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Federico Ercole per Dagospia
VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE
Sono in molti ad avere già valicato i confini nebulosi di Lordran, il micidiale regno fantastico ideato da Hidetaka Miyazaki per Dark Souls, incubo oscuro e nel contempo avventura esaltante che uscì per Playstation 3 nel 2012, un gioco che si ritenne per pochi, costretto in una macabra nicchia, ma che nel corso del tempo divenne un’opera di culto destinata ad essere il primo episodio di una trilogia tenebrosamente grandiosa.
Durante la tarda primavera è uscita una versione rimasterizzata di questo classico del dolore elettronico per Playstation 4, XBox One e PC; ora tocca alla Switch, la console ibrida di Nintendo, contenere le sue delizie e i suoi orrori. Non è un fatto da poco per l’appassionato che latita da Lordran fin dai tempi del lancio del videogame originale questa imminente versione per la console di Nintendo, che può risultare più appetibile delle controparti, perché questa volta, considerata la natura di Switch, lo potrà giocare anche nella sua forma portatile.
Immaginare di viaggiare nel tormentato e maledetto mondo cavalleresco di Dark Souls sdraiati sul proprio letto, sul treno, durante una coda alle poste con gli auricolari a potenziare i suoni terrificanti e le musiche epiche e disperate composte da Motoi Sakuraba, ci induce a sognare, un po’ tremanti, di ricominciare ancora una volta questa epopea terribile per esperirla in una differente dimensione di gioco.
Qualcuno potrebbe chiedersi, a causa della natura fosca in maniera iperbolica del fantasy sconsolato di Dark Souls, che gusto si possa provare a “fuggire” da una realtà che già non cela le sue brutture per ritrovarsi in un mondo maledetto e senza speranza, una videoludica trappola per i giocatori meno attenti e spensierati, un labirinto mortale dove il fantasma terribile del Game Over è pronto a punirci perentorio per l’errore più minimale.
Perché se tanti videogiochi ci concedono il sollievo del sogno e una dolce astrazione dal presente, Dark Souls può invece atterrire come un incubo. Ma è solo “il sonno della ragione che genera mostri”, e in realtà l’opera di Hidetaka Miyazaki ci insegna a dissipare la nebbia del panico, ci educa spietata come il maestro Pai Mei di Kill Bill Volume 2 a superare ogni difficoltà attraverso la disciplina, la pazienza, la fiducia in noi stessi e il coraggio.
LA SCUOLA DEL DOLORE
La trama di Dark Souls è ermetica, difficile da interpretare, talvolta solo vagamente intuibile, sepolta sotto le lapidi di segni che possono sfuggire o che si prestano a fantasiose interpretazioni che negli anni hanno alimentato mitologie soggettive o condivise tra gli appassionati. Ci svegliamo prigionieri, nei panni marcescenti di un non-morto maledetto, e cominciamo così un’epopea cavalleresca attraverso carceri immonde, decadute città infami, paludi tossiche, selve di dantesca memoria, ruderi ammuffiti, sotterranei putrescenti, maestose regge alterate da una disumana follia.
Combattiamo con spade, asce, lance e coltelli, ognuno ha la sua arma d’elezione, utilizziamo la magia ed esploriamo un mondo che vanta una mappatura dall’ideazione geniale, costruita e disegnata con un rigore architettonico e strutturale che rasenta la perfezione. Ci sono nemici convenzionali, come scheletri che ricordano quelli in stop-motion di Harry Harryhausen, antichi e solenni cavalieri, ratti giganti e draghi di ogni colore e dimensione, oppure altre creature che rimandano agli orrori indescrivibili immaginati da Lovecraft.
Anche l’avversario più comune ci può eliminare, se siamo distratti e così si ritorna al remoto falò dove si può salvare la posizione, con il rischio di perdere tutte le preziose “anime” conquistate procedendo, fondamentali per salire di livello e potenziare il proprio personaggio. E poi ci sono i “boss”, nemici il cui solo apparire può gettare nello sconforto anche il giocatore più abile.
All’inizio questi nemici anomali possono sembrare imbattibili ed è qui che entra in gioco il percorso educativo e formativo al quale Miyazaki ci ha sottoposto, perché ogni terrore, persino il più apparentemente insormontabile, è invece battibile con l’impegno, la quiete interiore e la concentrazione. Allora ecco che Dark Souls diviene una fonte di gioia ludica come pochissime altre, perché sconfiggere una di queste devastanti minacce dona una sentimento di trionfo unico, una serena e compiaciuta, intima esaltazione. E il desiderio di proseguire, di scoprire il prossimo stupefacente e terribile orizzonte, di andare oltre se stessi, diviene impellente.
Quella di Miyazaki, estrapolata dal videogioco, è una scuola di vita. Il severo maestro giapponese, cresciuto povero e tra innumerevoli difficoltà, lettore di libri troppo complessi per la sua età che razionalizzava con la sua fantasia, allude alle difficoltà “vere”, quelle della vita e, dalla tenebra del suo mondo virtuale, allude a una vaga ma luminosa speranza: mai cedere allo sconforto, perché solo lottando possiamo sconfiggere le avversità, a Lordran e qui, nel nostro mondo.
UN GIOCO DA RAGAZZI
La classificazione PEGI di Dark Souls consiglia il gioco ai maggiori di 16 anni, e va rispettata. Tuttavia se i vostri figli fanno le medie e voi avete voglia di accompagnarli durante questo nero, emozionante viaggio, le Anime Oscure di Miyazaki possono addirittura essere formative, considerato che poi purtroppo gli adolescenti finiscono per giocare, per ignoranza dei genitori, a opere non adatte davvero alla loro età oppure a giochetti sciocchi e potenzialmente pericolosi per il portafoglio, perché illusoriamente gratuiti ma infarciti dell’opzione delle cosiddette microtransazioni.
E’ vero il mondo di Dark Souls può generare timore con i suoi agghiaccianti mostri, ma si tratta di creature fantastiche e il contesto, sebbene tetro, è quello del fantasy e se hanno già visto la versione jacksoniana del Signore degli Anelli non è che ci sia tanta differenza tra i Nazgul, gli orchi e il Barlog delle pellicole e le invenzioni mostruose di Miyazaki.
Oggi siamo abituati a videogiochi sovente molto semplici, che prendono per mano il videogiocatore indicandogli tutto ciò che deve fare, aiutandolo in ogni frangente con la facoltà di abbassare il livello di difficoltà del gioco, negando ogni sfida per offrire un’attività ludica semplificata.
Al contrario Dark Souls ci lascia nel dubbio, ci travolge con inaspettate cattiverie, ci insegna ad usare la fantasia per rivelare i suoi misteri, ci meraviglia e ci atterrisce. E’ un’esperienza che i ragazzi dovrebbero vivere, non solo per esperire uno dei capolavori della storia del videogame moderno, ma per capire, se già non hanno capito, che crescere può essere spaventoso, che la vita ci può riservare ombre orrende, ma che nello stesso tempo diventare grandi è anche bellissimo e la speranza può brillare nello sconforto, basta cercarla, come una spada nella roccia sepolta nelle tenebrose cripte di un futuro oscurato dall’incertezza.
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