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Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Sesto giorno. Con i booo di un pubblico di critici che non accetta niente di non convenzionale e di non spiegato arriva Personal Shopper di Olivier Assayas con una Kristen Stewart già salutata da Peter Bradshaw del Guardian come la Regina di Cannes 2016. Superba lei e superbo il film. Lei, oltre a stare in scena da sola praticamente per due ore, concede ai suoi fan anche una rara scena di seni al vento e un’altra dove si masturba su un letto vestita, appunto, da reginetta di Cannes. I suoi fan impazziranno.
personal shopper kristen stewart
Il film, coi suoi fantasmi che vomitano o che portano in giro bicchieri che si rompono troppo facilmente o scrivono sms per ore a Kristen Stewart (ammesso che siano davvero fantasmi) è particolarmente oscuro e indecifrabile.
Lì per lì mi è sembrato un mezzo disastro, anche se amo molto Assayas, ma temo di non aver capito bene esattamente l’operazione. Di fatto è una sorta di sequel con medium e molta moda di Sils Maria, che già non era chiarissimo e puntava sulla distruzione del racconto tradizionale giocando anche sulla perdita e sugli scompensi di identità tra le due protagoniste.
Anche qui Maureen Cartwright, il personaggio interpretato da Kristen Stewart, che davvero riempie lo schermo per due ore, ha forti problemi di identità. Ha un fratello gemello medium, come lei, certo Lewis, che è morto nove mesi prima. Ha un lavoro, fare da personal shopper, cioè compratrice personale, di una supermodella odiosa, tale Kyra, Nora von Waldstatten, che non ha certo il tempo di andare lei da Cartier a prendersi i gioielli o provarsi gli abiti a Londra.
personal shopper kristen stewart
Così gira da una parte all’altra di Parigi e di Londra e fa shopping per lei. Il resto del tempo lo passa a risolvere problemucci con case infestate da fantasmi. Solo che i fantasmi e il lavoro di “doppio” di una padrona altrettanto fantasma, le si affollano parecchio nella testa e quando il misterioso messaggiomane che la tormenta la spinge al desiderio di un’altra identità, finirà per provare lei stessa gli abiti che ha comprato per la supermodella, a vivere una notte nel suo appartamento. E lì arriveranno delle belle complicazioni.
personal shopper kristen stewart
Kristen Stewart, in realtà, affronta non solo i fantasmi del film, ma anche i suoi fantasmi personali da reduce celebre di Twilight. Come affronta il fatto, reale, ma che per noi è un’ombra, che è lei stessa la superstar da personal shopper. E lo sdoppiamento continuo e la presenza dei fantasmi ci riporta alle precedenti fantasie di Assayas tra mistero e cinema dell’orrore, come Irma Vep.
Ovvio che Assayas non può essere così banale come pensano i critici che lo hanno fischiato, e altrettanto ovvio che stia giocando con gli elementi e le forze che ha in campo per una costruzione non regolare di un thriller medianico che sdoppia immagini e personaggi. Tutto questo, però, oltre il grande fascino di Kristen Stewart e le tante variazioni dei teoremi alla Vertigo, rimane spesso un po’ confuso, a volte forse volutamente ridicolo, anche se proprio questa complessità è voluta da Assayas per meglio giocare sui tanti livelli narrativi.
personal shopper kristen stewart
Non si spiegherebbe altrimenti il delirio dei messaggini del fantasma o la costruzione di un artista astratto che non esiste, tale Hilma af Klimts, o di uno sceneggiato tv su Victor Hugo medium interpretato dal cantante francese Benjamin Biolay. Del resto sempre nel cinema siamo, e sempre di ombre che si muovono e di impossibilità di fissare la vita sulla schermo parliamo.
Anche se molti critici hanno amato il film, temo che i giurati del festival non saranno disposti benissimo. Io stesso cercherò di rivederlo, anche se la cosa che mi da più fastidio è la presenza di tanti marchi di moda celebri e il fatto che Kristen Stewart indossi molti abiti e si metta i gioielli di Cartier come in un qualsiasi film italiano dove trionfano gli sponsor più sfacciati.
olivier assayas kristen stewart
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