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Milena Gabanelli e Mario Gerevini per il “Corriere della Sera”
Il suo canto libero è ingabbiato da anni. E ora è arrivato anche il «commissario», un professionista indipendente nominato dal Tribunale con l' incarico di prendersi cura di uno dei tesori più preziosi e meno accessibili della musica italiana: le canzoni firmate Battisti-Mogol.
Tra pochi giorni saranno trascorsi 20 anni dalla morte di Lucio Battisti che il 9 settembre 1998 passò nell' Aldilà (nacque il 5 marzo 1943, ventiquattr' ore dopo l' altro geniale Lucio: Dalla) e dopo aver venduto 25 milioni di dischi.
I 12 album con i testi di Giulio Rapetti-Mogol hanno fatto la storia della canzone italiana.
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Le intramontabili «Emozioni», «Pensieri e parole», «Il mio canto libero» ecc., garantiscono ancor oggi una rendita da diritti d' autore pari a circa 800 mila euro all' anno. È questo il «tesoro», non solo economico, che lo stesso Battisti affidò alle cure di una società, Edizioni Musicali Acqua Azzurra srl («Acqua Azzurra»).
Lì dentro, però, da qualche anno si è scatenata la guerra tra i soci: la moglie Grazia Letizia Veronese (75 anni) e il loro unico figlio, Luca (45), da una parte con il 56% del capitale e fino a poco tempo fa tutte le leve di potere in mano; dall' altra Mogol (9%) e la Universal Ricordi (35%) del gruppo francese Vivendi di Vincent Bolloré che in Italia ha investito in Telecom e tentato la scalata a Mediaset.
Le incomprensioni iniziali sono sfociate in atti giudiziari e cause di risarcimento, addebitando alla signora Veronese una gestione del catalogo eccessivamente conservativa.
Risultato: società affidata a due liquidatori indicati dagli azionisti. Ma la guerra è continuata anche negli indirizzi di gestione da attribuire ai liquidatori o bocciando il bilancio 2017 da loro stessi portato in assemblea.
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Una polveriera. I due malcapitati professionisti, stoppati sulla via di un' asta del catalogo che una perizia avrebbe valutato 14 milioni (operazione osteggiata dagli eredi) e impossibilitati a portare avanti la liquidazione, si sono dimessi e hanno lanciato una sorta di sos al Tribunale delle imprese.
Cari giudici - è il senso del ricorso - siamo in una fase di paralisi della liquidazione ma qui c' è un socio (Mogol) che ha vinto a Milano in primo grado la causa civile contro Acqua Azzurra e dobbiamo risarcirlo con 2,6 milioni; ce n' è un altro, il figlio di Battisti, che in una causa al tribunale di Roma chiede la risoluzione (con risarcimento milionario) dei contratti di edizione in base ai quali la società ha i diritti di sfruttamento del repertorio storico e quindi «vive»; per di più è arrivata un' ingente domanda risarcitoria della Sony che accusa Acqua Azzurra di aver leso i suoi diritti di sfruttamento economico di alcune registrazioni originali. Non si può andare avanti, pensateci voi.
Eccoci dunque alla situazione attuale: il Tribunale ha affidato a Gaetano Maria Giovanni Presti, avvocato e docente all' Università Cattolica, la guida della società fondata nel 1969 da Lucio Battisti con gli attuali soci.
Presti ha «tutti i poteri di legge - scrivono i giudici - volti alla miglior liquidazione della società, nessuno escluso, che eserciterà nella sua piena discrezionalità e responsabilità senza necessità di autorizzazione alcuna dei soci».
Ma con alcuni criteri di fondo che prevedono, in alternativa o in concorso con la vendita in blocco del catalogo editoriale, la possibilità di concedere licenze di sfruttamento economico delle opere «anche online».
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Sembrano due paroline banali. Ma è una rivoluzione perché la gestione voluta dalla vedova ha sempre impedito l' utilizzo sul web del repertorio, ingabbiandolo nei vecchi supporti fisici.
Quindi Battisti non esiste sulle piattaforme di streaming musicale come, per esempio, Spotify dove digitando il suo nome si scopre che «Il mio canto libero» è stato riprodotto oltre un milione di volte. Solo che non è lui a cantare. Sono per lo più basi musicali, spesso brutte copie delle originali.
«...di Battisti e Mogol... ma che ne sanno i Duemila», canta il dj torinese Gabry Ponte.
Già, il disco in vinile o il cd non entreranno mai nello smartphone. Dunque il rischio è l' oblio e i millennials continueranno a sapere poco o nulla di Battisti e Mogol. La speranza è appesa alle due parole sdoganate: «anche online». Ma ci vorrà tempo.
Entro l' anno, intanto, si dovrebbe pronunciare la Corte d' appello. In primo grado nel 2016 il Tribunale di Milano aveva condannato Acqua Azzurra a risarcire 2,6 milioni a Mogol che si riteneva danneggiato dal «costante ostruzionismo» della società a qualsiasi proposta di valorizzazione e promozione del catalogo (pubblicità, film ecc.).
Tanto per dare un' idea del clima (allora come oggi), ecco, dopo la sentenza, le parole di Simone Veneziano, avvocato di Acqua Azzurra e della moglie di Battisti che era anche presidente della società: «L' obiettivo dichiarato in giudizio da Mogol era chiarissimo: mettere le mani in tasca della signora Veronese, aggredire il suo patrimonio, dopo averla per anni pubblicamente additata come la vedova che mangia i bambini. Ma l' obiettivo può dirsi miseramente fallito: il tribunale ha respinto la domanda di Mogol per mala gestio contro Veronese».
Claudio Buja, presidente di Universal che ha il 35% di Acqua Azzurra, prova ad aprire un canale diplomatico: «Se i soci trovano un accordo, condizionato a modifiche statutarie e alla rinuncia alle cause legali, Acqua Azzurra può uscire dalla liquidazione e tornare a una gestione ordinaria». Sembra facile.
Ma la realtà è che Gaetano Presti, l' attuale liquidatore nominato dal tribunale e operativo da luglio, si trova «accerchiato» dai procedimenti giudiziari avviati dagli stessi soci contro Acqua Azzurra. «In effetti - dice - non è semplice liquidare qualcosa che è sub judice, il mio compito è trovare una soluzione ragionevole che vada bene per tutte le parti in conflitto.
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I tempi dei procedimenti, però, non è detto che siano brevi e nel frattempo la società deve vivere sfruttando il patrimonio dei diritti che è rimasto molto fermo negli anni.
Ma un fatto è certo: la vendita del catalogo non può essere all' ordine del giorno». Comunque sia, la notizia è che la società con i soli introiti tradizionali Siae estinguerà «a giorni e integralmente» il debito da 2,6 milioni di euro con Mogol.
Una partita si chiude, le altre chissà quanto dureranno. E sono vent' anni che Battisti non c' è più. A pensarci cade la tristezza in fondo al cuore e come la neve...
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