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Marco Giusti per Dagospia
The Founder di John Lee Hancock
Ecco. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca quello che ci vuole è un bel film sulla rapacità del capitalismo e sulla costruzione del sogno americano. Diciamo la storia dell’impero dei McDonald’s. Esemplare per capire come arrivare al successo in America partendo da un hamburger e da un nome.
Scritto benissimo da Robert Siegel, diretto con professionalità da John Lee Hancock e recitato alla grande da Michael Keaton, The Founder, che uscirà in America la prossima settimana, ma da noi è uscito giovedì scorso, spiega perfettamente come i McDonald’s riuscirono a imporsi non solo in America, ma in tutto il mondo.
Il fondatore del titolo non è uno dei fratelli McDonald’s, Dick e Mack, interpretati qui dai perfetti Nick Offerman e John Carroll Naish, due ragazzoni sempliciotti che avevano ideato sia la costruzione del panino con le giusti dosi di ketchup, mostarda, due pezzi di cetriolini, giusta cottura del manzo, sia il modello di cucina espresso, in modo da avere il tuo hamburger in 30 secondi di attesa, sia il design della filiale modello con i grandi archi gialli e la scritta.
Il fondatore è invece certo Ray Croc, appunto Michael Keaton, sciagurato venditore porta a porta di oggetti sperimentali, come il multimixer per fare contemporaneamente più frappé. Ray Croc è il primo a capire che la chiave dell’impero sta nel portare in tutta l’America il modello della filiale McDonald’s, con tanto di marchio e arcate, e l’hamburger venduto in tempi rapidi.
Ragionando da commesso viaggiatore, Croc espande le filiali in Illinois e poi negli altri stati, ma non riesce da solo né a staccarsi dai McDonald’s per un vecchio contratto poco redditizio, per lui, né a volare più in alto per le scarse conoscenze di affari imprenditoriali. Così, solo quando entrano in scena le banche, nella figura di un investitore, interpretato da B.J.Novak, le cose si faranno più chiare. Croc può vendere un sogno, il McDonald’s, ma la forza del marchio è nulla senza l’acquisizione dei terreni dove costruire le filiali.
L’affare è nei terreni, non nei negozi. Solo grazie a questo accordo con le banche, Croc può davvero espandersi. E tagliar fuori dal bussiness i due fratelli soffiandogli tutto grazie a un nuovo contratto e a due assegni con cifre allora altissime, ma che saranno spiccioli rispetto alla torta finale dell’impero.
Keaton incarna perfettamente tutta l’avidità tipicamente americana di Croc, una simpatica avidità da dopoguerra anni ’50 che possiamo facilmente rivedere in Trump, mentre i due fratelli stupidotti cercavano di seguire un sogno hollywoodiano, per questo si erano spostati a San Bernardino, di un ristorante pulito dove fare per bene i loro panini e usare vero gelato e non polverine.
Magari, Keaton è troppo simpatico per interpretare il mostro che doveva effettivamente essere questo Croc, ma quando molla gelidamente la moglie Laura Dern, o quando scappa con la nuova moglie Joan, Linda Cardellini, lo vediamo perfido e deciso. E lo sarà nel costruirsi un ruolo, il fondatore, appunto, quello che ha costruito il numero 1 dei McDonald’s, che non gli appartiene praticamente in nulla.
E le foto e i video finali che ci mostrano il volto e la voce del vero Croc sono abbastanza chiari del tipo di personaggio che il film sta raccontando. Non male. Ora, però, vogliamo anche un film su Farinetti. In sala.
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