LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
Ieri sera, ore 20, settimo piano di viale Mazzini. Il presidente Paolo Garimberti mette a punto un comunicato che è un chiaro appello al presidente del Consiglio Mario Monti (soprattutto come titolare del dicastero dell'Economia, quindi da «proprietario» della Rai in quanto azionista) e al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, perché rivedano i criteri di nomina per i vertici di viale Mazzini. Anzi, fa sapere Garimberti ai suoi collaboratori, è pronto ad andare da Monti e Passera per spiegarlo nel dettaglio.
Basta leggere la sua dichiarazione: «Ciò che è accaduto oggi è la conferma che questa governance condanna la Rai all'ingovernabilità e che è urgente affrontare il problema delle norme che regolano la vita e l'attività dell'azienda. à l'appello che rivolgo nuovamente con impellenza alle istituzioni competenti e in primo luogo all'azionista anche alla luce della grave situazione che si è creata con le dimissioni di un consigliere».
Con la legge Gasparri, avverte Garimberti, non si va da nessuna parte e si perpetua un sistema legato ai partiti, al Palazzo, ai giochi di potere. In fondo Garimberti si richiama a Monti, che proprio nella notte tra lunedì e martedì ha annunciato a Bruxelles che il governo si occuperà della Rai «nei limiti delle sue competenze, nella sua qualità di azionista e regolatore, entro le scadenze stabilite che si stanno avvicinando».
In attesa che qualcuno metta mano alla governance, ieri pomeriggio al settimo piano di viale Mazzini è andato in scena uno scontro durissimo tra consiglieri come non se ne vedevano da anni. Con il consigliere pdl (ex An) Guglielmo Rositani che accusava di servilismo politico Nino Rizzo Nervo (Pd), ricambiato con raddoppiato vigore proprio perché il consigliere dimissionario contestava Pdl e Lega di aver sottoscritto un «patto di scambio politico» di poltrone Rai: il Tg1 comunque in area Pdl ma soprattutto la potentissima Tgr nelle mani di un uomo molto vicino a Umberto Bossi.
Un incarico che vale oro (politico) a un passo dall'importante consultazione amministrativa 2012, ma soprattutto da quella del 2013. Stessa scena tra Rizzo Nervo e Giovanna Bianchi Clerici, consigliera della Lega (e senatore leghista) per la identica ragione. Molto pesante persino uno scambio di battute tra Rositani e Garimberti, uscito dalla riunione particolarmente impressionato da un clima che ha definito irrespirabile.
Perché il punto è proprio questo: il voto contrario di quattro consiglieri sottolinea che le scelte di Lorenza Lei, condivise dai cinque del centrodestra, avrebbero una logica extra-Rai, tutta interna ai rapporti Lega-centrodestra. Insomma, così la Rai non può andare avanti, sostiene Garimberti che si è ritrovato a votare contro la nomina del nuovo direttore del Tg1 pro-tempore, Alberto Maccari. Non c'è un solo precedente nella storia di viale Mazzini: tutti i direttori del tg ammiraglia sono stati insediati con un voto convinto del Cda, e sempre del presidente di turno.
Garimberti ha passato la giornata di ieri a spiegare questo concetto. Ne ha discusso anche con il presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli. E ora aspetta che dal governo Monti arrivi un riscontro. Anche perché il presidente ritiene leso il suo personale rapporto di fiducia col direttore generale Lorenza Lei: ha proposto le due nomine ben sapendo che il presidente avrebbe votato contro.
L'accusa a Lorenza Lei è lì, nero su bianco, nel comunicato di Garimberti: «La pervicacia con cui si sono portate avanti le nomine al Tg1 e alla Tgr dimostra che non si tratta di nomine di emergenza ma di nomine che hanno spaccato il Consiglio e che per questo non possono che incontrare la mia disapprovazione, soprattutto perché il direttore generale aveva preso altri impegni al momento del primo interim consegnato ad Alberto Maccari». Di nuovo, a memoria di dipendente Rai, è difficile ritrovare un'accusa così dura (in sostanza aver mentito) da parte del capo dell'azienda nei confronti del suo primo dipendente, appunto il direttore generale.
Un presidente che vota no sul Tg1, un consigliere che si dimette, una frattura insanabile tra presidenza e direzione generale, addirittura scambi di accuse tra consiglieri: c'è davvero da chiedersi come un Servizio pubblico televisivo (è il ragionamento di Garimberti) possa affrontare non solo la sfida del mercato ma anche una normale vita aziendale. La parola, ora, da viale Mazzini, passa a palazzo Chigi. Almeno così spera Paolo Garimberti, primo presidente a votare no su un direttore del Tg1.
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