DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Giuseppe Smorto per Il Venerdì- la Repubblica
Cose che succedevano a casa Minà. Jennifer Beals (Flashdance) che cerca il suo innamorato Troisi in mezzo alla festa e prova il napoletano. «Massimo se n' è ghiuto?».
Monica Bellucci giovane e sconosciuta, in completo di pelle. Il teologo della Liberazione Frei Betto che invita alla preghiera, prima di un pranzo. Edoardo Vianello che canta A-a-abbronzatissima. Eduardo Galeano che beve una sambuca col chicco di caffè. E per la festa degli 80 anni, Renzo Arbore, don Ciotti e il giudice Di Matteo sul divano.
le domande scomode Gianni Minà ha messo in un libro (Storia di un boxeur latino, Minimum Fax) la sua vita, insieme a Fabio Stassi: e chissà quante storie avranno buttato via. Ha ragione Fiorello: eravamo io Sì, soprattutto c' era lui. Come nelle barzellette, chi è quell' uomo in veste bianca, quell' attore, quel cantante, quel politico, quel campione accanto a Minà? A Fiorello torneremo alla fine, ora è giusto lasciare la parola a lui, al "boxeur latino", come lo ha chiamato Paolo Conte.
vittorio gassman marco e dino risi gianni minà
«Quell' italiano che ha fatto un' intervista a Fidel Castro» come dicono nel film Natural Born Killers - ma nella versione italiana non c' è. Il "grillino caraibico" e altre definizioni ben più forti. Divisivo, empatico, schierato, e ancora popolarissimo come succede ai grandi della vecchia Rai.
L' unico che nel '78, prima dei Mondiali, chiese all' ammiraglio Lacoste: «È vero che in Argentina stanno scomparendo delle persone?». In una carriera giornalistica, una domanda che può fare la differenza. (L' ammiraglio rispose: «Lei è male informato»).
Tutto parte da una foto: da sinistra a destra, Gabriel García Márquez, Sergio Leone, Muhammad Ali, Robert De Niro e Gianni Minà. Sono al ristorante Checco er Carettiere di Roma.
Si nota sul lato sinistro una signora di spalle, seduta: si volta ma non guarda le star, guarda lui e sembra chiedergli: come hai fatto? Il racconto di come nacque quella magica serata sta nel libro, resta la domanda della signora. E prima ancora: come sono entrati i Beatles nella 600 che suo fratello gli aveva prestato?
quella notte con i Beatles
Cominciamo dai Beatles «Come ci sono entrati? Spingendoli! Non fu difficile più di tanto George e Ringo, con un paio di ragazze, si erano stretti nella 600, mentre John e Paul, con altre amiche, erano saliti su una più comoda Rolls Royce. Il giorno dopo i quattro concerti all' Adriano, tutti li aspettavano al Piper, inaugurato solo da qualche mese. I Beatles ne avevano già sentito parlare, volevano visitarlo. Ma appena arrivati scorgemmo una fila che partiva da piazza Buenos Aires, per i romani piazza Quadrata. Non era il caso di rischiare, e così optammo per il Club 84, un night più rétro, in via Veneto. Tirammo tardi, fino al mattino, e poi tornammo al Parco dei Principi, era il giugno del '65».
Non è una vita banale, quella in cui una sera a Londra George Harrison ti accompagna in una cantina dove «un certo Eric Burdon» sta cantando The House of Rising Sun.
Una vita che comincia con le privazioni, la pace celebrata e un ricordo incancellabile: «La strage di Superga fu il mio sconcerto di bambino: quell' aereo caduto sulla collina della mia città sembrava la continuazione della guerra. Le prime ferite della comprensione e dello stupore, come ha scritto Juan José Saer».
Cuore granata e popolare
Essere tifoso del Toro, vecchio cuore granata è anche - si sa - un atteggiamento verso la vita. Minà cresce nelle case popolari in zona stadio, vicino a uno dei primi campioni paralimpici, Giovanni Pische, eroe di guerra, e si inventa le prime radiocronache. Fa il servizio militare, si occupa di rassegna stampa: il generale golpista Giovanni de Lorenzo lo rimprovera ogni giorno per la cravatta di sbieco e gli scarponi non lucidati. Minà si vendicherà delle vessazioni, ed è una delle poche volte che mostra un lato vagamente ostile. Per il resto, è metodo. Anni da freelance, letti e pasti rimediati, appostamenti da paparazzo, incontri incredibili, 17 anni di precariato in Rai: più quinte che scena, dice.
«Quella foto da Checco è il risultato di tante coincidenze e di una filosofia di vita, di una insaziabile curiosità. A me interessano le vite vissute, le esperienze delle persone. Mi piace il senso di amicizia e di ammirazione che traspare da quel gruppo.
Avevo un grande dialogo con loro, con Gabo, Sergio, Ali e Bob, ma più che a mirare allo scoop, volevo conoscere la loro storia e la loro umanità. Ali mi considerava un giornalista importante, perché gli chiedevo, sempre con rispetto, anche le realtà più spinose o più banali; Sergio Leone, invece, era un uomo molto timido.
Un giorno mi chiese di accompagnarlo lungo il tappeto rosso al Festival di Venezia. Mi strinse forte il braccio e mi disse a mezza bocca: "E mo' nun te move da qua, me la sto a fa' sotto" e a me, che tentavo di divincolarmi, afferrandomi ancora di più: "Mò m' accompagni, perché non ce la faccio da solo". Con De Niro siamo stati complici e amici. Gabo Márquez era un uomo difficile, pensava fossi un rompiballe. Poi lo conquistai».
uno scoop globale
Minà è per formazione un Route 66, l' America di Woodstock, il pop e la West Coast. A poco a poco scopre l' altra America. Il Messico della strage di Piazza delle tre culture, l' Argentina dei desaparecidos, le dittature feroci, l' anomalia cubana. Gli esuli brasiliani, Vinícius de Moraes che cena con Ungaretti e gli dedica un ritornello. Benedizione, Ungaretti, che quando ti penso, m' illumino d' immenso, tu che sei immenso, tu che sei denso, tu che sei intenso. Siqueiros che fa ritratti a Gianni (nonostante il veto della moglie) e alla troupe.
GIANNI MINA - ROBERT DE NIRO - MUHAMMAD ALI - SERGIO LEONE - GARCIA MARQUEZ
Passione e amore per l' America Latina che dura nel tempo, prima e dopo la famosa (e fatale?) intervista a Fidel Castro, durata dalle 14 del pomeriggio del 28 giugno 1987 fino alle 5 del mattino dopo. Uno scoop mondiale che sostiene di aver pagato caro.
«Ma io non ho mai fatto nessuna sterzata politica.
La pensavo in un certo modo e non ho cambiato idea. Semmai gli altri si sono spostati L' intervista a Fidel mi ha fatto conoscere all' estero, ma mi ha chiuso, definitivamente, le porte in Italia. E ancora non so perché. Il Festival di Berlino mi ha dedicato una rassegna, quello di Montréal mi ha premiato: i miei documentari sono andati in tutte le tv del mondo, ho diretto riviste e collane editoriali. Sempre seguito la mia curiosità, mai fatto calcoli di carriera.
Ero a Città del Messico con Manolo Vázquez Montalbán: il subcomandante Marcos mi contattò con un messaggio portato da un bambino. E in quei casi che fai? Dici no all' intervista? Cuba ha retto perché ha dato una organizzazione sociale al Paese che gli ha permesso di vivere poveri ma dignitosi per oltre mezzo secolo. E malgrado un blocco economico spietato che, anche nel vivo della pandemia, gli Usa continuano a mantenere senza nessuna ragione umana e politica. Dopo tutti questi anni, qualcuno si ricorda il perché di questa prepotenza abnorme?».
La dedica è la parte più difficile del libro, sta all' inizio ma è un pensiero finale: «A Lucho».
Luis Sepúlveda. «Patriota e guerrigliero, scrittore militante. Una sera arrivò a casa con un gruppo di ex esuli cileni e mi lasciò un tappeto di bottiglie vuote. Io mi ero arreso alle 4 del mattino, chiesi solo di chiudere la porta.
Un' altra volta venne con me a San Vittore insieme alla sua Carmen. Non era preoccupato solo per il suo Paese, mise in letteratura una coscienza ambientalista, da vero cittadino del mondo».
Quante amarezze a Viale Mazzini Resta tanto da raccontare. L' incontro con altre stelle ribelli: Tommie Smith, Diego Armando Maradona, Pietro Mennea. Il tramonto (a Torvaianica) di un campione come Garrincha. Gli incroci della vita con Toquinho, Celentano, Morandi, Isabella Rossellini.
Il premio Nobel Rigoberta Menchú e le tribù indigene del Guatemala: Quiche, Kekchi, Kaqchikel, Mam, Tzutuhiles, Ixil, Kanjobal. Pertini, Jorge Amado e Franco Califano. Così si torna a Fiorello e alla Rai: «Ha centrato alcuni tic che mi riguardano, ma mi fa molto ridere: lo fa con simpatia, con amore e non con cattiva fede. Alla Rai ho dato più di quello che ho avuto, quante processioni dal direttore generale di turno, fino a quando mi hanno fatto fuori.
In cineteca ci saranno almeno mille ore tra servizi, interviste e programmi: prima di tutto Blitz, dove Fellini si nascondeva per studiare la scenografia. La Rai non se ne occupa, quanta amarezza».
Resta un piccolo grande rimpianto: «Volevo intervistare Mandela: riuscii a parlargli, poi lo mancai per poco. Nel nostro mestiere non puoi perdere l' istante». Mai accontentarsi, una questione di metodo.
FIDEL CASTRO GIANNI MINA'gianni minamaradona al san carlo gianni minagianni minagianni minaGIANNI MINA' MARADONA
roberto rossellini isabella ferrari gianni minagianni minaGianni Mina gianni mina brinda con stefania sandrelli
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