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IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO NON FA ENTRARE NEI PALAZZI DEL POTERE - IL PRODUTTORE NICOLA GIULIANO: ''ABBIAMO CHIESTO DI GIRARE SCENE DI UN FILM ALLA CAMERA E AL SENATO, CI HANNO DETTO DI NO, MA IN PASSATO SI È SEMPRE FATTO'' - LA REPLICA DA MONTECITORIO: ''NON C'ENTRA IL GOVERNO, SONO LE REGOLE: SI GIRA QUI SOLO SE DOCUMENTARI O PER RIPRODURRE EVENTI REALMENTE ACCADUTI. PAGATE E RICOSTRUITE I PALAZZI SUL SET''

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1. IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO NON FA ENTRARE NEI PALAZZI DEL POTERE

Lettera di Nicola Giuliano, produttore, al ''Fatto Quotidiano''

 

 

È da poco andato in onda su Rai3 il film Il Divo di Paolo Sorrentino. Non fu facile realizzarlo, ma i suoi esiti, premio della giuria a Cannes, un Oscar europeo a Toni Servillo, una candidatura agli Oscar per il miglior trucco e il suo successo in tutto il mondo, ne ripagarono tutte le difficoltà.

nicola giuliano

Il film ricostruiva, attraverso la figura di Giulio Andreotti, un lungo periodo della politica italiana.

 

Anni dopo, in una chiave completamente diversa, con Benvenuto Presidente di Riccardo Milani, altro film molto fortunato, abbiamo raccontato un’altra epoca della nostra storia politica.

In entrambi i film alcune scene particolarmente significative erano ambientate a Montecitorio e in tutti e due i casi le riprese in Aula furono autorizzate senza alcuna difficoltà. Sotto la presidenza Bertinotti nel primo caso,  Fini nel secondo.

 

In modo del tutto inatteso per il film in lavorazione Bentornato Presidente seguito di Benvenuto , l’autorizzazione alle riprese per Camera e/o al Senato ci viene negata, anche se, formalmente, nessuno di questi uffici ha mai risposto alle nostre richieste. Un silenzio che invece di assenso in questo caso significa,  attraverso la pratica  nostrana  della “non risposta”, diniego.

Questa è la storia, tutta italiana, in quanto negli altri paesi europei questo tipo di autorizzazione viene accordato senza alcuna difficoltà.

Questi i fatti da cui traggo personali conclusioni.

paolo sorrentino e nicola giuliano

 

Il racconto audiovisivo si basa sulla cosiddetta  “sospensione dell’incredulità”. Chi racconta per immagini chiede allo spettatore di credere a quello che sta vedendo  dimenticando  la condizione di essere davanti a uno schermo. Quando un solo elemento di quanto proiettato risulti non plausibile ecco che l’edificio crolla, l’incredulità riemerge e il film non funziona, rivela la sua essenza fisiologica: finzione.

 

La possibilità quindi di “credere” a un racconto basato sulla vita politica italiana non può prescindere dalla verosimiglianza di tutti gli aspetti della narrazione, fra questi, ovviamente anche gli ambienti i in cui la storia si svolge. Lo scenografo di un film troverà e adatterà dei luoghi per renderli credibili. Come sarà lo studio privato di Andreotti? Un corridoio del Quirinale? Sono ben pochi gli spettatori di un film che hanno avuto modo di accedervi realmente. Ma come sia la Camera dei Deputati o il Senato, questo lo sanno tutti, perché tutti le hanno viste migliaia di volte in Tv, al telegiornale.

 

Il Parlamento non appartiene alla politica, ma allo Stato, quindi a tutti i cittadini.

bucci e la corrente andreottiana - scena il divo

Quella audiovisiva è un’industria nazionale che si occupa fra le altre cose di raccontare e veicolare nel mondo le storie, la vita, l’ immagine e l’immaginario del nostro Paese e quindi, se vuole, se crede, anche la Politica.

 

Ma se la Politica nega all’ industria audiovisivo la possibilità di accedere ai suoi luoghi simbolo ovviamente non riproducibili in via finzionale, allora sta negando, o forse censurando, la possibilità di essere raccontata e rappresentata.

Ma soprattutto la “Politica” tace. E questa cosa sorprende non poco in un periodo in cui ci viene detto che la distanza fra Palazzo e cittadini non esiste più.

 

Che peccato.

 

toni servillo nel ruolo di giulio andreotti in una scena del film il divo

P.S. Adesso forse ci diranno che l’autorizzazione viene negata sulla base di un “regolamento” in vigore da due anni che nega l’autorizzazione alle riprese. Quindi stabilito da chi governava prima. Ma visto che quel “regolamento” non è fra quelli consegnati a Mosè su tavole di pietra (Bertinotti lo modificò in 2 minuti) e che si parla spesso di cambiamento, forse questo regolamento si poteva pure cambiare. Basta volerlo.

 

Noi siamo ancora qui e abbiamo ancora poco tempo (poi le riprese finiscono). Non sporchiamo, facciamo poco rumore e verremmo solo quando ce lo dite voi. Giusto per farvelo sapere nel caso cambiaste idea.

 

 

2. NIENTE FILM ALLA CAMERA: "QUI NON È MICA CINECITTÀ"

Ilaria Proietti per ''il Fatto Quotidiano'' del 5 febbraio 2019

 

La Camera dei Deputati è un luogo apertissimo.

Ma ci sono delle regole da rispettare. "I criteri che ci siamo dovuti dare nel tempo, valgono per tutti", ripete il capo ufficio stampa di Montecitorio, Stefano Menichini. Che cerca di chiudere il caso scaturito dalla lettera di Nicola Giuliano, produttore di Benvenuto Presidente, pubblicata ieri sul Fatto.

claudio bisio e la sua giacca

 

Un appello, quello del produttore, affinchè si riaprano le porte del Parlamento ai film che potrebbero avere proprio nei palazzi del potere una scenografia ideale. "Abbiamo risposto a tutte le richieste che ci sono state fatte secondo le procedure previste", sottolinea Menichini riferendosi ad un carteggio con la produzione relativo solo alle riprese esterne. "La Camera non è Cinecittà", chiosa il questore anziano di Montecitorio Gregorio Fontana che invece parla delle regole generali adottate per questo tipo di richieste.

 

"L' amministrazione di Montecitorio non è disponibile a farsi carico di costi che potrebbero essere ben sostenuti dalle produzioni di film o fiction, che siano di successo o meno" ripete spiegando perchè da ormai qualche anno, le autorizzazioni alle riprese non vengono più date, a meno che non siano produzioni di carattere documentario o giornalistico.

 

gregorio fontana

"Comprendo che sia meno conveniente ricostruire gli ambienti di Montecitorio negli studi cinematografici , ma noi non possiamo sostenere i costi per un' attività commerciale da parte di privati" dice Fontana. Che nella sua lunga permanenza a Montecitorio ne ha viste davvero tante. Persino le comparse della serie tv 1993, che nel 2016 riportarono per qualche ora indietro le lancette della storia.

 

E che al ciak del regista recitarono tra i banchi dell' aula una scena ormai passata agli annali di Montecitorio. "In quel caso abbiamo autorizzato perchè riproducevano una scena realmente avvenuta qui, ossia quella del cappio agitato nell' emiciclo da un parlamentare" (il 16 marzo '93, durante il dibattito sulla questione morale, il leghista Luca Leoni Orsenigo espose il pendaglio da forca verso i banchi del governo, ndr).

Poi però la stessa produzione si vide negare l' autorizzazione per scene di mera fantasia sempre per la stessa serie.

 

Fin dalla XIV legislatura infatti l' Ufficio di presidenza di Montecitorio ha stabilito un indirizzo generale: di regola non si danno autorizzazioni ai filmati, con le sole deroghe per le produzioni caratterizzate da rilievo storico e istituzionale dei personaggi e degli eventi narrati: è stato il caso della trasmissione di La7 Antartide per la ricostruzione della giornata del rapimento di Aldo Moro. O per il docufiction Rai Il Professore, sempre per gli ultimi giorni di Moro. Così come si è detto sì alla lettura dei discorsi di Lelio Basso per Rai Storia, o per il documentario di Sky Arte sul centenario dell' aula di Montecitorio.

 

domenico diele in 1992

Insomma il criterio pare chiaro anche se, viene riconosciuto, c' è stato un prima e un dopo. Ossia un' epoca di maggiore flessibilità. E quello adottato oggi, complice una certa indisponibilità di Montecitorio a pagare il personale per cose che poco hanno a che fare con l' Istituzione. "Negli ultimi anni il nostro personale è diminuito del 30%: prima tanto per fare un esempio, questo ci consentiva di tenere aperti ben otto ingressi, oggi ridotti a soli 3" continua Fontana. Quindi nessuno si senta offeso.

 

Meno che mai Claudio Bisio. Con cui non si vuole nè si cerca la polemica.

Nel passato sono state autorizzate alla Camera anche alcune scene di Buongiorno presidente (il precedente citato nella lettera del produttore Giuliano), così come per la serie 1992. Mentre successivamente per i girati di scene di pura fiction si è detto no: a quelle di 1993, ma pure al film Io sono tempesta del 2016.

miriam leone

Come pure a Come un gatto in tangenziale rispetto a scene che avrebbero dovuto essere filmate nei pressi dell' ingresso principale di Palazzo.

 

E ancora: niente da fare per le scene che dovevano essere filmate in sala lettura e nel parcheggio di Montecitorio per 1994, una serie sempre Wildside del 2018. E no pure alla fiction Suburra, sempre del 2018: anche in questo caso la produzione avrebbe desiderato girare nel corridoio del Transatlantico. Insomma nessuno si senta offeso.