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Simonetta Fiori per “la Repubblica” ripubblicato da “il Foglio del lunedì”
Renzo Arbore, allora disk-jockey emergente, conobbe Mariangela Melato «una serata al teatro Sistina, al principio degli anni Settanta. Tra tante signore cotonate, spuntò un ciuffo di capelli bicolore, un volto bistrato e due occhi grandi come fari. Il suo tratto esistenzialista mi colpì così tanto che riuscii a vincere la mia naturale timidezza e la invitai a una festa musicale a casa mia».
Qualche sera dopo, a casa di Agostina Belli, «ci ritrovammo seduti a terra: io impunemente misi una chitarra nelle mani di Lucio Battisti, che cantò un brano ancora inedito: Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi. Sembrava scritta per noi. Ci guardammo a lungo, poi una stretta di mano che diceva tutto. Cominciò così».
Rimasero insieme dieci anni e furono vicini alle nozze: «Giravo con la lista dei documenti preparata da mia madre. Ricordo la gioia di Mariangela quando le regalai il bracciale di mamma a forma di vipera.
Lei mi ripagava con regali straordinari come la panchina verde da giardino con su scritto "Renzo e Mariangela" e un cuoricino. Di recente ce lo siamo domandati: se ci fossimo sposati? La vita è andata in un altro modo» (Simonetta Fiori, la Repubblica 15/8).
Mariangela Melato e Renzo Arbore
RENZO ARBORE E MARIANGELA MELATO
BATTISTI ARBORE MELATO
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