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Carlo Freccero per "Pocket"
Renzi piace perché sa comunicare. La comunicazione di Renzi non è mai diretta al suo auditorio, al contesto in cui è inserito, ma scavalca i potenziali interlocutori, per rivolgersi direttamente all'elettorato. Renzi in Senato non parla ai senatori, nella conferenza stampa non parla ai giornalisti. Il suo messaggio va oltre il pubblico in sala per raggiungere il pubblico a casa, secondo una logica televisiva che Renzi ha introiettato e fatto propria.
Il discorso di Renzi è apparentemente sconclusionato, come emerge dalle parodie di Crozza. Non c'è l'elaborazione e lo svolgimento di un tema coerente, come avviene sulla pagina scritta o nella tradizione dell'oratoria politica. Renzi salta di palo in frasca. Ciò nonostante il suo messaggio si fissa profondamente nell'inconscio di quello che, prima di essere il suo elettorato, è il suo pubblico.
Renzi fa proprie le tecniche della pubblicità e della comunicazione del net: mai periodi complessi, con coordinate e subordinate. Sempre "pillole", atomi, tweet di certezze, che emergono dal flusso del discorso e si fissano profondamente nell'inconscio con il processo di ripetizione.
Renzi è un creatore di ritornelli, di tormentoni, di tweet. Identifica i suoi punti chiave nel flusso disordinato del discorso, li recupera ritmicamente con la ripetizione. Ci inculca le sue certezze con un procedimento pavloviano in cui non c'è niente da capire, ma molto da appetire.
Renzi fa riferimento all'immagine, alla cartellonistica, alle icone. Nella società dell'immagine, questa è vista come concreta, reale, tangibile, rispetto all'astratta inconsistenza del concetto. Come per San Tommaso, l'immagine può essere toccata con mano, esiste, ha un'evidenza, e, ancora una volta, ripete in eterno un unico messaggio. L'apprendimento del bambino si fissa per immagini ripetute. Le icone pubblicitarie, come ci insegna Warhol, nascono dalla reiterazione.
Anche Berlusconi parla sempre al suo elettorato, scavalcando il suo auditorio. Ma il suo stile è diverso, è uno stile che si è formato nell'intrattenimento e ha il suo punto di forza nello storytelling. Berlusconi costruisce storie, anche un po' inquietanti, identifica complotti e gioca molto sulla carica di identificazione che queste storie producono sull'elettorato. In un certo senso è più "antico".
Gioca con i sentimenti, le ansie, le paure, le aspirazioni. Renzi si esprime per tweet, per battute, e tende a reiterare i suoi tweet finché non li introiettiamo al livello subliminale come il famoso ritornello: "Sarà capitato anche a voi, di avere una musica in testa... ". La psicologia sociale ci insegna che ciò che è ripetuto e condiviso da tutti diventa vero, naturale, inconfutabile.
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