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Pietrangelo Buttafuoco per "Il Foglio"
Re a parte, Mission non è un reality. La trasmissione della Rai, quella coi i vip-buana messi a favore di telecamera in un campo profughi mentre preparano la pappa agli ultimi della terra non è uno show.
Re a parte, infatti, perché tra i protagonisti di questa vetrina sentimentale c'è - manco a dirlo ?- Emanuele Filiberto di Savoia, Mission ancora non c'è. Re a parte dunque, con questo vecchio ragazzo che - sia detto una volta per tutte - disonora in Africa l'unico suo parente degno, ossia il duca d'Aosta, invitto eroe del deserto, Mission è comunque, con Berlusconi, il giudice Esposito e il mostro di Lochness, nuovamente apparso, tra gli argomenti ghiotti del solleone.
Re a parte - a sentire le dichiarazioni di Giancarlo Leone, direttore di Rai1 - Mission è solo qualcosa di non ancora fatto, di non ancora montato, di non ancora visto ma di cui tutti parlano perché già lievita come una leggenda nera. Con quei graziosi gigli dei grillini, poi, che dallo scranno della presidenza della commissione di vigilanza Rai chiedono di visionare i filmati e così - Re a parte, in assenza di un plotone d'esecuzione - c'è già come una sorta di censura preventiva.
Ed è un perfezionamento, non c'è che dire, rispetto a quello che accadde a Beppe Grillo di cui i socialisti chiesero la testa almeno dopo la messa in onda, non prima; con tutti questi poveri vip-buana, Al Bano, Barbara De Rossi, Paola Barale, Michele Cucuzza e con loro, a capitanarli, Marco Liorni, destinati a far da testimonial nella tivù dell'esorcismo estivo. Sempre col Re a parte.
Perché è chiaro che la cosa è partita con l'avallo delle organizzazioni umanitarie, magari in concorrenza con le altre, non governative, con tutto quel poveraccismo ideologico orchestrato ad arte per intenerire i cuori, specie a Natale, quando la trasmissione andrà (se mai andrà , a questo punto) in onda.
Non potevano essere così completamente imbecilli gli ideatori a fare a meno della benedizione dei buoni e siccome in questa patria badogliana delle larghe, larghissime intese, non c'è altro destino che vederli insieme, i buoni e gli utili, noi che non ce la beviamo, già sappiamo che il pasticcio ha un dettaglio non da poco: Laura Boldrini, a suo tempo portavoce dell'Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati, contattata dalla Rai.
Re a parte, sono le larghe, larghissime intese e l'attuale presidente della Camera, con un intervento ieri su Repubblica, conferma di aver perfino suggerito un format australiano "e comunque non certo con i vip". Re a parte, il presidente s'è detta certa che gli ex colleghi suoi hanno a cuore "la necessità di evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni" e al netto della formula di rito il fatto è chiaro: l'umanitarismo c'è tutto. Con tanto di Sua maestà a far da contorno. E la larghissima intesa.
Re a parte resta la leggenda nera. Il canone dello spettacolo italiano è pur sempre il sì-buana di "Dove vai in vacanza?" dove con Paolo Villaggio c'era Annamaria Rizzoli in bikini leopardato. A voler dirla con la malignità che ci compete però gli ideatori di Mission hanno toppato col casting. Se solo avessero reclutato Jovanotti, Saviano, la Marzano o Luca Argentero, con Mission - pur con il Re dentro e con Beppe Caschetto a far da manager - avrebbero ripetuto la stagione d'oro di "Radici", lo sceneggiato sull'epopea degli schiavi che tanto fece piangere gli spettatori Rai.
Invece è la leggenda nera. Mission, è la versione aggiornata di Mondo Cane, quando tutti andarono addosso a Gualtiero Iacopetti, il regista, per via di un'impiccagione presa dal vero.
Ps. non era proprio questa la leggenda nera, pare che durante la ripresa la pellicola fosse finita e si dovette chiedere ai bravi indigeni di provvedere con una seconda esecuzione. Una leggenda ovviamente.
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