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Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
Sedici anni dopo l' urlo di Nanni Moretti in piazza Navona («Con questi dirigenti non vinceremo mai!»), un altro grande nome del cinema italiano fa irruzione nella travagliata vita del Partito democratico. È Paolo Virzì, il regista di film di successo come Ovosodo, La bella vita, Il capitale umano, La pazza gioia : «Sono venuto qui per fare l' esploratore e vi chiedo, ma che cazzo avete combinato a Roma?».
Al quartiere Ostiense, teatro di un' assemblea di circolo che sa di set cinematografico quanto di seduta di autocoscienza, si ride e si riflette sugli errori che hanno portato alla sconfitta più bruciante di sempre. Il segretario reggente Maurizio Martina prende umilmente appunti e, fra i tanti militanti dai capelli bianchi che affollano la sala, spunta il viso noto di Francesca Archibugi. Anche a lei è dedicato il tweet con cui il leader pro tempore ringrazierà a fine serata i due registi per «il confronto appassionato» su come rilanciare il Pd.
«Bel dibattito, Virzì è stato molto duro» commenta l' onorevole Patrizia Prestipino, che si è catapultata dalla Camera per non perdersi lo sfogatoio con l' ospite illustre.
«Poiché gli haters mi hanno rinfacciato di fare i film grazie ai soldi del Pd - esordisce il regista livornese- ho detto "andiamolo a vedere, un circolo del Pd"».
Assediato da compagni ex pci ed ex ds Virzì picchia forte, rimprovera a Matteo Renzi la «torbida» defenestrazione del sindaco Ignazio Marino, sferza la «debole» opposizione dei dem a Virginia Raggi e li sprona a confrontarsi con i 5 Stelle sul loro stesso terreno: «Attenti a irridere, da sinistra, la democrazia diretta o il reddito di cittadinanza». E ce n' è anche per il presidente del Pd, che Virzì bacchetta per le ironie contro Carlo Calenda: «Scusa Orfini, non ci serve un buttafuori, non ci piace. Ci serve un buttadentro».
Tra una foto di Antonio Gramsci e un maxiposter di Enzo Foschi, il candidato al municipio, il regista livornese denuncia il «problema di vivibilità enorme» che sta soffrendo la Capitale e strappa ovazioni anche quando dice basta con termini come «renziani», «franceschiniani», «orlandiani». Proposta accolta. Martina promette che etichette e casacche «saranno abolite dal vocabolario del Pd perché è ora di cambiare linguaggio» e scherza su Virzì che «si è candidato segretario».
Per il regista «con il cuore a sinistra», che abita nel popolare quartiere della Garbatella, doveva essere il gran giorno dell' iscrizione al Pd. O almeno per questo Martina aveva invitato Virzì, il quale ammette di avere «abbastanza paura» di un governo a trazione leghista: «Mi iscrivo, mi piace salire sul carro degli sconfitti». Ma poi forse qualcosa è andato storto. «Virzì era venuto per prendere la tessera, a me però non risulta che l' abbia fatta - rivela un dirigente -. Speriamo che ritorni!».
Per Martina è il giorno delle tre proposte programmatiche «per ripartire» lanciate su Facebook (povertà, lavoro, famiglia), che molti hanno letto come un amo gettato ai 5 Stelle. «Sono per gli italiani, non per questo o quel partito», smentisce il ministro uscente dell' Agricoltura. Le minoranze apprezzano il tentativo del reggente di tirar fuori il Pd dall' immobilismo, i renziani invece non gradiscono né il merito né il metodo dell' iniziativa.
«Un governo con tutti dentro? Il tempo di aprire la fase due verrà quando sarà Matteo a deciderlo - avverte un fedelissimo del senatore di Scandicci -. Dopo che Di Maio e Salvini si saranno schiantati, vedremo».
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