DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Giusti per Dagospia
Operazione U.N.C.L.E. di Guy Ritchie
Le cose migliori sono un dotto dialogo tra i protagonisti sulla moda degli anni ’60 e su che abito debba indossare la bellissima Alicia Vikander e un bell’inseguimento in auto per le strade di Berlino Est che culminerà con lo scavalcamento del Muro come nei bei film di spionaggio di allora. Per il resto questo stiloso ma un po’ vuoto Operazione U.N.C.L.E. diretto dal Guy Ritchie degli ultimi Sherlock Holmes con Robert Downey Jr. e scritto dallo stesso regista con Lionel Wigram, è una macchinona a grossi effetti che non va da nessuna parte.
Anche perché non è né un reboot adattato ai tempi d’oggi della vecchia e gloriosa serie tv americana The Man from the U.N.C.L.E., né una rivisitazione affettuosa. Guy Ricthie sembra più interessato al mettere in scena la sua personale variante a 007 e al mondo delle spie e della Guerra Fredda che a un vero interesse per la serie tv e i suoi personaggi.
Così, mentre si perde per le location a Berlino e a Roma e per gli abiti delle ragazze, non si concentra davvero sui due protagonisti, la spia americana Napoleon Solo, che affida al bisteccone Henry Cavill, già terribile Superman, e la spia russa Ilya Kuryakin, che affida al bellone troppo americano e troppo high society Arnie Hammer.
I due ragazzoni non hanno il fascino sixties dei due vecchi protagonisti, Robert Vaughn, allora riconosciuto come il dandy coi guanti de I magnifici 7, e David McCallum, giovane inglese zazzeruto credibilissimo come russo un po’ beatnik. Per non parlare del loro capo, Leo G. Carroll, così anni ’40, e della schiera di bellezze del tempo, così eurospy, da Luciana Paluzzi a Sylva Koscina a Elke Sommer.
Perché quel qualcosa in più che aveva la serie, oltre alla scelta dei due protagonisti, gli veniva anche dal fatto di essere nata da un’idea di Ian Fleming e di poter vantare un’atmosfera totalmente eurospy come tema, la Guerra Fredda, location e guest star. In un primo tempo, anzi, la serie si sarebbe dovuta chiamare addirittura “Ian Fleming’s Solo”, puntando sul nome del protagonista e sulla fama di Fleming, ma anche un cattivo di 007, interpretato da Martin Berman, si chiamava Solo e Satzam e Broccoli, produttori di James Bond, si opposero a una simile rapina.
Si optò così per The Man from the U.N.C.L.E., che per noi aveva comunque un valore, perché allora andavano forte le sigle. La sigla sta in realtà per United Network Command for Law Enforcement, ma allora non riuscivamo a decifrarla. Certo, se Ritchie avesse avuto più fortuna e come Napoleon Solo avesse avuto George Clooney o Tom Cruise, che alla fine ha scelto, con bell’intuito, di girare Mission: Impossible – Rogue Nation, magari le cose sarebbero andate diversamente. Il fatto è che non credi mai a Henry Cavill e solo un po’ a Arnie Hammer.
Non aiutano granché neanche i bei nomi del cast, da un Hugh Grant invecchiato a Jared Harris, per non parlare del bellone italiano Luca Calvani, reduce da L’isola dei famosi, come il cattivo Alexander. Un po’ meglio con la protagonista, la stellina svedese Alicia Vikander, ormai attrice del momento, tra Ex Machina e The Danish Girl, nonché fidanzata di Michael Fassbender.
Già il progetto, vecchio di anni, non era facilissimo. E in diversi momenti venne affidato a Roque e Ficarra, Quentin Tarantino, Steven Sodenbergh. Guy Ritchie, con il suo direttore della fotografia John Mathieson e con il musicista Daniel Pemberton, sembra però averlo preso un po’ sottogamba, come se avesse sottovalutato il potenziale che aveva, che non era poco, e il pubblico gli ha preferito di gran lunga l’usato sicuro di Tom Cruise e Mission: Impossible aspettando il vero nuovo James Bond.
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Certo, anche la Guerra Fredda appare oggi qualcosa di superato che è difficile spiegare in un film, ma l’errore maggiore, credo, è aver cercato di imporre uno stile senza costruirselo davvero. Così il film gira spesso a vuoto e i protagonisti sembrano un po’ dei manichini. Si vede, ovvio, ma è meglio che ci ridiate la vecchia serie. In America è stato un mezzo flop. 75 milioni di dollari di budget, ne ha incassati 34 in Usa e 26 nel resto del mondo. Insomma… In sala dal 2 settembre.
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