizia, una provocazione, una vendetta, un coltello nel mio cuore e nel mio cervello». Nel 1976, poco dopo i funerali di Alekos Panagulis, Oriana Fallaci scrive all' amico regista Jules Dassin, in replica a una proposta, ritenuta del tutto inopportuna, di fare un film sul suo grande amore, morto in un sospetto incidente stradale dopo essere stato l' emblema della resistenza contro la dittatura dei colonnelli greci.
Il bombardamento cui allude Oriana era dovuto all' ostilità della famiglia di Panagulis (che non aveva mai accettato la relazione anti convenzionale tra i due) manifestatasi apertamente in quei giorni dell' immenso dolore in cui Oriana confessa, tra l' altro, nelle stesse righe, di essere stata a un passo dal suicidio.
C' è in quella missiva il crocevia esistenziale della grande giornalista e scrittrice. Dove si intrecciano e si amalgamano orgoglio professionale e passione sentimentale, principi nobili, coraggiosi e fragilità dettate dalla ricerca di un conforto. Sentimenti che hanno segnato la vita di Oriana e che emergono in modo straordinario in La paura è un peccato , una raccolta di 120 lettere, quasi tutte inedite, curata dal nipote Edoardo Perazzi, in uscita per Rizzoli nel decennale della morte. Già il titolo è un manifesto dell' animo fallaciano.
ORIANA FALLACI CON ALEKOS PANAGULIS
Quella frase compare (con molti punti esclamativi) sul fronte di una cartelletta in cui lei aveva conservato alcune minute. Riporta a un' altra frase («Una ragazzina non deve piangere!») che il padre antifascista le disse (seguita da un ceffone) quando lei, staffetta partigiana quattordicenne, ebbe un momento di debolezza.
Frase che forgiò indelebilmente il suo carattere.
Eppure la giornalista con l' elmetto che seguiva in prima linea la guerra in Vietnam, la penna indignata e rabbiosa che si scagliò contro l' Islam e la debolezza dell' Occidente all' indomani dell' 11 settembre, era una donna che sapeva anche soffrire, in modo talvolta straziante, per amore. Amore dei propri uomini, della propria famiglia, della propria città.
Colpisce, per esempio, la descrizione che fa a un' amica della sua Firenze visitata nel 1966, un mese dopo la catastrofica alluvione. «...Non esiste più il lungarno, non esiste la strada, capisci, non esistono più le case. Sono rimasti solo i piani superiori... come se una mano in vena di macabri scherzi avesse portato via una ditata di torta da un piatto...».
Un racconto che ha la stessa forza immaginifica degli aerei che si infilano nelle Torri gemelle come coltelli in panetti di burro, descritti nell' incipit de La rabbia e l' orgoglio. In un' altra lettera parla del suo cagnolino York, tanto voluto e amato, che è costretta a lasciare alla mamma quando si trasferisce a New York. «Ci baciammo, piangemmo, ci facemmo promesse. Ma non appena l' aereo decollò, mi sentii così libera, così leggera... non fu difficile mettere fine alla commedia e rendermi conto che l' ultima cosa per cui ero fatta era vivere con qualcuno: uomo, bambino, cane» .
Eppure a François Pelou, il corrispondente della «France Press» a Saigon che fu l' altra sua grande love story, si rivolge con romanticismo: «Questa volta sei tu che parti... saranno inutili le mie mattine, perché non ci sarai tu... conservo nella mia bocca un tuo chewingum e lo assaporo come fosse un tuo bacio». Già in seguito all' intervista, poi pubblicata sull'«Europeo» subito dopo la scarcerazione, a Panagulis dice: «Voglio ringraziarti di esistere, di essere rimasto vivo...».
Lo avverte che «anche l' equilibrio più forte, l' intelligenza più splendida, hanno bisogno di luce, di spazio, di amore. Altrimenti appassiscono come un albero privo d' acqua... Spero che tu mi permetta di darti quell' acqua». Più avanti, preoccupata perché Alekos, così ispirato nella poesia, non si applica nella stesura della sua autobiografia (la vita di Panagulis diventerà poi nelle mani di Oriana il bestseller Un uomo ), gli spiega le dure leggi dello scrivere. «La prosa non è un urlo. La prosa è una disciplina».
Ci sono le missive intense a Pasolini che aveva odiato la sua Lettera a un bambino mai nato e quelle affettuose a Ingrid Bergman e a sua figlia Isabella. Ci sono le parole di fuoco a Kissinger con cui ebbe uno scontro quando pubblicò la sua intervista e quelle furenti a Fidel Castro che corteggiò per molti anni e che alla fine non le concesse udienza.
C' è l'appassionata corrispondenza con Pietro Nenni, tra dibattito politico e fatti privati. Franchezza con i potenti, affetto (anche quando si sente ferita) per le persone più intime. Un viaggio nell' animo della Fallaci che è anche una lezione di cura letteraria: quella prosa che ha rapito per ricchezza e passione generazioni di lettori si ritrova intatta in questi scritti personali da divorare come i suoi libri.
L' ultima lettera è indirizzata a monsignor Fisichella con cui lei, «atea cristiana», strinse un profondo rapporto negli anni finali della malattia. «Vieni più presto che puoi. Io ti aspetto come ne La Buona Terra di Pearl Buck i contadini cinesi aspettano la pioggia in agosto...». Bisognava «approfondire il discorso sull' incontro che ha un senso perché è stato pianificato da Dio, e guai a non viverlo con l' intensità e la coerenza di cui siamo capaci (cosa di cui sono assolutamente convinta)». Anche nell' ora estrema, Oriana pretendeva, per iscritto, l' ultima parola .
LETTERA A PANAGULIS: COSA SIGNIFICA ESSERE UOMO
Lettera di Oriana Fallaci a Panagulis pubblicata dal Corriere della Sera”
Alekos caro, ti scrivo nuovamente per dirti che sono stata felice di ascoltarti una seconda volta a telefono. Anche se non possiamo dirci molte cose perché tu non capisci nulla di quello che dico e io non capisco nulla di quello che dici, udire la tua voce è bellissimo. Io, dopo, mi sento meglio.
Ti ringrazio per la risposta alla mia domanda su «cosa significa essere un uomo». (...) È una splendida risposta, migliore della poesia di Kipling. Forse la userò aggiungendo alle tue parole questa domanda per me: «E per te, cos' è un uomo?». Così io potrò replicare così: «Un uomo è… una creatura come te. È te».
ORIANA FALLACI E AYATOLLAH KHOMEINI
Tuttavia un particolare della tua risposta mi ha turbato. Quello che Andreas ha tradotto: «To love without permitting one love to become an handicap». In italiano: «Amare senza permettere a un amore di diventare un ostacolo». Ho creduto di capire che dicevi questo a me, non agli altri.
Ebbene: io non sono e non sarò mai un ostacolo, un handicap. Io so che esistono cose ancora più grandi dell' amore di una persona o dell' amore per una persona.
Ad esempio, un sogno. Ad esempio, una lotta. Ad esempio, un' idea.
Ciao a sabato. Al massimo, domenica. E, se posso, prima (...). Finito il lavoro a Bonn, mi fermerò in Italia per salutare mia madre che è malata. Poi volerò subito da te. Non pensare nemmeno un momento di abbandonare la clinica quando arrivo io. Se devi stare in clinica, starai in clinica. E io ti farò compagnia in clinica con una profonda conversazione in greco. Oppure giocando a scacchi. Ok? Aspettami. Io ti ho aspettato tanto .
Oriana.
LETTERA A FIDEL CASTRO: IO NON LA ASSOLVERO’
Lettera di Oriana Fallaci a Fidel Castro pubblicata dal “Corriere della Sera”
Signor Presidente, mercoledì 28 settembre il Suo Ambasciatore all' Unesco (...) mi ha comunicato che l' intervista fissata per il mese di novembre era stata cancellata. Il motivo di questa decisione ha dell' incredibile: «Di' a Oriana che ho ricevuto da una fonte di comprovata fedeltà l' informazione che, non appena lontana da Cuba, si è espressa in maniera irriverente nei miei confronti e che ha rilasciato dichiarazioni che denotano pregiudizi sulla rivoluzione e sul socialismo». (...) Questo messaggio è un insulto alla mia intelligenza e alla mia dignità. Il Suo gesto è un tradimento, nonché una mancanza di rispetto alla mia persona che non Le ha mai mancato di riguardo e a cui Lei invece deve - e non solo per questo motivo - molto rispetto.
(...) La verità è che Lei ha ritratto la parola data; mi ha tradita poiché si è pentito. (...) Lei ha intravisto in quest' intervista il rischio che certi leader vedono in me: la donna scomoda, dal pensiero indipendente, la scrittrice che non è impressionata dal Potere e che lo affronta senza timore (...) per permettere al suo lavoro di entrare nella storia. Che pena! La ritenevo più audace, più agguerrito. (...) Come un masso che cade pesantemente in un salone di cristallo (...), Lei ha distrutto qualcosa di molto più valore. E per questa ragione, io non la assolverò .
Oriana Fallaci.
LETTERA A PASOLINI: IL PARERE DI UN AMICO
Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini pubblicata dal “Corriere della Sera”
Caro Pier Paolo, ti ho telefonato un paio di volte ma non ti ho mai trovato e, sapendoti al lavoro, ho preferito non insistere. Ti scrivo dunque. Anzitutto, per annunciarti l' arrivo del mio libro Lettera a un bambino mai nato e poi per dirti questo.
È un libro cui tengo molto. Tanto quanto non tenevo agli altri.
Ed è un libro in cui credo. Infine, un libro cui ho molto lavorato. E tuttavia temo che non sia capito. Segni per ora superficiali (giacché vengono da due o tre giornalisti insensibili) annunciano incomprensioni e ostilità. (E non sai mai quando sono ostilità dirette alla persona o al lavoro di quella persona.) Le donne si indignano da una parte, gli uomini si arrabbiano dall' altra, gli abortisti mi maledicono perché concludono che io sono contro l' aborto, gli antiabortisti mi insultano perché concludono che io sono per l' aborto.
E nessuno o quasi si accorge di cosa vuol dire il libro veramente. Nella rissa non hanno ragione né gli uni né gli altri, o hanno ragione tutti e due. Il libro è la saga del dubbio.
Vuol essere la saga del dubbio. E comunque ecco la cosa più importante che volevo dirti. Già mentre lo scrivevo io pensavo che tu saresti stato una delle poche persone che lo avrebbero capito. E così ti chiedo di leggerlo . (...) Grazie. Ciao.
Oriana.
LETTERA A SHIRLEY MACLAINE: SOS PER FIRENZE DOPO L’ALLUVIONE
Lettera di Oriana Fallaci a Shirley MacLaine pubblicata dal “Corriere della Sera”
Ricostrui-re Firenze non è sempre una questione di soldi. In molti casi è una questione di tempo e di persone. Per esempio, non ci sono abbastanza bravi specialisti nel restauro di quadri al mondo; e abbiamo 870 dipinti talmente danneggiati che probabilmente non saranno mai recuperati.
Tuttavia, è anche una questione di soldi, e abbiamo pure bisogno di denaro e non ci vergogniamo di chiederlo, perché non ci si può permettere il lusso di vergognarsi quando la Bellezza e la Cultura possono essere in qualche modo salvate. Se vuoi mandare del denaro, manda molto denaro. Ti prego di inviarlo direttamente a Firenze, non a Roma, dove c' è sempre qualche ladro pronto a rubarlo. ( ...) Oriana.
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