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Marco Giusti per Dagospia
Quel bravo ragazzo di Enrico Lando.
“Io mangio, bevo e fotto!”. “A me piace ‘o sticchio!”. “Minchia!”. Benvenuti nella commedia di mafia e degli uomini d’onore. Era un po’, se non sbaglio, che non si faceva un bel tuffo nel mondo dei mafiosi da ridere. Mondo molto frequentato ai tempi d’oro di Franco e Ciccio e di Lando Buzzanca, e poi lasciato un po’ in disparte. La cosa più interessante di questo Quel bravo ragazzo, diretto da Enrico Lando e pensato per diventare il primo film da protagonista di Herbert Ballerina alias Luigi Luciano, socio storico di Maccio Capatonda alias Marcello Macchia, è proprio il dichiararsi da subito commedia di mafia, con tanto di bei nomi siciliani da esibire.
Dalla coppia clamorosa formata da Toni Sperandeo e Enrico Lo Verso, Vito e Salvo, i killer di famiglia, che si mangiano tutte le scene dove appaiono, a un geniale Gigi Burruano come Don Ferdinando, il vecchio boss che muore all’inizio del film dicendo al figlio, Herbert, che ha un piede sulla canna dell’aria che lo tiene in vita, “Spostati, coglione!”. Ma Herbert capisce, “Campione”. Da Ninni Bruschetta come avvocato della famiglia al terribile boss cattivo della cosca avversaria Mario Pupella.
Herbert mette di suo la bella faccia da ragazzo scemotto e candido di paese, il cammeo dell’amico Maccio come prete, Don Isidoro, quello di Ivo Avido come vigile del paese. Ma l’operazione è mista. Non è cioè un film pensato da Maccio e Herbert, ma un film di produzione, cioè di Marco Belardi, legato a Mediaset e a Raffaella Leone, scritto da Gianluca Ansanelli, Andrea Agnello, Ciro Zecca, Herbet e Lando e tratto da un soggettino di Zecca, che mette assieme il mondo di Herbert con il film comico di mafia all’italiana e con umori ripresi qua e là da film celebri, Johnny Stecchino, Quei bravi ragazzi.
Un vecchio boss morente, Burruano, chiede ai suoi scagnozzi, Sperandeo e Lo verso, di portargli il figlio che non ha mai conosciuto. E’ Leone, cioè Herbert, un chierichetto cresciuto in paese e non troppo furbo. Alla morte improvvisa del boss, “Spostati, coglione!”, Leone eredita il suo regno di mafia. Presto appare chiaro all’avvocato e ai killer che Leone non è in grado di gestire la famiglia e andrebbe eliminato. Al tempo stesso due poliziotti, Giampaolo Morelli e la bella Daniela Virgilio, sono alle costole della famiglia e puntano proprio su Leone per sconfiggere l’organizzazione.
Mettiamoci la visita del nostro candido eroe a un boss colombiano, Jordì Molla, il tentativo di unificare tutte le mafie e altre cosucce. E’ una commedia molto semplice, con una serie di battute e situazioni da bambini delle elementari, ma il tono è sempre grazioso, la regia di Lando, già attivo con I soliti idioti, più sofisticata dell’intreccio.
E poi, oltre a vedere Maccio e Herbert, che fa sempre piacere, e a offrire finalmente un ruolo da protagonista a Daniela Virgilio, i caratteri siciliani sono tutti interessanti e Sperandeo e Burruano, al solito, sono strepitosi quando si tratta di far ridere col palermitano. In sala da giovedì.
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