DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I…
FRATELLI DI ARBASINO – FELTRINELLI RIPROPONE LA PRIMA EDIZIONE DI “FRATELLI D’ITALIA’’, UNO DEI PIÙ BEI LIBRI DELLA SECONDA PARTE DEL NOVECENTO – INTERVISTA DI GNOLI AL CURATORE, GIOVANNI AGOSTI: “C’È UN’OSSESSIONE PER L’ERUDIZIONE CON CUI SCHERMA LA REALTÀ. CREDO CHE NE AVESSE SOFFERTO TROPPO L’URTO PER POTERLA FRONTEGGIARE DIRETTAMENTE'' - PER LA SUA OMOSESSUALITÀ? ''ALBERTO HA CERCATO DISPERATAMENTE CON I SUOI LIBRI DI SALVARSI DAL DOLORE DI VIVERE'' – TESTORI, VISCONTI E L’ODIO-AMORE PER PASOLINI…
arbasino - fratelli d'italia a cura di agosti
Articolo di Antonio Gnoli per “Robinson – la Repubblica” - Estratto
La cosa che capisco fin dall’inizio del nostro incontro è che dalle famiglie infelici – come si sa, ciascuna a suo modo – occorre scappare. Ed è quello che ha fatto Giovanni Agosti, uno dei migliori storici dell’arte che conosca, quando a 18 anni se ne andò a Pisa per studiare alla Normale.
Che forma prende l’infelicità familiare? Dov’è il punto di non ritorno, il limite oltre il quale la rabbia e i sensi di colpa non ti consentono più di respirare liberamente?
Ho la sensazione che quest’uomo nato a Milano nel 1961 da una famiglia di industriali tessili poi precipitata in un vorticoso fallimento, abbia vissuto la sua iniziazione drammatica con una determinazione estrema.
È un validissimo insegnante, disponibile con i propri studenti e riconoscente verso i suoi maestri: Salvatore Settis, con cui ha conseguito una laurea in archeologia, e Paola Barocchi. È generoso con le persone che ha amato: in particolare con Alberto Arbasino: ha recentemente curato l’edizione di Fratelli d’Italia (la prima, quella del 1963) che uscirà a giorni per Feltrinelli.
È tutto qui Giovanni Agosti? Me lo chiedo nel momento in cui, dopo qualche ora passata insieme, esco dal suo smisurato appartamento milanese. Uno spazio che non lascia indifferente il visitatore. Ad esempio, un enorme elefante a grandezza naturale, immagino di cartapesta, che incuriosirebbe Zerocalcare, troneggia nell’ingresso.
E poi stanze, corridoi e ancora stanze. Perlopiù buie e colme di libri, di oggetti, di quadri. Dove la presenza umana sembra superflua, o al più un dettaglio tra le cose. Ecco lo scenario dove vive Agosti.
……………………
I libri qui sono ovunque, perfino sul pavimento.
arbasino - fratelli d'italia - prima edizione
«Non so più quanti siano, per fare spazio ho dovuto trasferire altrove le letterature straniere».
Ci sono scaffali con i tuoi scrittori di riferimento: Testori, Pasolini, ovviamente Arbasino. E forse quello che li ha ricompresi: Roberto Longhi.
“A me hanno fornito molte ragioni per capire come si può stare al mondo”.
Quali libri hanno contato per te?
«Officina ferrarese di Longhi, L’Orlando furioso di Ariosto. Poi, per dirti il caso o la curiosità, Ernesto De Martino, un autore per me sorprendente. Mi stupì un giorno l’elogio che ne fece Arbasino».
Perché?
«Lo ricordo come fosse ieri. Alberto era qui davanti, come te in questo momento. Per terra, in mezzo ad altri libri, c’era ‘’La fine del mondo’’ e lui lo raccolse. Mi sembrava il libro apparentemente meno vicino ai suoi umori: le prefiche, la magia, le apocalissi culturali. Arbasino mi dice: che grande libro! A me, ti confesso, sono venuti i brividi».
inge feltrinelli alberto arbasino
Non riesco a immaginarlo attratto dalle catastrofi.
«Non lo so, forse il fatto che stesse già male, oltretutto era morto Stefano, il suo compagno, può averlo spinto a riconsiderare quel libro in cui “la fine del mondo” poteva, per così dire, coincidere con la fine di un’esistenza».
E il tuo interesse per De Martino?
«In passato mi è accaduto di lavorare sulle sue carte per un saggio che mi chiese Arnaldo Momigliano. Fu Vittoria De Palma, la compagna di De Martino, a fornirmi preziose indicazioni sul suo archivio e sulla sua vita».
Di un autore ti interessa soprattutto ciò che scrive o anche gli aspetti privati?
«Una volta che scopro un autore, tendenzialmente voglio sapere tutto di lui. Mi è accaduto con Edward Morgan Forster, di cui avevo letto Passaggio in India, quando mi imbattei in ‘’Storie e guida di Alessandria d’Egitto’’. Ma ho avuto un’analoga ossessione per il cinema di Visconti. Che poi si è trasposta in un lavoro di Testori sul regista».
giovanni testori - giovanni agosti
Trasposta in che senso?
«Testori scrisse una biografia di Visconti intitolata ‘’Luchino’’. Il libro arrivò fino alle bozze. A quel punto decise di ritirarlo. Era il 1972. Testori non fornì mai una spiegazione di quel gesto. A chi gliela chiese disse solo che aveva distrutto il libro. Invece trovai, dopo la sua morte, una copia tra le sue carte».
Testori e Visconti ebbero un rapporto complesso.
«Visconti utilizzò i romanzi di Testori, nel cinema con Rocco e i suoi fratelli e a teatro con L’Adalgisa. I due eventi provocarono scandalo e qualche incomprensione fra i due. Luchino, uscito qualche anno fa da Feltrinelli, è una biografia che procede per accumulazioni. Al centro vi è l’idea viscontiana del totale esaurimento del ruolo culturale della borghesia e il venir meno della relazione tra padri e figli. I primi anni Settanta sono stati di contestazione e rivolta giovanile».
Nella biografia di Testori spicca il personaggio del padre di Luchino.
«Figura fondamentale, quella del duca Giuseppe Visconti di Modrone: insolita, forte, visionaria. Ma la cui influenza non è certo pari a quella che Luchino subì dalla madre, Carla Erba. Del resto, non è casuale che una così forte presenza materna la si ritrovi nei tratti della madre di Tadzio in ‘’Morte a Venezia’’. Il padre di Luchino invece è come se non esternasse i propri sentimenti; qualcosa di analogo, su tutt’altro piano ovviamente, l’ho scoperto in Mantegna».
11 pinacoteca di brera andrea mantegna, cristo morto
Su Mantegna hai pubblicato un libro importante vent’anni fa.
«Ho anche realizzato una grande mostra al Louvre. Ora sto lavorando alla seconda parte. Di questo artista assoluto mi interessava la forza con cui sigilla in su i suoi sentimenti. Rimane impermeabile alla burrasca sentimentale che affascina Leonardo».
Leonardo fa un ritratto di Mantegna.
«Leonardo va a Mantova quando cade il Moro, nel 1499. I due si incontrano ma sono lontanissimi. Hanno delle idee sull’arte tutte diverse. Per Leonardo la pittura è più un pretesto per aprirsi a una spiegazione profonda dell’esistenza, e per offrirla passa attraverso la psicologia. Invece per Mantegna lo scavo psicologico non esiste. Non esiste il dramma. I personaggi che dipinge sono imperturbabili, simili a delle maschere».
Parlavamo di Arbasino, di cui hai curato “Fratelli d’Italia”, riproponendo la prima edizione con un apparato di note e una lunga postfazione. Perché è necessario tornare alle origini del libro?
«Innanzitutto per la sua importanza. Riproporre la prima edizione consente di indagare con precisione quel breve arco di tempo, sostanzialmente un triennio, durante il quale Arbasino lavorò al libro. Quando lo lessi compresi che dietro la svelta e irriverente descrizione di una società ridicola fino alle lacrime c’era in realtà una sorta di romanzo tragico».
Alla pubblicazione di “Fratelli d’Italia” si scatenarono le stroncature.
«Giudizi pesanti: un libro sbagliato, di cattivo gusto, troppo ambizioso, compiaciuto, un balletto viscido di pervertiti e invertiti, fatto di materiale melmoso e maleodorante, degno di lavandaie, affetto da provincialismo noioso, narcisistico fino al cagliostresco pastiche. E avanti così. Tra i pochi a coglierne l’importanza ci fu Pasolini che definì Fratelli d’Italia uno dei più bei libri della seconda parte del Novecento».
Ma perché ritirare fuori adesso la prima edizione visto che l’ultima edizione si è arricchita enormemente?
«Perché mi pareva importante spiegarne l’origine, la dolorosissima genesi. Quando Arbasino lo pubblica ha 33 anni. Oggi ci sembra incredibile, ma in quel libro ci sono letture sterminate, erudizione storica e genealogica. Mi sembrava perciò decisivo che l’autore fosse restituito alla sua complessa stratificazione e non solo apprezzato per il motteggio spiritoso, la “casalinga di Voghera” o “la gita a Chiasso”».
francesco merlo antonio gnoli foto di bacco
Ma in fondo lo si ama perché è stato un illusionista della mondanità culturale.
«La parola “illusionista” in questo caso mi pare adeguata e me lo rende caro».
Quanto caro o importante?
«È una persona cui ho voluto enormemente bene e per la quale ho provato un sentimento di ammirazione sconfinata. Nelle volte in cui ci si vedeva generava in me la paura di sbagliare».
Cosa ammiravi di lui?
italo calvino gore vidal alberto arbasino
«Sono stato un fanatico delle sue macchine narrative. Tra le cose più preziose che conservo, ci sono i dattiloscritti dell’ultima versione di Fratelli d’Italia che lui mi aveva mandato perché controllassi se c’erano dei passaggi incongrui rispetto all’epoca in cui il romanzo era ambientato».
Come ti spieghi la sua ossessione di volerlo continuamente aggiornare?
«Alberto è stato l’esegeta di se stesso, di qui il suo cantiere permanentemente aperto. Per me Fratelli d’Italia resta un libro grandioso. Tanto quanto lo è stato Petrolio di Pasolini. Recherche esclusa, sono i due romanzi fondamentali della mia vita. Mi hanno insegnato a guardare il mondo».
Insegnato in che senso?
«A fare i conti con il Paese nel quale vivo e con me stesso. Il romanzo di Alberto lo lessi al liceo e poi ripreso varie volte. Mentre avevo già 31 anni quando ho letto Petrolio. Li ho visti uno come il rovescio dell’altro e perciò indissolubilmente legati».
Arbasino aveva molte riserve su “Petrolio”.
«Riserve micidiali. Quando esce per Einaudi Petrolio mi fa un effetto incredibile. Ricordo di aver chiamato Alberto per trasmettergli il mio entusiasmo. E lui freddissimo. Poi scrive un articolo pesantissimo mi pare sull’Espresso. Una recensione durissima e ingenerosa. Questo succedeva nel 1992».
Poi che accade?
«Forse l’estate del ’92, non ricordo di preciso, ero a Roma a casa di Alberto. E lui mi legge dei lunghi brani di Fratelli d’Italia dove a un certo punto compare il suo alter ego che sta scrivendo un romanzo di cui, nella versione del ’63, ci sono solo dei frammenti. Mentre nell’edizione Adelphi del 1993 il romanzo nel romanzo, che l’alter ego di Alberto sta scrivendo, compare per esteso. Sono circa 200 pagine».
alberto arbasino - alle sue spalle, con gli occhiali, il compagno della sua vita Stefano Bollina
In queste pagine ci sarebbe la prefigurazione di ‘’Petrolio’’?
«Ci sono molti riferimenti e omaggi al Satyricon. Ma la cosa sorprendente è che anche Pasolini, fin dalle prime pagine di Petrolio, dichiara che il suo libro si presenta come un Satyricon moderno. È la stessa situazione. Due persone, una indipendentemente dall’altra, stanno lavorando in un certo senso allo stesso libro».
“Petrolio” fu pubblicato nel 1992, ma è scritto ovviamente prima della morte di Pasolini. Secondo te Arbasino quando scrive le sue pagine aggiuntive?
«Ho il dubbio che anche lui abbia abbozzato quelle pagine, dove oltretutto si parla della crisi petrolifera, agli inizi degli anni Settanta».
Ma allora come spieghi la stroncatura di “Petrolio”?
«Non lo so. È come se in qualche modo avessero invaso l’uno il territorio dell’altro. Con questa differenza: in Arbasino c’è un’ossessione per l’erudizione con cui scherma la realtà; in Pasolini tutto avviene in presa diretta. Il loro è un singolare gioco di specchi».
Che bisogno aveva Arbasino di schermare la realtà?
«Credo che ne avesse sofferto troppo l’urto per poterla fronteggiare direttamente».
Sofferto per cosa, per la sua omosessualità?
«Ma sai, entrare in quel territorio si rischia di genderizzarla, farne un piccolo capitolo di sociologia del quotidiano. Mi limiterei a dire che Alberto ha cercato disperatamente con i suoi libri di salvarsi dal dolore di vivere».
cover petrolio pasolini
giovanni agosti
moravia arbasino sanguineti 2
PROUST 1
La fine del mondo di Ernesto De Martino
roberto longhi e giuliano briganti
camera degli sposi andrea mantegna
arbasino
giovanni agosti
monicelli arbasino moretti
alberto arbasino
pasolini gadda
giovanni agosti
Giovanni Agosti
ITALO CALVINO GORE VIDAL ALBERTO ARBASINO-A-RAVELLO
edizione originale di dalla parte di swann, primo volume della recherche
Giovanni Agosti - ritratto di Riccardo Mannelli
pier paolo pasolini
alberto arbasino 1
alberto arbasino
maria callas pasolini
Arbasino
proust cover
arbasino
Arbasino
alberto arbasino fratelli d'italia
alberto arbasino
arbasino
Arbasino
arbasino eco colombo sanguinetti gruppo 63
arbasino
DAGO CON ALBERTO ARBASINO
arbasino
arbasino pasolini benedetta al premio strega
Arbasino
Arbasino
Arbasino
arbasino gadda
moravia arbasino
arbasino
pasolini maria callas bacio
Arbasino e Dago
arbasino
Calasso arbasino
arbasino le-piccole-vacanze
arbasino
arbasino
ARBASINO AL PIPER
ARBASINO PROVE CARMEN
Giovanni Agosti
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