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IL CINEMA DEI GIUSTI - ''FLORENCE'' NON È UN CAPOLAVORO MA DÀ LA POSSIBILITÀ A MERYL STREEP DI UNA GRAN PERFORMANCE NEI PANNI DELLA RICCHISSIMA DONNA NEWYORKESE STONATA COME UNA CAMPANA CHE SI ESIBIVA DAVANTI A UN PUBBLICO NON PAGANTE MA PAGATO

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Marco Giusti per Dagospia

 

Florence di Stephen Frears

 

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Ma non lo avevamo visto un anno fa questo film? Beh, diciamo che la storia di Marguerite diretto da Xavier Giannoli con Catherine Frot lo scorso anno e di questo freschissimo Florence diretto da Stephen Frears con Meryl Streep sono più o meno le stesse. Entrambi i film sono infatti ispirati alla vera vita e alla passione per la musica di Florence Foster Jenkins, donna ricchissima e piena di vitalità che non si rendeva conto di quanto fosse stonata.

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Solo che il primo film l’aveva trasformata nella francese Marguerite che si muove nella Parigi avanguardista del primo dopoguerra, ricostruita a Praga, mentre il secondo, ideato però prima, può veramente trattare la vera Florence Foster Jenkins ricollocandola nella New York del 1940, ricostruita però a Liverpool. Non è facile dire quale dei due film sia il migliore, anche perché hanno delle caratteristiche del tutto diverse, solo il pubblico di riferimento è davvero lo stesso.

 

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Detto questo Florence, diretto dallo Stephen Frears di The Queen, e scritto da Nicholas Martin, con quattro nomination ai Golden Globe, miglior commedia, i due protagonisti, Meryl Streep e Hugh Grant, e il non protagonista Simon Helberg, una rivelazione nel ruolo del pianista, è una macchina perfetta sia per offrire all’attrice un grande ruolo sia come pura e semplice godibilissima commedia all’inglese sul mondo dei pazzi eccentrici americani.

 

Frears‎ ha un grande budget, belle scenografie, le musiche di Alexander Desplat, una sceneggiatura solida e un bel cast totalmente a servizio e dominato da Meryl Streep. In gran forma. Accanto a lei troviamo un ottimo Hugh Grant come il vanesio St. Clair Bayfield, suo marito più giovane e belloccio, inglese con velleità da attore, devoto ma poco fedele, la sua amante è la bella Rebecca Ferguson‎. St. Clair è pronto però a proteggere la ricca moglie dal ridicolo.

 

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Le sceglie così un giovane pianista sfigato ma compiacente, Cosmé McMoon, interpretato da Simon Helberg, ma deve poi accettare il fatto che lei voglia esibirsi in pubblico al Carnegie Hall. Rispetto al film di Giannoli, che aveva punte più stravaganti e puntava ancor più sulla commedia, qua la storia è più giustificata e compatta, la figura del giovane pianista è piuttosto divertente, e anche il personaggio di Florence, malata di sifilide per colpa del primo marito, che definisce "un gatto randagio", ha più sfumature.

 

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E Meryl Streep sia nelle stonature che in un solo pezzo "normale", grazie proprio alla sua conoscenza della musica, come ha dimostrato nei suoi film con Robert Altman e Jonathan Demme, ha modo di costruirsi dei grandi numeri di stonature operistiche che colpiscono immediatamente il pubblico e che non sono solo comici. Ma ha anche dei momenti di fragilità infantile che le permettono di muovere il suo personaggio dal camp al melodramma.

 

La vediamo così muoversi tra un Toscanini sempre in cerca di soldi e i bei nomi della New York anni '20. Funziona meglio anche il meccanismo che la porta al concerto al Carnegie Hall, presentato come una esibizione per reduci che la vedono come un numero comico e non come un numero di musica moderna come nel film di Giannoli. Non un capolavoro, certo, ma un buon film per le signore di Prati questo Natale.

 

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