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ZENDAYA, LA NUOVA STELLA - LA SUA ULTIMA STRAORDINARIA INTERPRETAZIONE IN “MALCOLM & MARIE” (NETFLIX) HA SEDOTTO ANCHE I CRITICI PIU' SCETTICI SUL CARISMA DELL'EX STAR DI DISNEY CHANNEL -  24 ANNI, ATTRICE, CANTANTE, MODELLA, PRODUTTRICE, 86 MILIONI DI FOLLOWER SU INSTAGRAM: "QUANDO AVEVO TREDICI ANNI, ALMENO UNA VOLTA AL MESE MIO PADRE MI PORTAVA A LOS ANGELES PER FARE PROVINI. DORMIVAMO SU MATERASSI GONFIABILI IN CASA DI MIA SORELLA" - VIDEO

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Silvia Bizio per "la Repubblica"

 

Non appena Malcolm & Marie si è affacciato su Netflix, il nome di Zendaya è diventato trend sui social. Ha un tocco speciale: la sua biografia, lunga solo 24 anni, la fotografa come attrice, produttrice, cantante, modella. Ha oltre 86 milioni di follower. È la star del momento, ha iniziato da ragazzina cantando, poi il film tv Disney Nemici per la pelle (2012) e la squadra di Disney Channel.

 

Il debutto al cinema in Spider-man: Homecoming (2017, stesso anno in cui è apparsa in The Greatest Showman), ruolo ritrovato in Spider-man: Far from Home (2019), l' atteso remake di Dune di Denis Villeneuve e la serie televisiva Euphoria, grazie alla quale si è aggiudicata un Emmy come miglior attrice in una serie drammatica, la più giovane nella storia del premio.

 

Con Malcolm & Marie è uscita dal tunnel dei ruoli da "ragazza": scritto e diretto da Sam Levinson (creatore di Euphoria, figlio del premio Oscar - per Rain Man - Barry Levinson), è la storia di un confronto-scontro di coppia senza esclusione di colpi.

 

Due settimane di lavorazione, due milioni e mezzo di dollari di budget, due protagonisti, poco più di 60 pagine di sceneggiatura, girato in bianco e nero in lockdown a San Francisco col desiderio di fare qualcosa quando non si poteva fare niente.

 

I movimenti in scena suggeriti da un team sanitario, la troupe chiusa nello stesso luogo per tutta la lavorazione, zero contatti con l' esterno. Il coprotagonista è John David Washington, il figlio di Denzel visto in Tenet.

 

Incontriamo Zendaya su Zoom, elegante in abito bianco ricamato, da un albergo di Atlanta, città in cui sta girando il nuovo Spider-man.

 

"Malcolm & Marie" è stata una sfida.

«Un' impresa difficile ma possibile. Bisognava farlo in sicurezza, nel rispetto dei protocolli sanitari. Poi, assicurarsi che tutti venissero pagati, e siccome abbiamo girato questo film di tasca nostra (Zendaya e Washington sono anche produttori, ndr) non è che i soldi a disposizione fossero molti, ma era fondamentale un trattamento equo per tutti. Ma a rendere possibile questa impresa è stato anche il rapporto che mi lega a Sam Levinson.

 

Nei momenti più duri del lockdown è stato una luce di creatività. Fin da Euphoria ha indagato ogni mia potenzialità, i miei aspetti migliori e i peggiori, c' era quando sentivo di farcela e quando mi sentivo vulnerabile. E ha accettato tutto. Durante una delle nostre conversazioni-fiume è germogliato il seme di Malcolm & Marie, che poi lui ha scritto su misura per me e John David. C' è un po' di noi due in Marie e Malcolm, e un po' di Sam in tutti e due».

 

Che cosa troviamo di lei in Marie?

«Quello che cerco di fare ogni giorno. Ha la capacità di esprimere in maniera articolata quello che prova in un dato momento. Cerca la radice del problema. E non ha paura di dire quello che le passa per la testa».

 

Un' attitudine utile anche nella sua professione?

«In un' industria come questa, per una giovane donna è importante non solo non lasciarsi intimidire dal potere, ma anche non aver paura di esercitare il proprio, che troppo a lungo ci è stato detto di tenere a bada. Ho dovuto ripetere l' asilo due volte perché non facevo altro che fare domande invece di ascoltare e imparare I miei me l' hanno insegnato fin da bambina, non ho paura di rivendicare ciò che sento di meritare. Ma mi son dovuta fare velocemente le ossa.

 

Quando avevo tredici anni, almeno una volta al mese mio padre mi portava a Los Angeles per fare provini. Dormivamo su materassi gonfiabili in casa di mia sorella, facevo i compiti in macchina andando e venendo da Oakland...Pensi, non ho una sola foto con i miei compagni di classe, quando scattavano la foto dell' anno non c' ero mai. Ma ero molto motivata, fin da allora».

 

Ha un nome che incuriosisce.

«Per intero è Zendaya Maree Stoermer Coleman. I miei volevano un nome di origine africana, hanno cercato a lungo prima di scegliere questo, che è diventato il mio nome d' arte. Significa ringraziare, esprimere gratitudine. La scelta è dovuta anche al fatto che mio padre ha una fissazione per la lettera Z, che ricorre nei nomi della sua famiglia. Inoltre, quando sono nata, era molto appassionato di arti marziali e filosofia zen. La radice "Zen" deriva da questo».

 

Con questo nome è diventata un' icona per gli adolescenti. Come vive questo ruolo?

«Come un regalo. Questo mi aiuta ad alleggerire il peso della responsabilità, che pure c' è. Devo ringraziare le persone con cui sono cresciuta e che mi hanno permesso di diventare quello che sono».

 

Un bel regalo avere più di 86 milioni di follower.

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«Il rapporto con i social è interessante ma cerco di gestirlo, faccio il possibile per non lasciarmi assorbire da quella dimensione, il rischio è di perdere il senso della realtà mentre io sento il bisogno di restare in contatto con ciò che mi accade intorno. Riconosco il ruolo fondamentale dei social per restare in connessione con tutte le persone che mi apprezzano però, ecco, cerco di usarli solo per quel che riguarda la mia professione, non pubblico ogni minuto quello che ho mangiato, non mi interessa quel tipo di consenso. La vera felicità è nei contatti umani».

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