guido catalano

"SONO UN CRIMINALE POETICO SERIALE" - LE LEZIONI DI WOODY ALLEN, I FUMETTI DI SCHULTZ, SPLENDORI E MISERIE DI GUIDO CATALANO: "LE MIE LETTURE IN VERSI SONO COME I CONCERTI ROCK. MI PIACEREBBE MOLTO SCRIVERE PER LA MUSICA E FARE IL MOGOL DELLA SITUAZIONE'' - VIDEO

 

 

 

Alvise Losi per Libero Quotidiano

 

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Si autodefinisce «criminale poetico seriale», anche se molti si limiterebbero a un più banale poeta. Ma a prescindere dalle etichette, Guido Catalano è al centro di un caso editoriale. Decine di migliaia di copie vendute per le sue raccolte di poesie con una casa editrice minore, per poi approdare a Rizzoli con un romanzo (D' amore si muore ma io no, 2016) e ora con la raccolta di versi inediti Ogni volta che mi baci muore un nazista (Rizzoli, pp. 322, euro 18).

 

Ma il caso Catalano non si limita al numero di copie vendute, perché il poeta torinese è anche protagonista di reading che diventano veri e propri spettacoli in grado di richiamare migliaia di persone a serata nei suoi tour (www.guidocatalano.it). E forse qui sta il suo segreto.

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Cos' è la poesia oggi?

«Sembra un genere estinto, ma lo è meno di quanto si pensi.

Soprattutto negli ultimi anni, grazie a Internet e a persone che vanno in posti non convenzionali per fare spettacoli di reading, senza dimenticare i poetry slam (le sfide tra poeti, ndr).

 

 

Molti poeti giovani usano bene i social per condividere i propri versi: la poesia funziona perché si tratta di testi brevi che su Internet hanno miglior presa rispetto a quelli più lunghi. Dal punto di vista editoriale invece non mi pare stiano succedendo grandi cose, a parte le riedizioni di poeti morti».

 

Si parla sempre più spesso di impoverimento dell' italiano: cosa ne pensi?

WOODY ALLENWOODY ALLEN

«Sembra di essere davanti a un' involuzione. Il rischio credo sia legato ai nuovi media con i quali molti tendono a scrivere in stile Whatsapp. Come sempre la tecnologia ha lati positivi e altri meno. Uso molto Facebook e noto che il modo di scrivere soprattutto nei più giovani è abbastanza inquietante.

 

 

Ma è un cambiamento che parte dal sistema scolastico: all' Università non si scrive più, mentre mi hanno detto che oggi alle elementari non ti insegnano più a scrivere in corsivo. E del resto io stesso a forza di scrivere con la tastiera non sarei quasi più in grado di farlo. Il paradosso è che i giovani scrivono molto, ma sui social le regole cambiano o addirittura non ci sono. Ed è una forma di anarchia che si ripercuote sulle capacità di scrittura».

 

Come è cambiato il ruolo del poeta oggi?

«Una volta scrivevi e poi pubblicavi a tue spese, con piccole case editrici che di fatto facevano da stamperie. Oggi Internet consente ai poeti 3.0 di far conoscere le proprie cose in giro. È un momento interessante per portare la poesia fuori dai salotti, in luoghi non convenzionali, come in un bar, per strada o in un club.

 

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Il reading pubblico non è stato inventato oggi, ma è un' evoluzione che si sta imponendo e funziona, e non parlo solo di me che lo faccio da circa 16 anni. E ognuno ha il suo stile: io non uso rime o metrica, la mia poesia somiglia quasi alla prosa e di questo spesso vengo anche accusato. Ho un registro ironico che spesso non viene accettato in ambienti più seriosi».

 

A questo proposito la tradizione italiana è illustre, da Achille Campanile a Trilussa.

«Senza dubbio, anche se sull' ironia e sul lato comico non mi rifaccio tanto a figure italiane del secolo scorso. Probabilmente chi mi ha formato in questo senso già in giovanissima età per la sua capacità di unire ironia e sesso è stato Woody Allen, più come scrittore che come autore di film.

 

E un' altra grande fonte di ispirazione sono i Peanuts, i fumetti di Schultz dove ironia e poesia si mischiano perfettamente. Se devo pensare all' Italia mi vengono in mente gli Skiantos e i cantautori, anche se questi più che per l' ironia e per l' approccio al testo, con tutte le differenze del caso, perché quello di una poesia deve avere una sua autonomia senza la musica».

 

E l' Italia oggi a che punto è?

BRUNORI SASBRUNORI SAS

«In questo momento c' è una dicotomia. C' è chi continua a restare chiuso nei suoi circoli. E poi ci sono poeti che vanno verso la gente e non fanno le rockstar inarrivabili, anche perché non ce lo potremmo permettere. Io amo il contatto con il pubblico e si creano situazioni simili a quelle del rock, per esempio quando ti chiedono un bis o di leggere la tua hit. E poi a me piace molto collaborare con musicisti. Ho potuto farlo con Dente, Brunori e Levante».

 

Ti hanno mai chiesto di scrivere per la musica?

«Sì, ma non l' ho ancora fatto. Mi piacerebbe molto fare il Mogol della situazione, anche se non è cosa facile. Il connubio musica e poesia mi affascina molto. Una critica che mi viene mossa è che le mie poesie funzionano di più se lette da me in pubblico. Quando scrivo so che alcune poesie saranno lette in pubblico, anche se nell' ultima raccolta su 163 poesie non tutte funzionano live, ce ne sono tantissime che non leggerò mai in pubblico».

 

A proposito di live, nella musica oggi i soldi si fanno con i concerti. È lo stesso per la poesia?

«Quello dei soldi è un tema quasi tabù, soprattutto in ambito poetico. Io faccio numeri incredibili e sono un eroe del sistema, soprattutto perché con una piccola casa editrice come Miraggi in passato ho venduto molto. Ma è una capacità dovuta in buona parte ad anni e anni di live.

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Soprattutto all' inizio, prima di firmare per Rizzoli che ha una grande rete di distribuzione, è stato il modo fondamentale, perché come i musicisti hanno il merchandising io a fine spettacolo vendevo i libri al mio pubblico. E facendosi il mazzo si riesce anche in qualcosa che è considerato miracoloso.

 

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